editoriali

Il discorso di Kamala Harris

di Nicoletta
Pirotta

Dopo aver ascoltato l’intervento di Kamala Harris alla Convention Democratica di Chicago ed essermi letta la sua prima intervista da candidata condivido alcuni brevi e semplici riflessioni.

Non è una novità, per gli Stati Uniti,  avere una candidata donna alla Casa Bianca Hillary Clinton lo fu nel 2016, ma è sicuramente un fatto nuovo che Kamala Harris abbia molte più chances di farcela. I sondaggi che la vedono in costante crescita ne sono uno degli indicatori.

Del resto lo si comprende anche dal nervosismo che trapela dall’entourage trumpiano e dalla campagna denigratoria nei confronti della candidata democratica che è solo agli inizi.

Mi è stato segnalato da un amico bene informato che la giornalista Nesrine Malik,  in un suo articolo su “The Guardian”, scrive che  uno degli argomenti denigratori riguarderà il fatto che Kamala Harris non ha figli. L’ossessione della destra, non solo statunitense del resto, per l’aspetto riproduttivo porta, addirittura, il candidato repubblicano alla vicepresidenza ad affermare che Harris ed altre democratiche sono “un  branco di gattare senza figli infelici delle proprie vite.” Ops!

 

Ma veniamo a cose più serie.

Nel discorso alla Convention e nell’intervista, rilasciata alla NBC , di Harris (a seguire i link ) esce l’immagine di una borghese afro-americana (anche se nell’intervista da candidata ufficiale sottolinea maggiormente il suo essere americana piuttosto che afro), democratica e colta, convinta che “il sogno americano” ancora consenta un riscatto individuale purché sorretti, come è stato per lei, dall’aiuto familiare (nel suo caso di una famiglia allargata).”Non importa da dove vieni o come sei arrivato qui. Biden e io crediamo che tutti dovrebbero avere un’opportunità di realizzare il proprio sogno americano” dice Harris.

Una Presidente che, come dice lei stessa, vorrà avere “un solo cliente: il popolo americano”. Un popolo, of course, genericamente inteso.

In questo quadro per sconfiggere Trump propone di continuare, migliorandole, le politiche interclassiste che furono di Obama e poi di Biden. Politiche che cercano di mettere qualche pezza alla ferocia liberista senza porre in discussione il sistema nel suo insieme.

In particolare Harris parla di salari dignitosi, di un accesso universale al sistema sanitario, della possibilità per tutti di studiare e di avere una casa.

In politica estera Harris conferma l’approccio atlantista e la volontà di rendere gli Stati Uniti “un faro di speranza, libertà e giustizia per tutti” e, al contempo assicura che non interromperà la fornitura di armi a Israele né l’appoggio all’attuale governo, pur augurandosi che una tregua sia possibile.

Senza dubbio un discorso pragmatico che sottolinea l’importanza di un clima interno pacificato e solidale. “Sappiamo che quando ci uniamo, non c’è nulla che non possiamo fare. Quindi, stasera, sono qui per dirvi: non dobbiamo avere paura. Non dobbiamo perdere la speranza. Dobbiamo ricordare chi siamo. (…) Stiamo combattendo per un’America che offra pari opportunità a tutti. Un’America che protegga i diritti di tutti i suoi cittadini. Un’America che mantenga le sue promesse di libertà e giustizia per tutti.”

E’ evidente quanto sia necessario per Harris  segnare una differenza con l’approccio di Trump che invece vuole seminare zizzania, promuovere divisione, diffondere paura, costruire muri.

 

Comprendo perfettamente questa scelta, ma al contempo non posso non pormi delle domande.

Kamala Harris, da esponente democratica, saprà recepire, almeno in parte, quanto si sta muovendo nella società statunitense per quanto riguarda, per esempio il potere del capitale sul lavoro e quindi la divisione in classi, o le scelte di politica estera?

Lo scorso anno oltre un migliaio di lavoratori dello storico sindacato “United Automobile Workers (UAW)  sono entrati in sciopero in tre principali fabbriche che, negli Stati Uniti,  producono  automobili : General Motors, Ford e Stellantis (a cui appartengono Fiat, Chrysler e Jeep, tra gli altri). È stato il primo sciopero nella storia del Paese a interessare contemporaneamente gli stabilimenti delle “Big Three” come vengono chiamate le tre aziende. UAW ha prodotto una reazione a catena in altre fabbriche e ha dato un nuovo slancio al movimento sindacale (negli ultimi trent’anni gli iscritti si erano più che dimezzati), promettendo di migliorare le condizioni degli operai e riuscendoci almeno in parte.

La candidata democratica che ha dichiarato che “La nostra nazione è nata da una lotta. I nostri antenati hanno combattuto per l’indipendenza dall’oppressione e per la libertà. Hanno combattuto per i diritti civili, i diritti delle donne, i diritti dei lavoratori e per l’uguaglianza di matrimonio.”saprà  riconoscere e sostenere anche le lotte di “classe”?

 

Nell’aprile di quest’anno è iniziata negli Stati Uniti una mobilitazione che molti hanno paragonato a quella del 1968 contro la guerra del Vietnam: mi riferisco alle manifestazione pro Gaza che hanno coinvolto moltissimi atenei statunitensi e da lì sono dilagate in molte altre parti del mondo, anche in Italia. Manifestazioni e occupazioni imponenti a cui si è risposto con arresti e sgomberi che non hanno però fermato le proteste.

Nella sua prima intervista da candidata alla presidenza , Harris si è limitata a sostenere l’urgenza di un cessate il fuoco a Gaza e di una tregua ma ha altresì ribadito una chiara scelta di campo: con Israele senza se e senza ma.

Può darsi che quanto si sta muovendo, positivamente, nella società israeliana dopo la notizia dell’uccisione di altri ostaggi e cioè le grandi manifestazioni contro Netanyhau e ancor di più il riuscito sciopero generale del 2 settembre scorso convocato dall’Histadrut, il principale sindacato israeliano che rappresenta circa 800mila lavoratori, induca la leadership democratica a rivedere il sostegno acritico al governo di Tel Aviv. E Biden, infatti,  ha detto in modo esplicito che Netanyahu non fa abbastanza per trovare un accordo con Hamas.

Proprio per questo le migliaia di studenti universitari che chiedono a gran voce “autodeterminazione e libertà per la Palestina” andrebbero ascoltati con attenzione.

Non sono popolo anche loro?

 

Nello stesso istante nel quale mi pongo queste domande mi trovo, però, a pensare che di fronte all’avanzata della destra più retriva, misogina e razzista e si dovrebbe evitare di fare le pulci a chi prova a contrastarla. Specie in assenza di una forza politica capace di rappresentare un’alternativa concreta al sistema capitalista.

Oltretutto la sinistra del partito democratico, mi riferisco in particolare a Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez sostengono convintamente la candidatura della Harris, usando toni addirittura enfatici (““Trump è un fascista con Kamala Harris i democratici faranno progredire l’America”dichiara Sanders, “la “presidente è in grado di dare un futuro migliore alle famiglie lavoratrici per  portare gli Stati Uniti su un nuovo cammino, un nuovo giorno” gli fa eco Ocasio-Cortez). Tutto ciò nonostante nessuna delle rivendicazioni sostenute da Sanders siano state realizzate.

“Al posto dell’ostilità che un tempo si notava verso la leadership democratica, ora vediamo un entusiastico consenso per i principali attori e personalità del partito. Non solo per figure progressiste come Aoc o Elizabeth Warren, ma anche verso i leader mainstream del Partito Democratico realmente esistente: Kamala Harris, Tim Walz, Gretchen Whitmer, Andy Beshear e così via.” scrive

Matt Karp, professore associato di Storia all’Università di Princeton, nell’articolo ” La sinistra dei social si è arresa?” pubblicato su Jacobin Italia nel quale spiega come sia cambiata la posizione dei  “Democratic Socialists of America (Dsa)”.

Forse allora, lo dico con mestizia, non ci resta che accontentarci di quel che passa il convento.

In fondo come afferma con cognizione di causa Alessandro Barbero: “la lotta di classe l’hanno vinta i ricchi e non hanno fatto prigionieri”.Inshallah.

Nicoletta Pirotta

 

Il testo integrale del potente discorso di Kamala Harris a Chicago: “Una battaglia per il cuore e l’anima dell’America” – HuffPost Italia (huffingtonpost.it)

https://www.ilpost.it/2024/08/30/kamala-harris-intervista/

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6 Commenti. Nuovo commento

  • La pace con la Russia , smetterla di coprire i crimini genocidi sionisti , accettare un mondo multipolare, altrimenti è solo fuffa.

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  • Claudio Salone
    04/09/2024 17:52

    Discorso gonfio di retorica, senza un accenno alla questione sociale, che non è un tutt’uno con quella per i diritti individuali. Vogliamo ricordarci che i democratici hanno sempre attuato politiche aggressive. I disastri clintoniani e obamiani di Siria e Libia c’è li siamo scordati? No, le domande che si pone Pirotta vanno poste con più forza. Harris non è il meglio che passa il convento. È la garanzia che le guerre imperiali in Ucraina, in Israele e altrove continueranno, sotto il velo del progressismo borghese. Memento Robert Kennedy.

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  • Si tutti gli argomenti seri Kamala mostra più ambiguità che certezze! Le proporrei di rilanciare la sua campagna contro Trump rimanendo sul faceto… Perché non chiede a Trump quanti figli ha lui???

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  • Mauro Carlo Zanella
    05/09/2024 8:25

    Armare Israele significa sostenere attivamente, anzi permettere che si realizzi un genocidio.
    Per quale ragione con il voto un cittadino dovrebbe essere complice di questo?
    Vogliamo ridurre la politica alla scelta tra peste e colera optando per il colera?
    Non in mio nome.

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  • Mauro Carlo Zanella
    05/09/2024 8:32

    Kamala Harris ha la carnagione scura poiché la madre è indiana.
    Il padre è di origine giamaicana.
    Non vedo perché mai dovrebbe considerarsi afroamericana.

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  • Marcello Pesarini
    06/09/2024 6:32

    Purtroppo, da realista che non smette di sognare l’impossibile, non posso che essere d’accordo. Sempre molto utili questi articoli ampi e circostanziati

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