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Il contadino invisibile

di Antonio
Onorati

Non mettete la volpe
a guardia del pollaio.

Il raccolto delle pesche andato in malora per gelate tardive, il grano bio sommerso dalle erbe infestanti per piogge troppo abbondanti, il caldo e la siccità si fanno sentire in modo anomalo e il nostro bestiame ne soffrirà ancor più degli uomini. I processi che producono i cambiamenti climatici saranno affrontati, i potenti della terra pensano di riunirsi in un Summit – UN Food Summit – e risolvere i problemi.

Infatti lo UN Food Systems Summit definisce se stesso così “Il vertice risveglierà il mondo sul fatto che dobbiamo lavorare tutti insieme per trasformare il modo in cui il mondo produce, consuma e pensa al cibo. È un summit per tutti, ovunque, un summit di persone. È anche un summit di soluzioni che richiederà a tutti di agire per trasformare i sistemi alimentari del mondo” . E l’Italia ospita il pre-Summit.

Il Pre-Summit dell’UN Food Systems Summit preparerà il terreno per l’evento globale di settembre, riunendo diversi stakeholder da tutto il mondo per valorizzare il potere dei sistemi alimentari nel promuovere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Ospitato dal governo italiano, il pre-summit si terrà a Roma dal 26 al 28 luglio 2021.”

Il passo iniziale nella pianificazione del vertice, la nomina di un inviato speciale per guidare il vertice, ha offerto la prima indicazione di come il vertice avrebbe proceduto. Senza consultare gli Stati membri dell’ONU e la società civile, il segretario generale Guterres ha nominato la dottoressa Agnes Kalibata, presidente dell’Alleanza per la Rivoluzione Verde in Africa (AGRA)1 come responsabile del Summit, offrendole l’opportunità di riconfezionare e promuovere la narrativa della Rivoluzione Verde.

In un tempo in cui le parole non pesano più come macigni ma sono leggere come la pula2 del grano che qualunque soffio di brezza più rimuovere, niente di quello che è affermato corrisponde alla realtà dei fatti. Il vertice non è stato convocato dagli Stati membri dell’ONU né convalidato dall’Assemblea generale dell’ONU. L’iniziatore e principale partner del vertice è il World Economic Forum (WEF) che riunisce le industrie più ricche e potenti del mondo. Queste stesse industrie sono in gran parte responsabili del degrado degli ecosistemi, dell’aumento della disuguaglianza sociale e dell’insicurezza alimentare. Sono loro che vogliono dirci che coltivare, come coltivare, che mangiare, sostituendosi alle responsabilità e gli obblighi dei governi che – buoni o cattivi che siano – debbono rispondere ai popoli e non all’assemblea dei propri azionisti. Nella stessa linea di pensiero di un opinionista recentemente citato “i poveri hanno bisogno dei ricchi, mai i ricchi non hanno bisogno dei poveri” ma i ricchi, graziosamente, se ne vo­gliono occupare fondando istituzioni caritatevoli e definendo le politiche pubbliche, cioè le soluzioni, ai problemi che loro stessi – accumulando immani ricchezze personali – hanno creato.

Pretendono di sostituirsi ai governi, ai movimenti e alle organizzazioni sociali nella gestione della cosa pubblica, cancellando così diritti e responsabilità proprie e degli stati. Quando qualcuno viene nei nostri campi e, guardando il raccolto, sembra proporci un ottimo affare, ci chiediamo sempre “perché lo fa? Mica è un francescano?” E se vogliono venderci un trattore che sembra nuovo a un prezzo stracciato ci chiediamo “Ma funzionerà davvero? Perché il venditore è così generoso?”. Ecco, mi viene voglia di capire perché questi signori, con patrimoni che superano i bilanci di molti paesi poveri, vogliono fare “del bene”.

In effetti ci sono anche dei teorici di questo approccio. Rich DeVos, un teorico del capitalismo compassionevole sostiene che “lo spirito del capitalismo e i valori morali sono inestricabilmente legati”. Il capitalismo compassionevole è un termine conia­to da Murthy Narayana per descrivere una strategia di riduzione delle disuguaglianze globali attraverso pra­tiche capitalistiche etiche. Importanti leader del settore tecnologico come Bill Gates, N.R. Narayana Murthy, Elon Musk e Mark Zuckerberg, sposano alcuni o più filoni dell’ideologia del capitalismo compassionevole e si schierano a favore della protezione dell’ambiente, della riduzione della disuguaglianza e della lotta per una maggiore inclusione di genere, così anche a favore della produzione della carne in vitro,3 per compassione verso gli animali allevati. Ma continuano ad accumulare ricchezze con i loro affari miliardari ed a resistere anche ad una “minimum tax”. Ridotta all’osso, la loro idea è semplice “ci mettiamo tutti intorno allo stesso tavolo, ricchi e poveri e decidiamo come riparare ai danni “ (il cosiddetto dialogo multi attore).

E nel caso della produzione del cibo per le generazioni future mettiamo intorno allo stesso tavolo le industrie delle sementi, quelle della chimica, i proprietari terrieri (Bill Gates è il più grande proprietario terriero degli USA), le grandi industrie agroalimentari, i fondi d’investimenti e, accanto a loro, i contadini senza terra, i braccianti clandestini, i pescatori artigianali distrutti dalla pesca industriale, i pastori nomadi i cui greggi sono decimati dalla siccità. A questi aggiungiamo scienziati che lavorano nei laboratori e qualche politico, che è sempre utile. Facciamo un “dialogo” e poi chi ha il potere di imporre scelte, cioè le forze economiche che controllano i sistemi alimentari del pianete (come dice il professore F. McMichael “gli imperi del cibo”) decide che c’è da fare per combattere il cambiamento climatico. Sicuramente in modo compassionevole”.

A me non verrebbe mai in mente di metter a guardia del mio pollaio di magnifiche galline di razza “ancona” da un quarto di secolo, la volpe che gira nel bosco sotto casa.

Pubblicato in Nuova Verde Ambiente 1/2021

  1. Alleanza per una rivoluzione verde in Africa, nata nel 2006 grazie ai finanziamenti della Fondazione Bill & Melinda Gates e della Fondazione Rockefeller, ma anche la multinazionale farmaceutica Bayer, la Mastercard, l’americana Corteva Agriscience, produttrice di sementi, fertilizzanti e insetticidi, o ancora la multinazionale indiana Upl, fabbricante di erbicidi e fungicidi.[]
  2. “La fondazione è finanziata dalle sue 1.000 aziende associate, tipicamente imprese globali con più di cinque miliardi di dollari di fatturato (variabile a seconda dell’industria e della regione). Queste imprese si classificano tra le migliori aziende nel loro settore e/o paese e giocano un ruolo di primo piano nel plasmare il futuro del loro settore e/o regione” – https:// en.wikipedia.org/wiki/World_Economic_Forum#Board_of_Trustees[]
  3. Il processo prevede che le cellule staminali vegano prelevate dal tessuto muscolare degli ani­mali, per poi essere coltivate in laboratorio. Que­ste fibre saranno poi sottoposte a stress in modo tale da stimolare la crescita muscolare. In questo modo si otterranno delle nuove fibre muscolari che potranno essere utilizzate a scopo alimentare. Le colture in vitro di singole cellule di organismi multicellulari generano sistematicamente mo­difiche genetiche “in un modo che non si verifica naturalmente per moltiplicazione o ricombinazio­ne naturale” (definizione UE di OGM). Nessun organismo pluricellulare si moltiplica da cellule isolate. C’è quindi una manipolazione genetica. E se la carne cellulare non è effettivamente un organismo, così come l’innesto di tessuto uma­no risultante dalla coltura di cellule staminali, le cellule così moltiplicate sono microrganismi ge­neticamente modificati, quindi OGM. La carne cellulare è quindi un prodotto industriale com­posto da OGM. https://www.statesboroherald.com/life/hot-topics/how-lab-grown-burgers-change-the-conversation-about-meat/ https://cottoecrudo.it/carne-in-vitro-arri­va-in-italia/[]
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