Lunedì 16, ore 19-21, pagina FB del Partito della Rifondazione Comunista
Lotta di classe, democrazia progressiva, sistemi istituzionali ed elettorali
Relatore: Ramon Mantovani
Discussant: Tonia Guerra, Lelio La Porta
I costituenti decisero di proporre come forma dello Stato una Repubblica Parlamentare. Non una Repubblica presidenziale. Una Repubblica fondata sul lavoro. Non una Repubblica fondata sul mercato o sull’impresa. Ed affidarono al Parlamento i poteri legislativi fondamentali e il compito di esprimere e controllare il governo con compiti quasi esclusivamente esecutivi. Inoltre disegnarono un rapporto fra le istituzioni della Repubblica e il popolo fondato su un principio non astratto bensì pienamente programmatico. Il secondo capoverso dell’articolo 3 della Costituzione recita: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Quel “di tutti i lavoratori” esprime una chiara visione della società divisa in classi e non la semplice e liberale eguaglianza di tutti i cittadini.
Conseguentemente l’architettura istituzionale mette al vertice il Parlamento, sopra il quale non si erige nessun altro potere, perché la sovranità è “del popolo” ed il Parlamento è la pura espressione e la pura rappresentanza del popolo. Di una società nella quale tutti i cittadini sono uguali ma senza dimenticare gli ostacoli che impediscono “la partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.
La Repubblica è democratica, oltre che fondata sul lavoro. E l’organizzazione della democrazia riposa sulla funzione insostituibile dei partiti. Infatti la Costituzione stabilisce una cosa semplicissima: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.” Non candidati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri o a capi politici o premier che dir si voglia. Non coalizioni di partiti ed organizzazione varie. Sono i partiti lo strumento nelle mani dei cittadini per dirigere il paese.
Quanto di questi principi è oggi rispettato ed implementato dagli attuali assetti istituzionali? È il Parlamento realmente al vertice dei poteri dello stato? È il Parlamento rappresentativo del popolo? Ed è in grado di rimuovere gli ostacoli che non permettono ai lavoratori in quanto tali di svolgere un ruolo essenziale nella direzione della cosa pubblica? Cosa sono i “leader”? Sono i partiti organizzati democraticamente?
Se per la Costituzione la partecipazione al voto è un “dovere civico”, non un obbligo, come mai fino al 1992 a tutti i livelli la partecipazione al voto era di circa il 90% e poi è scemata fino agli attuali livelli di partecipazione del 64% (2022) alle elezioni politiche ed anche di percentuali inferiori al 50% nelle elezioni regionali e comunali?
Le risposte a queste domande sono tutte, o dovrebbero essere, conosciute.
Cosa ha vanificato lo spirito e le norme programmatiche della Costituzione?
In che repubblica viviamo? Chi rappresenta chi? Cos’è diventata la “politica” nella percezione della popolazione?
Ed infine: può in questa nuova realtà politico istituzionale esistere e soprattutto incidere nella realtà una forza dichiaratamente e coerentemente anticapitalista? Che strategia e che tattica deve mettere in campo per resistere e tornare a rappresentare realmente una parte consistente del popolo?
Sono domande molto impegnative che dobbiamo porci in modo non semplicistico, rifuggendo di autorelegarci nella subalternità ai poteri forti e alla loro ideologia o nella pura testimonianza impotente ed incapace di modificare nulla della realtà politica e sociale del paese.