“La guerra in Ucraina, come una tragica madeleine, mi ha fatto ritornare in mente tutte le guerre che, direttamente o indirettamente, ho vissuto. Un percorso à rebours che mi ha permesso di capire cose su cui prima non avevo riflettuto in profondità: persino nei conflitti dove il bene e il male sono più evidenti, ho potuto constatare che, in ogni caso, nel bene c’è sempre la presenza del male”
Così Edgar Morin, centunenne filosofo francese nel presentare il suo nuovo libro ( Di guerra in guerra. Dal 1940 all’Ucraina invasa) sull’inserto letterario del Corriere della sera.
“La posta in gioco è troppo alta. Per questo va trovato un compromesso che che salvi la faccia a tutti”.
Così Jurgen Habermas, filosofo tedesco che scrive un lungo articolo per Repubblica, dopo aver preso parola in Germania.
Il pensiero di Habermas è, come sempre, complesso. Parte dal considerare giusto aver sostenuto anche militarmente l’Ucraina. Ma, proprio per questo, ritiene che sia non solo necessario ma doveroso stabilire l’esito auspicabile del conflitto. Che deve tenere conto di tanti fattori di diritto e responsabilità. E dunque serve una soluzione diplomatica. Altrimenti si sta sull’orlo dell’abisso.
Complesso lo è anche Morin che legge il conflitto in termini interimperialistici e dunque tra USA/NATO e Russia. Ma anche per lui l’orizzonte, prossimo, è l’abisso.
I due grandi filosofi, della complessità e dell’etica del discorso, dovrebbero essere chiamati al Parlamento europeo e fatti parlare di fronte a quel consesso che maggiormente ha smarrito ogni senso della complessità e del discorso. Cosa più grave e dolorosa di quello che viene detto e fatto dalle riunioni NATO, di Commissione e Consiglio europeo, proprio perché un Parlamento dovrebbe rappresentare i popoli e la complessità piuttosto della muscolarità di governi sempre più espressione di élite e nazionalismi.
Invito tutti a leggere il pensiero dei due filosofi e i testi “istituzionali”. La distanza “morale” è abissale.
Nel pensiero dei due grandi intellettuali c’è tutta l’Europa “liberata”, sembra, purtroppo, per un breve periodo, dai suoi demoni. Che si chiamano guerre, suprematismi, razzismi, imperialismi. l’Europa ha scatenato i più grandi conflitti mai conosciuti fin qui e l’orrore assoluto del Nazismo. Proprio dalla liberazione da quest’ultimo, dopo aver ancora civettato tragicamente a Monaco per volontà anticomunista, nascono i trent’anni gloriosi. Se si legge Romain Gary, i suoi splendidi romanzi, Educazione europea e Gli aquiloni, si vede come quella lotta fosse sul serio di liberazione, innanzitutto dalle guerre stesse. E andasse da Ovest ad Est, perché anche la Russia è Europa e non terra di conquista napoleonica. Ancora dopo l’89 Michail Gorbaciov parlò di Casa comune europea come avanzamento verso la casa comune Mondo, pacifica e democratica. A Gorbaciov, l’Occidente mentì e preferì Eltsin e poi Putin. Voleva il suprematismo e non un nuovo mondo possibile. Il mondo che vinceva globalizzava la finanza e i profitti e rovesciava la lotta di classe. Più che un nuovo ordine mondiale abbiamo vissuto, e viviamo, una sorta di nuova guerra dei trent’anni, militari, economiche, ambientali, sociali. Fino al risorgere delle Potenze orwelliane che oggi conosciamo.
Questa realtà è opposta al pensiero di grandi come Habermas e Morin. Non è complessa ma riduzionistica. Non è discorsiva ma bellicista. Pensiero unico del capitale e guerra senza frontiere tra i dominanti (purché non si dia comunque spazio alcuno ai dominati che anzi vanno arruolati come carne da cannone).
Il capitalismo ormai vive di crisi. Finanziaria, sanitaria, bellica. Le “usa”. Come nel medioevo, tutti uniti per mantenere ed accrescere il potere. Capaci anche di scannarsi, tra vassalli, valvassori, valvassini. Se addirittura al PE si ospita una discussione (promossa dal gruppo che vede insieme Meloni e governo polacco) su come smembrare la Russia in tanti piccoli Stati vuol dire che l’opzione è sul tavolo. Come si leghi questo a chi pensa di star facendo contro Putin la lotta antifascista di oggi, è domanda che rende ancora più preziosi i contributi di Habermas e Morin. La situazione della UE chiede domande e risposte angosciate. Sembra ormai evidente che establishment e neo-nazionalismi si stiano congiungendo. Meloni è apprezzata dalla NATO e da Bruxelles. Non è un’eccezione ma sempre più la regola. Una sorta di nuova tappa della restaurazione del dopo ’89 che ricorda il Consiglio di Vienna. Nazioni che cogestiscono il capitalismo finanziario e che assumono anche il piglio napoleonico verso la Russia.
Quanto varrà la “forza della ragione” rispetto alla ragione della forza è ciò a cui dobbiamo dare una risposta che non ripeta la drammatica sorte di Allende.
In Germania, uno dei cuori d’Europa, dove Habermas è giustamente assai stimato, qualcosa si muove, anche per appelli e mobilitazioni di massa. Il discrimine è tra vincere la guerra o vincere la pace. La prima non si può. La seconda si.
di Roberto Musacchio