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Guerre per il cibo

di Roberto
Musacchio

È sconsolante il modo con cui si parla di questioni che pure hanno a che fare con un bisogno fondamentale e ineludibile, nutrirsi.

Le rivolte dei trattori viste come mere vandee di ricchi agricoltori contro l’ambiente.

L’irrisione al termine sovranità alimentare perché scippato (e deturpato) dalle destre.

L’affidamento dell’eticismo vegano alla carne artificiale.

Tutto ciò conferma che ormai si è persa, in particolare in quella che dovrebbe pur essere la sinistra, la capacità di guardare ai modelli sociali e produttivi, cioè a come funziona realmente il mondo.

Vale in particolare questo per l’Europa ormai deprivata di sinistre espressioni del movimento reale che cambia lo stato di cose, quindi precisamente i modelli sociali e produttivi.

Eppure proprio l’alimentazione è uno snodo fondamentale tra produzione e riproduzione, in termini complessi che riguardano il pianeta, i suoi cicli e le sue condizioni riproduttive, e le specie che vivendovi vi si interconnettono.

È come se la grande capacità di pensiero che dall’800 produsse le grandi cosmologie di Marx e Darwin e poi i grandi movimenti operai e ambientalisti del ‘900 sia evaporata proprio oggi che l’esplosione delle grandi contraddizioni dello sviluppo e dello sviluppo capitalistico arriva alla soglia critica apocalittica della guerra finale.

Eppure la realtà delle contraddizioni  è davanti ai nostri occhi.

Una sovrappopolazione che sfinisce il pianeta e che richiederebbe una responsabilità di specie capace di governare con equità e “neotecnica” complessa la ricostruzione dell’equilibrio tra produzione e riproduzione. L’esatto contrario di ciò che fa il riduzionismo capitalistico che pensa solo alle catene del valore ormai sempre più finanziario e del dominio sempre più affidato alla proprietà ed alla forza.

Siamo di fronte ad un mondo dove si muore di fame e di obesità. Di sovrapproduzione e desertificazioni. Di agricolture senza terra e senza lavoro, di latifondi, accaparramento di terre e sequestro della biodiversità per via di brevetti, di deforestazione per allevamenti e di allevamenti senza suolo. Di scissioni e rotture di ogni ciclo ambientale e vitale, da quelli delle sostanze a quelli climatici, dall’acqua alla fertilità.

Il cibo è diventato merce al pari di tutto ciò che lo compone, che poi è la vita. Ma il mercato non previene la guerra ma anzi oggi la evoca.

I contadini polacchi in lotta contro quelli ucraini sono l’espressione della subordinazione della questione sociale alla logica di guerra. La guerra unisce Polonia e Ucraina (con molti retropensieri e ipocrisie) e divide i loro contadini.

L’Europa si è costruita nel dopoguerra sul cibo, il carbone e l’acciaio. La Pac, con tutte le sue contraddizioni, ha creato una relativa autosufficienza alimentare, relativi mantenimenti di superfici agricole, lavori agricoli, diete appropriate. Da Maastricht in poi le contraddizioni della Pac sono affrontate da destra, lasciando le distorsioni e inserendo sempre più liberoscambismo volto a importazioni neocoloniali, sempre meno lavoro e terra. Un modello sempre più stile USA. Pesantemente impattante sui continenti poveri. A proposito dei quali la Cina è quello con più difficoltà strutturali di approvvigionamento, l’Africa quello più depredato e colpito dalla crisi climatica importata.

Il punto è che l’alimentazione è la cosa più in contrasto con l’essenza stessa del capitalismo che si fonda sulla mercificazione. L’alimentazione è un diritto che ha bisogno di un governo democratico, equo, ambientale dei beni comuni, acqua, terra, biodiversità. Ha bisogno di una “moderna ecoeconomia di sussistenza” dov’è il termine sussistenza è in antitesi allo sviluppiamo. Il capitalismo cavalca sul cibo la finanziarizzazione, la brevettazione, l’artificializzazione. Ma così non sfugge alle guerre ma le alimenta. Un nuovo grande movimento socialista non può non rifondarsi sulla ricostruzione del rapporto tra terra e lavoro, produzione e riproduzione. In Europa è questione decisiva.

Roberto Musacchio

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