L’incontro di su “Gender, neo fondamentalismi e ascesa delle destre” fa seguito a quello su “Il nome del nemico. Fascismo o estrema destra?” di venerdì 20 dicembre al quale parteciparono come relatori lo storico italiano Steven Forti, che insegna all’Università Autonoma di Barcellona e lo storico inglese David Broder.
Scopo di questi incontri è quello analizzare ed approfondire un aspetto specifico dell’attuale fase storica e politica e cioè la costante ascesa dei partiti della destra più estrema. Un’ascesa che rappresenta una tendenza globale, trova la sua espressione più evidente nel dato elettorale ( la recente vittoria di Trump negli USA, l’aumento di popolarità dell’AFD in Germania, il governo Meloni in Italia, l’elezione di Milei in Argentina per dirne alcune) ma che, nel mirare a a “farsi storia”, tende ad informare la cultura e la società nel suo insieme. Indagare la natura e la funzione di questa ascesa, per quanto ci riguarda non vuole avere dimensione accademica ma politica. E’ nostra convinzione infatti che per poter contrastare, con una qualche efficacia, il nemico, o se si preferisce, l’avversario sia necessario conoscere chi si ha di fronte.
Dare un nome alle cose è quantomai necessario per non cadere in errore. Nell’incontro precedente i relatori hanno opportunamente sottolineato come, nel definire questa destra, il termine “fascista” vada usato con cautela perché evoca periodi ed esperienze storiche che hanno alcune similitudini ma anche molte differenze con quello attuale. La matrice ideologica fondamentale delle attuali formazioni di estrema destra è certamente il nazionalismo, di cui il razzismo è componente essenziale. Al contempo va sottolineato, nel tentativo di volersi modernizzare e di mostrarsi all’avanguardia, il legame, il tempo dirà se duraturo o meno, che l’estrema destra sta stringendo con le tecnologie più avanzate. Un legame che ha la sua ragion d’essere primaria nel fatto che l’attuale frontiera dell’accumulazione capitalista risiede nell’intelligenza artificiale e nella conquista dello spazio ma è altresì funzionale alla diffusione della propria narrazione sul piano della comunicazione. C’è infatti una buona capacità della destra di utilizzare gli strumenti della comunicazione digitale. Questo è dimostrato non solo a livello italiano ma anche a livello europeo e globale, dove gli strateghi della comunicazione della destra hanno avuto la capacità di leggere per primi le trasformazioni della tecnologia della comunicazione riuscendo ad aumentare i consensi. E’ quello che alcuni analisti chiamano la democrazia a bolle o delle bolle, la bubble democracy cioè, come spiega Roberto Cammarata, dell’Università di Milano, in un intervista a Beemagazine “una frammentazione del “pubblico”in particolare quello che si informa sui social network, che grazie ai filtri e agli algoritmi che generano delle vere e proprie bolle comunicative, consentono ai più scafati tra gli attori politici dell’estrema destra di non preoccuparsi delle contraddizioni nei messaggi che lanciano”.
Contraddizioni che nascono, come dicevo, dalla volontà dell’estrema destra di volersi modernizzare e di mostrarsi all’avanguardia per ottenere consensi portando avanti al contempo politiche conservatrici quando non reazionarie.
Ed è proprio su queste contraddizioni che abbiamo pensato fosse utile discutere nell’incontro di oggi. Ci vorremmo concentrare in particolare su tre questioni: il ruolo delle donne, il modello di famiglia e l’orientamento anti-gender,
Per questo abbiamo invitato Marcella Corsi e Massimo Prearo che su questi temi hanno molto approfondito e ragionato, come, durante l’incontro, dirà meglio Paola Guazzo nel presentarli.
L’estrema destra, in particolare in Europa ha saputo dotarsi di leadership femminile: Meloni in Italia, Le Pen in Francia, Weidel in Germania. Una leadership utile a mostrare una facciata innovatrice e femminilizzata per intercettare più voti, anche femminili, ed «addolcire e rendere commestibili i loro contenuti programmatici più retrivi» come ha scritto Ida Dominjanni.
Una leardership femminile che potrebbe essere considerato un elemento positivo perché, in fondo e tutto sommato, frutto delle lotte e dell’impegno dei movimenti delle donne che hanno saputo svelare la natura misogina di stereotipi che le volevano relegate ad un ruolo puramente domestico.
Il risvolto della medaglia è che queste leader, non solo non mettono minimamente in discussione la cultura patriarcale ma la perpetuano riproponendo il mito della “buona madre” e della “sposa devota” (vero o non vero che sia nella realtà). Il loro potere quindi si “consuma dentro un quadro che lascia le gerarchie, i riti e le simbologie patriarcali immutate” come scrive Sara Farris. Insomma il corpo biologico delle donne di destra al potere è femminile, ma il corpo politico è squisitamente maschile e rigorosamente bianco. E non potrebbe essere diversamente visto che sono a capo di formazioni politiche di cultura esplicitamente fondamentalista, che si nutrono di razzismo, misoginia, omofobia e sistematicamente lanciano strali su diritti fondamentali come quelle riproduttivi e di libertà sessuale (in Italia gli attacchi alla 194, l’apertura delle porte dei consultori pubblici alle associazione pro vita, l’aver dichiarato la GPA reato universale, ecc).
Attraverso la leadership femminile per la destra diventa possibile rivendicare l’uguaglianza di genere e al contempo portare avanti politiche razziste ed escludenti. Marine le Pen ha affermato che di essere femminista per salvare le donne dalla propaganda islamista. E’ il femonazionalismo, termine coniato da Sara Farris, di cui potrà parlarci meglio Marcella Corsi.
La famiglia è l’altro elemento che indica quanto restino pericolosamente retrive le posizioni dell’estrema destra: si sostiene un modello di famiglia dalla forte impronta patriarcale, cuore delle relazioni di proprietà fondate sulla divisione, sessuale e sociale, del lavoro unito alla retorica familista tipica del nazionalismo, che fa riferimento alla “stirpe” e ai “legami di sangue”. Non per niente Meloni si è schierata con veemenza contro la proposta di legge sullo ius soli, che permetterebbe alle figlie e ai figli degli immigrati nati in Italia di ottenere la cittadinanza.
Non a caso molte formazioni, sociali e politiche, della destra estrema fanno parte del “Congresso delle famiglie” una rete internazionale ultra-fondamentalista, fondata negli anni 90 dallo storico statunitense Alan Carlson e dal sociologo russo Anatoli Antonov , il cui scopo è quello di “unire e far collaborare leader, organizzazioni e famiglie per affermare, celebrare e difendere la famiglia naturale come sola unità stabile e fondamentale della società”.
Del resto la famiglia offre sicurezza, riparo, amore: in un’epoca di grandi crisi, profonde trasformazioni, molteplici inquietudini e paure famiglia e nazione, entrambi fondamento della narrazione di destra, offrono protezione anche se il prezzo da pagare sarà una diminuzione della libertà individuale e collettiva. L’attacco alla “democrazia liberale” che, a detta della destra non ha saputo promuovere benessere ma ha favorito la nascita di privilegi ed elite, non lo sta ad indicare?
Il “Congresso delle famiglie” si oppone all’aborto, al divorzio e in modo particolare all’omosessualità considerandola una malattia. Delle politiche anti-gender ci parlerà meglio Massimo Prearo, Vorrei solo sottolineare che l’eterosessualità per l’estrema destra è un ossessione, e anche qui non a caso. L’eterosessualità , citando Monique Witting, non è un orientamento sessuale tra tanti ma un sistema sociale che si fonda sulla relazione di dominio degli uomini sulle donne. Donald Trump nel suo discorso di insediamento ha affermato con sicumera che esistono solo due generi, il maschile e il femminile, dimostrando da un lato di non aver studiato latino e dall’altro di voler escludere qualsiasi relazione che non sia fra un uomo e una donna.
Solo qualche giorno fa Milei presidente dell’Argentina ed esponente di punta dell’estrema destra internazionale ha addirittura paragonato l’omosessualità alla pedofilia e ha annunciato, già che c’era, che il suo governo eliminerà il concetto di femminicidio dal codice penale.
C’è poi un ulteriore aspetto che è bene sottolineare: questa destra attacca in modo particolare le persone trans e non binary per sottolineare l’esistenza di due soli sessi biologici. Questo fra l’altro
è quanto pensa una parte del femminismo, specie quello del “pensiero della differenza, offrendo, purtroppo, il fianco alla destra.
Di tutto questo discuteremo nell’incontro del 7 febbraio. Cercando anche di capire se esistono e quali siano gli anticorpi in grado di ostacolare l’egemonia culturale che l’estrema destra vorrebbe costruire. Dopo le affermazioni di Milei le strade e le piazze d’Argentina si sono riempiti di manifestazioni di protesta. In Argentina è nato il movimento femminista e transfemminista di “Ni una menos” attivo in molti paesi del mondo. Potrà essere questo il movimento capace di cambiare l’ordine delle cose?
2 Commenti. Nuovo commento
Il fenomeno è serio, e come si dice nell’articolo, globale. Per questo abbiamo organizzato a Ginevra, il 30 gennaio scorso, un incontro per lanciare la campagna Stop the Pushback on Women’s Rights. Ne condivido il sito: https://stopthepushback.org.
Molto lavoro ci aspetta su questo versante. Un oscurantismo accelerato dalla forza incontrollata della tecnologia.
Grazie davvero dell’ informazione. Contribuiremo volentieri a diffondere i contenuti del sito che indichi.