di Giancarlo Scotoni –
Queste righe non dimenticano le vittime del fascismo: tutte, sebbene esse siano innumerevoli e le loro tombe –note e ignote- si trovino in tutto il mondo, dall’Europa, al Giappone, all’America Latina, in terra, in mare e nel vento. Mi sento di doverlo scrivere perché usare la stessa parola per Pinochet o Mussolini e Fiore o Salvini potrebbe essere una leggerezza. Eppure…
Per quanto riguarda l’esperienza di moltissimi della mia generazione, a partire dal sessantotto l’antifascismo è diventato drammaticamente una parte costitutiva della identità collettiva e personale. E’ stato un antifascismo “nuovo”, coniugato con altre componenti: l’antiautoritarismo, l’egualitarismo, l’antinazionalismo, l’antiimperialismo, l’antimilitarismo. Dimodochè fu un grande movimento di sinistra quello che manifestò contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia con la medesima passione che metteva nel manifestare contro la guerra americana in Viet-Nam.
Questo crogiolo di “anti” sta a rappresentare il senso della protesta e del rifiuto: prendeva allora forma una insubordinazione destinata a attraversare tutta la società a partire dalle scuole e dalle fabbriche. Essa colpì profondamente tutti i Paesi a partire da quelli industriali nei loro equilibri sociali soprattutto attraverso la radicalità del rifiuto del lavoro (in una prima fase operaio e sociale in una seconda).
I come e i perché alla base della sconfitta di quel potenziale determinano molto della situazione che abbiamo davanti agli occhi, quella “di casa nostra” in special modo. In Italia abbiamo combattuto non solo con radicali trasformazioni del modo di produzione ma anche con la presenza di interi strati ferocemente classisti, reazionari, e votati a una legalità differenziata. A differenza di altri Paesi non ci furono “Operazioni Condor”, ma se pure non furono i fascisti a giocare le carte decisive, la memoria del loro ruolo nella esperienza collettiva delle lotte rimane fortissima. I fascisti di fronte a quella prospettiva di liberazione furono come sempre disposti a qualsiasi mezzo. Come altri, vollero (e vogliono) imporre ferocemente la disciplina e l’obbligo del moderno lavoro sfruttato: è difficile individuare nel fascismo un elemento più intimamente costitutivo di questo…
Lo facciano per ideologia, per subordinazione storica o per vocazione, siano fascisti figli-bene, o sottoproletari, o … deve interessare solo nella misura in cui cambiano i modi per combatterli. Eppure la nostra esperienza del fascismo è stata incomparabilmente minore di quella dei nostri padri o dei nostri fratelli altrove nel mondo, e la nostra è stata una condizione che ci ha permesso di spingerci più avanti nella critica della nostra società e del fascismo, anche di quello che ci portavamo dentro. E’ stata una condizione e una occasione che ci hanno consentito di ascoltare le donne approfondire la critica verso i maschi e insegnarci “patriarcato” e “maschilismo” dove avremmo potuto usare solo il termine “fascismo”. E’ stata una condizione frutto delle lotte .
Eppure nei decenni scorsi abbiamo assistito allo smantellamento sistematico del quadro generato dalle lotte: la storia è stata dichiarata morta, la guerra è stata imposta a milioni di coscienze che la rifiutavano e –davvero- pietà l’è morta. Naturalmente è stato compromesso anche il quadro di lettura della realtà, a partire dalle parole e dai loro significati, continuando per forzature e stravolgimenti. Anche qui, lo sdoganamento del “fascismo” è stato secondario ma ha segnato una deregulation significativa: poter attingere al bacino dei seguaci in orbace come a quello della sinistra ha contribuito a trasformare il consenso in moneta di uso corrente, un po’ nelle tue tasche, un po’ nelle mie, scambievolmente. La rappresentanza del conflitto è stata spinta ancora un po’ più fuori… e infatti si parla di “opinioni”.
Non sono però opinioni le condizioni di lavoro, il peggioramento della qualità della vita e tanto meno il crescere della violenza contro le donne, quella che non si dovrebbe esitare a chiamare una guerra contro le donne.
A Genova nel 2001 in presenza di un movimento imponente, profondo e rappresentativo avvenne a fini politici repressivi l’utilizzo di corpi dello Stato ideologizzati. E, se ci sono state resistenze, anche vittoriose, l’esito delle consultazioni referendarie viene di regola disatteso e oggi un Ministro della Repubblica raccoglie i frutti di una lunga stagione di appropriazioni indebite appropriandosi simbolicamente di parti dello Stato. Egli si spinge a reclutare e organizzare gruppuscoli di estremisti fascio-nazisti e si serve di un apparato di orientamento delle emozioni di massa fuori da ogni controllo. Si tratta di un insieme di azioni chiarissime che vanno oltre la legittimità ma che sembrano non suscitare altro che acquiescenza: dalla libera concorrenza tra diversi modi di costruirsi l’elettorato queste pratiche ricevono una patente di efficacia.
Ci si affanna a produrre complesse norme per la protezione dei dati e poi la cancellazione di intere pagine fuorilegge è affidata all’iniziativa di Facebook (su suggerimento di un gruppo di attivisti). Intanto, alcuni magistrati si espongono in provvedimenti incomprensibili come quelli che riguardano il sindaco di Riace, i militari stazionano permanentemente per le strade e nelle stazioni metro, quello che avrebbe dovuto essere un governo si presenta come un comitato elettorale permanente… in politica estera si fanno scelte via via più opache…
Quanto è legittimo parlare di fascismo oggi, in questa Europa, in questa Italia? Quanto quel termine si è via via usurato? Se non si guarda alla concretezza degli annegati e degli assiderati alle nostre frontiere, se non si riesce a concepire la disperazione dei nostri miserabili, e la distruttività e il dolore che la nostra società provoca a milioni di persone nel mondo, non sarà l’uso dell’epiteto più forte a salvare le nostre ragioni. Non è la violenza verbale del nostro atteggiamento verso la logica del profitto a poterci salvare; a poter spostare il piatto della bilancia è la comprensione delle cose e l’impegno a porre le basi di un’altra società.
Ma la risposta dei giovani che alla Sapienza si sono stretti attorno a Mimmo Lucano, che contestano le aggressioni fasciste e la deriva salviniana è comunque vincente, anche se le nostre parole si fossero consumate e provassimo titubanza di fronte a esse. Il coraggio dei giovani torna a una rappresentazione dello scontro in cui il protagonismo dei soggetti si prende una rivincita su ogni manipolazione dello Stato sia che essa provenga dalla Bestia di Salvini, sia dalla tecno-democrazia plebiscitaria della Piattaforma Rosseau, sia dal centrismo del PD che è destinato a perpetuare una estenuata adesione alle peggiori direttive europee. Si tratta di un antifascismo che può aiutare a vincere se contrappone all’orrore del fascismo un altro modo di essere e di crescere, una altra prospettiva di esistenza, un altro colore di se stessi.