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Europa chi?

Contro la guerra e il fascismo: battaglia delle idee e costruzione di un nuovo movimento

Guerra: nuova normalità

Nel 2024 avevamo intitolato la nostra assemblea nazionale “Per la pace”. Già allora si percepiva che era in atto un mutamento di tutto l’assetto internazionale che tornava a mettere la guerra, e con essa la sua premessa indispensabile ovvero il riarmo, come nuova normalità con la quale fare i conti.

Ad un anno di distanza, tutto ciò risulta ancora più evidente. Non solo i conflitti continuano e si aggravano come la guerra russo-ucraina, per i quali i necessari e tardivi tentativi diplomatici ancora non hanno messo fine alla carneficina. Il genocidio del popolo palestinese messo in atto dal governo israeliano prosegue indisturbato grazie alla complicità di tanti governi che pure ricorrono spesso e volentieri alla retorica dell’ordine internazionale guidato da regole. Regole che essi stessi sono pronti a violare quotidianamente in tanti modi diversi.

Siamo ad un passaggio cruciale per l’umanità in quanto l’assetto capitalistico, emerso dalla fine dell’Unione Sovietica, che si presentava come trionfante e inappellabile “fine della storia”, è entrato in una crisi profonda. Fondato sulla globalizzazione della produzione e sulla crescente finanziarizzazione della ricchezza si è progressivamente inceppato, perdendo sempre più legittimità e consenso. Accrescimento delle ingiustizie, frammentazione e dispersione del legame sociale, incertezza crescente sul futuro, tutto ciò ha portato ad una rimessa in discussione dei vecchi assetti politici. Di questa crisi finora hanno approfittato principalmente forze populiste e reazionarie di destra i cui fondamenti (gerarchia, razzismo, sciovinismo, anticomunismo) le ricollegano più o meno direttamente ed esplicitamente al fascismo storico che si affermò in gran parte d’Europa negli anni ’30.

Nonostante la loro retorica anti-establishment queste forze sono direttamente sostenute da settori sempre più ampi delle classi economiche e finanziarie dominanti, anche se queste sono sempre pronte a cambiare cavallo in corsa pur di difendere il potere e la ricchezza che hanno potuto accumulare negli ultimi decenni.

Dar vita ad una controffensiva egemonica

L’Unione Europea, che ha rifiutato qualsiasi esito contrattato attraverso la diplomazia del conflitto russo-ucraino, ha scelto la strada della retorica bellicista e del riarmo. Il piano da 800 miliardi della Von der Leyen, assunto per altro in violazione delle stesse procedure previste dai Trattati europei, al di là delle sue contraddizioni, è il segnale politico di una strada che si indica a tutti i governi nazionali dell’Unione. Massicci incrementi di spese militari, anche indebitandosi o in alternativa riducendo drasticamente le spese sociali.

La Commissione guidata da Von der Leyen, eletta coi voti di socialdemocratici e verdi, gestisce l’Europa alleandosi sempre più apertamente con l’estrema destra. Il blocco tra una Germania che si riarma massicciamente e alcuni paesi dell’Europa orientale che cercano lo scontro, anche militare, con la Russia, apre scenari sempre più pericolosi.

Questi obbiettivi vengono sostenuti da una vasta campagna ideologica di militarizzazione delle coscienze nella speranza di far risorgere un dimenticato “spirito guerriero” che dovrebbe vedere le nuove generazioni in prima fila nel riportare la guerra nella prospettiva concreta delle popolazioni europee.

Il progetto di riarmo non solo avvicina la possibilità di un devastante conflitto militare nello scenario europeo, ma si avvale dell’illusione di un rilancio economico dell’UE basato sulla produzione militare e concretamente attua la restrizione degli spazi di democrazia. I pericoli per le regole democratiche e costituzionali in Europa non vengono dai paesi autoritari (che pure esistono) ma nascono all’interno dalla crescente indisponibilità delle classi dominanti e delle forze politiche che le rappresentano ad accettare qualsiasi compromesso sociale.

A fronte di tutto questo è necessario mettere in campo una vera controffensiva sul terreno dell’egemonia, della proposta politica e programmatica, e della costruzione di una densa rete di forme di partecipazione e di organizzazione dalla quale non può mancare la forma specifica del partito politico.

A Transform! Italia abbiamo ripreso negli anni scorsi il vecchio tema della “battaglia delle idee” che è uno dei terreni necessari sul quale le forze di sinistra, alternative e pacifiste devono sapersi muovere. Da un lato occorre approfondire la ricerca, lo studio e la conoscenza e dall’altro far sì che le acquisizioni migliori di questa attività siano diffuse il più ampiamente possibile e diventino parte del senso comune diffuso.

Questa “battaglia delle idee” deve collegarsi all’azione politica di costruzione di movimenti sociali larghi e unitari, come quello che in queste settimane si sta cercando di realizzare contro il piano di riarmo dell’UE e dei singoli governi nazionali.

In questa assemblea annuale proviamo a tematizzare alcune questioni che ci sembrano rilevanti ed urgenti che richiedono riflessione e dibattito ma contemporaneamente consentano di individuare soggetti reali che siano protagonisti di questa controffensiva egemonica.

Quali fondamenti per un’altra idea di Europa

Innanzi tutto occorre provare ad aggiornare l’analisi dello stato dell’Unione Europea alla luce dell’accelerazione della prospettiva riarmista. Siamo in presenza di due fenomeni che procedono parallelamente. Da un lato l’Europa, le sue istituzioni, sono entrate a far parte pienamente della visione politica e sociale dai cittadini e cittadine europee, almeno dalla crisi del 2010. Essi ne percepiscono la rilevanza crescente per la propria vita quotidiana. Dall’altro il potere europeo risulta sempre più inaccessibile al confronto democratico e alla possibilità di partecipazione dei cittadini.

Non siamo in presenza di un progresso verso uno Stato federale, secondo le illusioni di alcune correnti europeiste che auspicano questo esito, perché resta determinante il peso dei governi nazionali. In più, e in peggio, si sta creando un blocco di potere che unisce la destra etno-nazionalista in crescita nei governi nazionali, con un nuovo nazionalismo europeo, fondato sulla centralità del nemico esterno (Russia, Cina) fondato su una retorica occidentalista e per certi versi suprematista. Tutto questo viene assunto come potenziale collante ideologico per riconquistare la legittimazione persa tra i cittadini europei.

In questo quadro occorre interrogarsi non solo sugli indirizzi politici concreti della commissione europea e degli organismi intergovernativi, quanto sui fondamenti stessi dell’idea di Europa. Quali sono i suoi confini? Mentre la Russia ne viene espulsa viene integrato lo Stato israeliano, il cui fondamento ideologico etno-nazionalista è in totale contraddizione con lo spirito di un’Europa che non può che essere che multietnica e multiculturale.

Per la sinistra alternativa, che pure si è dotata di alcuni strumenti operativi a livello europeo come il gruppo “The Left” al Parlamento europeo, come il Partito della Sinistra Europea che costituisce il maggiore strumento di integrazione e confronto di partiti a livello europeo, nonostante la scissione che ha dato vita a ELA, e la rete Transform! Europe di cui Transform! Italia fa parte, restano sempre largamente prevalenti le dinamiche nazionali. È però evidente che non si può contrastare l’offensiva bellicista e riarmista senza che si sviluppi un movimento a livello europeo con alcune parole d’ordine comuni e momenti di lotta condivisi. In questa direzione si sta muovendo l’iniziativa Stop Rearm.

La costruzione di un movimento contro guerra e riarmo a livello europeo ha bisogno di essere sostenuto da un complessivo approfondimento sia delle dinamiche sociali e istituzionali a livello di UE, in cui la politica incarnata dalla Von der Leyen si inserisce sia di una prospettiva alternativa più definita ed ampiamento condivisa. Per quale Europa operare richiede uno sforzo di analisi e di proposta che si colleghi alla individuazione di un blocco sociale alternativo sul quale una diversa prospettiva europea possa fondarsi.

Il ruolo degli intellettuali tra nostalgia occidentalista e movimento contro la guerra

Per questo riteniamo utile focalizzarci su un secondo tema: il ruolo e l’influenza degli intellettuali nel conflitto politico e ideale tra fronte della pace e fronte della guerra.

Attualmente sembrano mancare figure intellettuali, critiche del potere, che siano in grado di sollecitare una discussione che non riguardi solo gli specialisti e influisca invece sul dibattito pubblico europeo. Questa situazione richiederebbe un’analisi più generale sul mutamento delle caratteristiche dell’intellettualità, sulla possibilità di costruzione di un’opinione pubblica europea che non sia solo la somma delle singole opinioni pubbliche nazionali, ecc. Siamo in presenza evidentemente di profondi mutamenti sociologici connessi anche ai cambiamenti già introdotti dai nuovi media e dalle nuove forme di comunicazione.

Provando a concentrarci sul tema in modo più specifico, dobbiamo rilevare come negli ultimi mesi ci sia stato in Italia un tentativo politico-ideologico di riattivare figure intellettuali a sostegno di una visione dell’Europa del tutto allineata al blocco dominante. Ci riferiamo all’operazione di Piazza del Popolo lanciata dal quotidiano “Repubblica”. Anche noi come altri abbiamo analizzato la retorica spesso reazionaria a sostegno di quella che pure si presenta come una prospettiva “progressista”. Contemporaneamente sono scesi in campo in vari modi (sostegno al nostro documento per un’altra piazza realmente pacifista, appelli vari, presenza alla manifestazione del Movimento 5 Stelle) intellettuali che si sono schierati nettamente sul fronte opposto.

Come favorire un contributo più organico del mondo intellettuale alla costruzione di un movimento contro il riarmo e, più in generale, alla prospettiva di un’alternativa politica, economica e sociale alla direzione assunta dalle classi dominanti?

In altri momenti ci sono stati esempi di questo contributo che ha assunto un ruolo direttamente politico, ad esempio il movimento Amsterdam-Pleyel degli anni ’30 contro la guerra e il fascismo. Ovviamente contesto sociale, ruolo dell’intellettualità, formazione del senso comune non sono più equiparabili a quella fase storica. Ma si possono individuare forme nuove che colleghino più direttamente il lavoro di riflessione e di ricerca alla costruzione di quella che definiamo “controffensiva egemonica”, condizione indispensabile per dare fondamenta solide ad un blocco sociale alternativo, non puramente ed occasionalmente elettorale?

Il femminismo intersezionalista e la nuova narrazione delle “donne armate”

Un terzo punto di focalizzazione del confronto, che si collega al lavoro già svolto settimanalmente dal sito di Transform! Italia e che ne costituisce premessa per un ulteriore sviluppo, riguarda il contributo del pensiero e della prassi del femminismo intersezionalista alla costruzione del movimento contro la guerra e il fascismo e per la costruzione dell’alternativa.

Siamo in presenza di alcuni dati di fatto che vanno considerati ed approfonditi come il ruolo che numerosi esponenti politiche donne svolgono nel condurre le politiche belliciste, autoritarie, gerarchiche a livello nazionale ed europeo. D’altra parte sarebbe ingenuo pensare che si possa accettare una lettura essenzialista della “natura” femminile che connoti leader politiche donne in una direzione inevitabilmente pacifista e democratica. Sarebbe un altro modo solo apparentemente progressista di determinare la conferma di tradizionali ruoli sociali.

Al contrario anche il mondo femminile è attraversato da contraddizioni e conflitti e il femminismo intersezionalista, che assume come elemento fondante ed ineliminabile anche la contraddizione di classe, esprime proprio questa visione dialettica del contesto sociale.

Contemporaneamente ciò che sta emergendo dalle politiche riarmiste è un mutamento profondo proprio nell’idea che la guerra sia “affare” maschile. Ormai quasi tutti i governi hanno aperto l’esercito alle donne, come d’altra parte anche alcuni movimenti di liberazione (ad esempio il Rojava curdo), se non altro perché i cambiamenti della struttura demografica non consente di costituire un esercito di massa basandosi solo sulla componente maschile. Tutto questo richiede un approfondimento e una maggiore diffusione delle acquisizioni della riflessione femminista ai fini della costruzione di un vasto movimento pacifista che deve anche misurarsi con le nuove dimensioni ideologiche delle politiche di guerra.

Conclusione

L’assemblea nazionale di Transform! Italia sarà come sempre aperta al contributo di tutti coloro che collaborano con la redazione così come degli iscritti individuali al Partito della Sinistra Europea e a chi in varie occasioni e in vari modi abbia contribuito al nostro lavoro di ricerca e di approfondimento finalizzato alla costruzione di un’alternativa politica, sociale e ideale allo stato di cose esistenti.

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