articoli

Elezioni a Monza: intervista a Giovanna Capelli

di Stefano
Galieni

Il 22 e il 23 ottobre si terranno, nel Collegio Lombardia 6 (Monza Brianza) le elezioni suppletive resesi necessarie al Senato dopo la morte di Silvio Berlusconi. Favorito nella competizione, collegio uninominale maggioritario (vince chi prende un voto in più), Adriano Galliani, amico di vecchia data del fondatore di Forza Italia, presidente della squadra di calcio del Monza e considerato imbattibile. Il centro sinistra gli frappone Marco Cappato, una personalità un po’ a latere del Pd, noto per le battaglie legate ai diritti civili, dal “fine vita” alla legalizzazione della cannabis e delle droghe leggere, molto meno per le sue posizioni liberiste in termini di diritti sociali e totalmente filo occidentali . Sono 8 in totale i candidati, fra questi il fratello gemello di Carlo Amedeo Giovanardi, che di nome fa Daniele, medico e no vax dichiarato, famoso venti anni fa per aver diretto, in quanto Presidente delle Misericordie di Modena e primario dell’ospedale, l’allora CPT, che oggi si chiamerebbe CPR, Centro di Permanenza per Rimpatri. Altra figura pittoresca è Cateno De Luca, attuale sindaco di Taormina, fino al 2022 primo cittadino di Messina, col suo evocativo “Sud chiama Nord”. Unione Popolare ha scelto una candidatura di peso, l’ex parlamentare di Rifondazione Comunista Giovanna Capelli, una lunga storia politica alle spalle ed una profonda conoscenza del territorio in cui è stata preside e in cui ha svolto il ruolo di Segretaria di federazione: «Abbiamo impiegato tempo a decidere se e come presentarci – racconta Capelli – All’inizio eravamo certi solo della candidatura di Galliani. Quando è uscito il nome di Cappato per il centro sinistra, sapevamo che il territorio non era molto disponibile nei suoi confronti, soprattutto nella matrice Ds. Volevano candidare il sindaco di Monza. Poi abbiamo visto che anche gli altri si schieravano e, dopo il 22 agosto ci siamo dati da fare. Capivamo che per le persone comuni, al di là di alcune battaglie specifiche, centro destra e centro sinistra erano uguali, al massimo si pensava al “meno peggio”. Però questo lasciava un vuoto da riempire con i nostri contenuti e un’occasione per riportare al centro il nostro simbolo. Non è e non sarà facile perché qui praticamente nessuno sta facendo campagna elettorale. Il centro destra non ne ha bisogno, Cappato non può neanche puntare su un simbolo di attrazione, anche vedendo la scarsa attenzione che stiamo ricevendo dalla Rai – stiamo passando solo su Rai 3 – il seggio viene considerato come già assegnato e si disincentiva ad andare a votare». Eppure, si ragiona con Giovanna Capelli, unica donna candidata su otto, per paradosso non esiste il meccanismo del “voto utile”, c’è maggiore libertà di dare indicazione per il candidato e per il programma che si preferisce. «Quelli come De Luca cercano di inventarsi temi attrattivi come quello delle macro regioni produttive che devono acquisire autonomia o sulla magica parola del merito, altri si tuffano nei deliri no vax o nel cattolicesimo tradizionale, noi cerchiamo di parlare seriamente di programmi alternativi e di far conoscere la nostra diversità». E qui Capelli confessa con orgoglio di aver spinto per una decisione che già sta facendo cambiare parere ad un elettorato politicizzato. «Lo dico con franchezza. All’inizio, reduci dalle elezioni politiche, da quelle regionali, dalle nostre feste, si respirava stanchezza e scarsa disponibilità a mobilitarsi anche per raccogliere le firme. Ma in 8 giorni abbiamo avuto ben 530 firmatari, abbiamo respirato entusiasmo, voglia di esserci e abbiamo sentito il calore di compagne e compagni secondo cui ne vale la pena. Abbiamo avuto molti dubbi sulla scelta della candidata. All’inizio pensavamo di proporre colei che si è spesa per le elezioni regionali, Mara Ghidorzi. Poi le compagne e i compagni mi hanno chiesto un impegno di servizio, volevano  – giustamente – una donna e io, senza certo martirizzarmi, ho accettato. Di certo alla mia età non penso di bruciarmi». Tanti sono i temi che vengono sollevati da Unione Popolare, in primis la sanità di cui Giovanna Capelli si occupa da anni: «Sai a volte i giornalisti ti pongono domande su questioni generali e parlano genericamente di Brianza e Monza per lasciare più superficiale la discussione. Eppure, se uno parte dalla sanità non può non dire certe cose. Nel collegio ci sono 660 mila abitanti e servono almeno 83 medici di medicina generale, in sintesi ci sono almeno – vado per difetto – quasi centomila persone che non hanno il medico. E in questa zona non è come in una grande città in cui è sufficiente cambiare quartiere per trovarne uno. Qui devi cambiare paese. Ci sono località come Albiate in cui le liste di attesa sfiorano l’anno, anno e mezzo per una visita specialistica. Mi preoccupo molto dei bambini che hanno bisogno di insegnanti di sostegno e che per attendere una diagnosi che sancisca il bisogno da soddisfare accumulano ritardi di oltre due anni. Così si rovina loro la vita» Monza e i paesini circostanti sono considerati, per chi non vive in Lombardia, luoghi di ricchezza, in cui il reddito lordo pro capite è fra i più elevati d’Italia ma, ad indagare, si scopre quanto questo non sia vero. «Si da noi c’è ricchezza, ci sono boutique per benestanti, ma emerge sempre di più il problema del lavoro povero e precario che colpisce anche quelle occupazioni che dovrebbero garantire un normale tenore di vita. L’Azienda Trasporti che copre tanto Monza quanto Milano, non trova più autisti. Non vogliono lavorare? Una bugia. Chi è assunto fa anche un corso ed è pagato per frequentarlo ma poi si è assunti con un primo stipendio di 1200 euro e con tale somma non è possibile vivere qui, trovare casa, mangiare. Un’altra menzogna è quella secondo cui da noi non ci sono crisi aziendali. Cappato può anche continuare a dire che il costo del lavoro deve diminuire, ma dall’altra parte ci sono aziende che preferiscono delocalizzare la produzione in Paesi in cui i salari sono ancora più bassi e così non si crea futuro. Io sto utilizzando la campagna elettorale anche per andare a parlare con i quadri sindacali, confederali e di base. Tutti dicono che c’è una crisi indotta dal fatto che le aziende tedesche, con cui c’è un grande scambio commerciale, sono a loro volta in crisi e noi ne paghiamo le conseguenze. A Lissone (altro Comune), in cui era forte lo scambio con la Russia, che si è interrotto con le sanzioni, hanno trovato altri compratori, ma non sempre è così. Questa è una crisi che investe l’intera Europa». La campagna elettorale di UP si è incontrata felicemente con la raccolta firme della Legge di iniziativa popolare per l’istituzione di un salario minimo non inferiore ai 10 euro orari, indicizzati e il cui aumento deve essere pagato dalle imprese. «Molte persone hanno capito bene il nesso fra questa campagna e il nostro programma e ci hanno dichiarato appoggio. Ma siamo presenti su tanti fronti: dalla lotta contro i femminicidi a quella contro l’Autostrada Pedemontana. Quest’ultima vertenza è in atto non solo per far diminuire l’asfalto e il traffico su gomma ma per combattere l’inquinamento atmosferico. Un tempo i nostri erano paesi di villeggiatura e di aria pulita, oggi Monza, Milano e Mantova sono le aree in cui più volte si è superato il limite rosso dell’inquinamento dell’aria. Questo significa già nel presente, ma soprattutto nel futuro, malattie cardiocircolatorie e aumento dei tumori. Non noi ma gli istituti medici parlano di almeno 250 mila vittime in più nella regione, per non parlare dell’inquinamento causato dagli allevamenti intensivi». Da ultimo, la nostra candidata, si sofferma su un fatto interessante per quanto riguarda l’azione politica anche in futuro: «A Monza, città ricca e gentrificata, abbiamo faticato a parlare con le persone. Avevano già deciso da che parte stare. Ma nei Paesi in cui si è sedimentato un nostro insediamento, come Arcore, Brugherio, Vimercate, Desio e altri, abbiamo trovato un forte ascolto. Qui è ancora vitale la vita di comunità e si distingue più facilmente chi è interessato al benessere comune, alla collettività. Dobbiamo imparare ad investire di più in questi centri, a restarvi radicati perché di persone e forze come noi si avverte ancora il bisogno».

Stefano Galieni

Articolo precedente
7 ottobre: un cambio di passo
Articolo successivo
L’antitrust USA vuole rompere il monopolio delle Big Tech – Amazon, Google e Meta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.