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Dispotismo asiatico, suprematismo occidentale, socialismo

di Roberto
Musacchio

Dopo l’antinomia comunismo/anticomunismo, l’attuale crisi sembra mandare in scena un “vecchio film western”: suprematismo occidentale versus dispotismo asiatico. Chi scrive non ha le competenze adeguate per cimentarsi in modi compiuti sul tema. Ma si permette di proporlo perché ne avverte la pericolosità e il bisogno di mettere in campo un’alternativa.

È dalla fine della guerra fredda che, considerando vinta la partita col socialismo reale, l’Occidente, e in particolare il mondo anglosassone, USA e Gran Bretagna, hanno messo al centro la superiorità del proprio modo di vita, considerandolo non negoziabile e ritenendo di doverlo difendere in modi preventivi anche bellici. American First è molto di più di uno slogan. Ha caratterizzato politiche estremamente aggressive a sostegno di un ruolo egemone, per altro ormai messo in discussione dagli stessi processi di globalizzazione da esso innestati. E a sostegno di una coesione sociale fortemente minata dalla rottura dei compromessi sociali e democratici propri del secondo dopoguerra con un enorme accentuarsi di divisioni e tensioni sociali.

È ciò che rischia oggi di “contrapporsi” al “pericolo asiatico” di Putin e della Cina. La citazione di Robert Kagan, teorico della supremazia USA, fatta da Draghi nel suo discorso per la guerra in Ucraina è indicativo.

Questo approccio, che ha prodotto veri e propri ossimori come le guerre umanitarie, poggia su un retroterra profondo ed antico.

Le società occidentali hanno da sempre avuto elementi di suprematismo anche se accompagnati da processi sociali, culturali e politici capaci di bilanciarli, almeno parzialmente. Luciano Canfora, ma ben prima di lui lo fece Tucidide, ricorda come l’Atene di Pericle fosse sì una prima esperienza democratica ma profondamente segnata dal bellicismo e da elementi elitari e degenerativi. L’impero romano aveva la conquista come motore poi accompagnata da processi di allargamento della cittadinanza e da complessità politica interna. Tutte le formazioni delle nazioni avvengono in un succedersi secolare di guerre fino a quelle mondiali nate dal cuore dell’Europa. Colonialismo, schiavismo, razzismo poggiano tutti su una idea suprematista che sostiene i processi di accaparramento e di veri e propri genocidi. I sistemi coloniali spagnoli e inglesi furono particolarmente feroci. E il colonialismo fu una delle colonne del fascismo italiano, per altro dando seguito a cose fatte dai governi liberali. Le teorie eugenetiche, con tanto di leggi su sterilizzazioni di soggetti tarlati socialmente o antropologicamente si veicolano dagli USA degli anni ’20 e ’30 alla Germania nazista. La genesi di fascismo e nazismo è occidentale ed euopea.

Principale oggetto delle politiche suprematiste furono l’Africa ma anche le Indie. L’esportazione della civiltà ha anticipato l’attuale esportazione di democrazia.

Certo ci sono elementi storici di controtendenza ed evolutivi. Fondamentale è quello rappresentato dal conflitto sociale e intellettuale che si è sempre espresso in queste società. Da Socrate a Spartacus, dal pensiero religioso non legato ai poteri temporali a quelli liberali e socialisti, dalla Comune di Parigi alla Rivoluzione francese.

Di contro il cosiddetto dispotismo orientale poggia secondo ad esempio gli studi di Karl August Wittfogel, passato da Marx, Weber e il partito comunista tedesco al maccartismo, sui sistemi idraulici di quei Paesi che richiedevano una fortissima centralizzazione autocratica e burocratica. Wittfogel guardava soprattutto alla Cina che aveva studiato, ma aveva nel mirino l’Urss considerata il prolungamento dello zarismo. Gli “imperi asiatici” hanno forti componenti gerarchiche e anche belliciste come dimostra il militarismo nipponico. Oggi il nazionalismo panrusso putiniano dice che c’è voluta la rottura col socialismo per determinare l’attuale aggressione non ideologica ma geopolitica. L’esame delle società  richiederebbe maggiore attenzione anche agli elementi religiosi.  Il peso dei monoteismi nelle varie guerre sante, dalle crociate alla Jihad. A Oriente il confucianesimo. La chiesa ortodossa. L’induismo. Laddove l’Occidentalismo ha in sé la contraddizione del secolarismo cristiano. Superioritarismo e gerarchizzazione possono pur essere due facce di Occidente ed Oriente. Ma i processi storici hanno ad un certo punto immesso il conflitto sociale come variante dialettica e costituente. Naturalmente, come dicevo prima, il conflitto sociale è sempre esistito ma con la nascita del socialismo esso appare come soggettività storica autonoma capace di riattraversare le civilizzazioni, l’Est, l’Ovest e il Sud del Mondo. Rispetto al suprematismo bellicista occidentale immette la variante della lotta di classe che ha bisogno della pace sia per non pagare i prezzi delle guerre dei padroni sia per dispiegarsi come conflitto. Storicamente il movimento socialista, e poi comunista, sono per la Pace e contro le guerre. Lo è Lenin. Lo sono i comunisti contro i crediti di guerra. Lo è lo stesso Stalin. Le “guerre comuniste” sono interne al “proprio mondo” laddove esso si definisce come campo e non come processo. Della democrazia il socialismo vuole superare gli aspetti formali e cercare la sostanza della uguaglianza e, in Marx, dell’autodeterminazione. Dell’organizzazione gerarchica vuole trarre la capacità di fare guerra al capitale e prendere in mano il destino collettivo. Come noto entrambi i propositi non trovano realizzazione ed anzi rifluiscono. Tragicamente nello stalinismo. Rovinosamente nel crollo dell’Urss. In una ibridazione con la globalizzazione capitalistica nel modello cinese. Ma certo il riproporsi qui ed ora dell’idea del conflitto di civiltà tra Occidente ed Oriente con la sua portata barbarica ci dice come la nuova Storia inclusa nell’idea socialista torni ad essere l’alternativa alla barbarie.

Roberto Musacchio

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