Scrivere di Sud, comporta in sè parlare di marginalità, dei subalterni, e al tempo stesso del centro, ovvero del pensiero dominante, che ingabbia gli oppressi in strutture globali dello sfruttamento, nella asimmetria del potere e della ricchezza.
Il Mezzogiorno, luogo di marginalità, è l’assunto di una condizione esistenziale, indotta, individuale ma sopratutto collettiva, di una collettività che può rovesciare il senso di una sistematica imposizione economica, sociale e culturale trasformando, così, il margine in luogo di nuove resistenze, nel risveglio delle coscienze, capaci di concorrere alla creazione di pratiche culturali controegemoniche, «una politica di posizione» intesa come punto di osservazione e prospettiva radicale, ove il tempo come orizzonte crei un nuovo immaginario, una rottura con la narrazione tossica del pensiero dominante, quindi decostruire e ricostruire la marginalità in spazio di resistenza da cui immaginare e creare un nuovo Sud.
In questa prospettiva il LabSud promuove la necessità di un salto di qualità epistemico, il ricorso di ulteriori paradigmi interpretativi della modernità in cui viviamo ed è proprio in questa traiettoria che cerchiamo di contribuire al processo di trasformazione.
In questo Sud tra i sud del mondo, caratterizzato dallo sviluppo incerto, da economie informali, privo di ricchezza sociale, per questo Sud bisogna quindi essere, capaci di promuovere ogni azione programmatica a tutela dell’intera area, un modello di sviluppo basato sulla naturale vocazione del territorio meridionale, rifiutando i modelli liberisti a cui occorre sempre più un Sud di sfruttamento e di scarto nel rapporto capitale/vita.
In questa post modernità bisogna creare una rottura nel materialismo geografico, che caratterizza processi di accumulazione, avere l’ambizione di rilanciare, nello scontro del basso contro l’alto, la prospettiva dello sganciamento ovvero di deglobalizzazione per uno sviluppo autocentrato, per una cooperazione rafforzata, per un mesoregionalismo multipolare.
Oggi il futuro Mezzogiorno d’Italia è caratterizzato da acronimi sconosciuti ai più, AD, HUB, ZES, volontà politiche, azioni che si ripercuotono sulla popolazione di una intera area vasta nella stretta dei diritti di cittadinanza, della tutela dei beni comuni e dell’ambiente, come se non bastava la crisi di una economia di guerra che ha generato ulteriore povertà tra la cancellazione del reddito e la perdita di posti di lavoro, le riduzioni di import ed export per alcune aziende che operano in regioni del Sud e l’aumento dei prezzi delle risorse primarie e dentro la stretta dell’inflazione l’abbandono alle cure mediche e la riduzione quantitativa e qualitativa di generi di prima necessità. Siamo, di fatto, di fronte un profondo cambiamento del tessuto sociale, economico ed ambientale con ripercussioni su tutto il Paese, un Paese che necessità di risposte, a partire dalla manifestazione di sabato prossimo, 7 ottobre, ma che non basta, perché proprio partendo da Sud, insieme ai comitati per la difesa del reddito, per un nuovo meridionalismo classista di lotta di liberazione e di riscatto, bisogna irrompere nell’attuale vicenda politica, per la democrazia di questo paese, essere protagonisti di una nuova cartografia di lotte, insorgenze, di sacche di resistenza, per una rinnovata identità mediterranea.
Loredana Marino, LabSud, la riscossa del Sud