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Di là e di qua della caduta del muro

di Fulvia
Teano

di Fulvia Teano –

Il 9 novembre 1989, dopo ventotto anni di separazione tra Berlino est e Berlino ovest, la cosiddetta “striscia della morte”, il muro di Berlino, cadde e con esso la “cortina di ferro” che divideva il mondo in due blocchi contrapposti. Per anni la divisione di Berlino fu simbolo del conflitto tra le superpotenze sovietica e americana, i loro alleati, e di conseguenza, le contrapposte ideologie politiche, economiche e sociali: da una parte democrazia, benessere economico e libertà; dall’altra dittatura, economia di stato e forte restrizione alla libertà dell’individuo. 

La caduta del muro di Berlino rappresenta una svolta storica e uno dei i principali eventi della storia dopo la seconda guerra mondiale, che generò molto entusiasmo e grande illusione per un futuro diverso. L’evento è stato percepito in modo significativamente diverso tra coloro che l’hanno vissuto in età adulta e ne hanno memoria, e i più giovani che invece l’hanno solo studiato a scuola o hanno sentito i racconti degli adulti che ne sono rimasti segnati. All’indomani della caduta del muro si pensava che con la dissoluzione dell’Unione Sovietica (1991) e la fine della Guerra Fredda fosse iniziato un processo di distensione tra i due blocchi, e molti analisti politici pronosticarono l’inizio di un futuro periodo di pace e progresso mondiale. Nonostante le buone speranze, si può notare che i 30 anni successivi alla caduta del muro di Berlino sono stati in realtà caratterizzati da un panorama internazionale decisamente più complesso. Innanzi tutto vi è stata una profonda trasformazione del concetto di guerra, che in primis non ha portato a una riduzione dei conflitti (secondo le stime del Peace Report nel mondo sono in corso 31 conflitti), e che inoltre ha comportato un drastico incremento di vittime tra i civili rispetto ai militari – secondo dati ufficiali delle Nazioni Unite nei conflitti moderni il 90% delle vittime sono civili, in particolare bambini e donne -, mentre fino alla Seconda Guerra Mondiale le vittime predominanti erano militari (80%). 

A livello interno della Germania, a 30 anni di distanza, prevale la disillusione. Sono ancora presenti notevoli differenze in termini di reddito tra le ricche regioni dell’Ovest e le più povere dell’Est, e il gap invece che diminuire, tende ad aumentare, il che aiuta a spiegare anche la forte crescita dei movimenti di destra nelle ultime elezioni. La differenza generazionale tra coloro che hanno vissuto sulla propria pelle la caduta del muro e coloro che ne hanno solo sentito parlare, oltre che a una minore conoscenza storica dell’evento, porta anche a una diversa visione del Socialismo. A differenza della concezione vissuta e reale che ha caratterizzato il ventesimo secolo, le generazioni più recenti hanno una concezione “soft” di Socialismo, concepito come un’infrastruttura digitale e smart, quasi utopica, contrapposta al dilagante capitalismo e consumismo in cui le nuove generazioni sono cresciute. La cosiddetta generazione X e i millennials non hanno mai avuto la possibilità di sperimentare un sistema socioeconomico differente, e non si sono mai dovuti confrontare con un mondo bipolare. 

I giovani che come me sono nati dopo la caduta del muro di Berlino vivono in un mondo di continue e rapide trasformazioni politiche e socioeconomiche. Al bipolarismo è subentrato un  multipolarismo politico le cui dinamiche non riusciamo a leggere con le tradizionali chiavi ideologiche del Novecento. La globalizzazione ha consentito lo straordinario sviluppo di nuovi paesi emergenti, dalla Cina all’India, e ha favorito un grande spostamento di merci e di uomini. La rivoluzione digitale ha annullato le distanze di spazio e di tempo e sta completamente trasformando i processi produttivi. In questo mondo di grandi innovazioni noi giovani ci sentiamo ricchi di opportunità e potenzialità, ma ci misuriamo anche con le nuove contraddizioni che a questa fase di enorme sviluppo e trasformazione sono connesse. Si pensi ai sempre più evidenti problemi ambientali, all’aumento delle diseguaglianze sociali ed economiche (forte concentrazione della ricchezza, spesso il 10% della popolazione possiede il 90% della ricchezza),  alle incertezze legate alle nuove forme di organizzazione del lavoro, ai diffusi fenomeni migratori che potrebbero essere fattore di arricchimento e invece spesso trovano risposte di rifiuto  e di discriminazione dell’altro e del diverso.

La caduta del muro di Berlino resta una delle pietre miliari della storia del ventesimo secolo europea, se non mondiale. La divisione della città, e metaforicamente anche della nazione, e del continente, hanno segnato indelebilmente le memorie di tutti coloro che l’hanno vissuto in prima persona. Anche se gli stessi sentimenti non sono stati tramandati alle generazioni successive, visto anche che le speranze di pace che hanno caratterizzato gli anni immediatamente successivi sono state solo apparenti, l’evoluzione delle relazioni internazionali nell’occidente ha portato a un nuovo tipo di opposizione. Dopo un periodo di 30 anni in cui il sistema economico, politico e sociale neoliberista ha dominato le società occidentali, e non solo, il divario tra l’ideologia utopica e la realtà, che si rivela ogni mese più insostenibile, ha spinto la creazione e sviluppo di correnti ideologicamente opposte che si battono contro le disuguaglianze da esso create, e diversi movimenti, che siano ambientali, di genere, o apertamente contrastanti il neoliberismo, hanno portano la mia generazione a sviluppare una mentalità critica e informata. 

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