Questione meridionale, si passi dagli inutili appelli allo Stato alle lotte delle “comunità ribelli”. L’attualità della lezione politica di Gaetano Salvemini
A cavallo tra Otto e Novecento, Gaetano Salvemini apporta nell’ambito del dibattito meridionalistico una vera e propria “rivoluzione copernicana”, ossia propone un radicale rovesciamento dell’impostazione politica per la soluzione dell’allora già pluridecennale questione meridionale, ponendo l’accento sul “chi” deve fare “cosa” e non più sul “cosa” deve fare “chi”.
Come osserva lo stesso Salvemini: “A me pare che finora, se sono studiati benissimo i rimedi, non sia stato ancora detto chi rimedierà. In generale gli studiosi del problema meridionale questa domanda o non se la metton mai o rispondono subito con una parola bisillaba: lo Stato! Quando han così risposto, credono di aver accomodato tutto; e buttan fuori delle eloquenti concioni sul dovere, che ha lo Stato di rendere finalmente giustizia a quelle popolazioni nobili, patriottiche, ecc. E lo Stato fa il sordo. E gli studiosi continuano nelle loro concioni eloquentissime”.
Sebbene il meridionalismo della “cattedra” abbia l’indiscutibile merito di proporre analisi approfondite sulle cause dell’attuale fase di recrudescenza dello storico divario Nord-Sud, analisi a cui si accompagnano proposte altrettanto articolate e ponderate circa i suoi rimedi riassumibili nel paradigma della prospettiva euro-mediterranea e nella metafora dell’accensione del “secondo motore”, esso, ancora oggi, continua ad appellarsi allo Stato, ma lo Stato continua a “fare il sordo”, lasciando che ai “vinti” del passato si sommino i “vinti” del presente.
Collegandosi, di fatto, anche allo spirito della lezione politica di Salvemini, il Laboratorio di riscossa per il Sud ha evidenziato che ciò che occorre per il riscatto tanto dei “vinti” del Sud quanto dei “vinti” del Nord è la creazione di “comunità ribelli” che lottino con il “cappello in testa” e non già suppliche, lettere ed appelli rivolti ad uno Stato che continua a “fare il sordo” e che continuerà a “fare il sordo”, sino a quando non nascerà un’alternativa politica radicale ed antagonista all’attuale ordine etno-liberista a trazione nordica. L’alternativa che “oggi può nascere da Sud”.