Il diritto penale internazionale, fin dal 1943 per bocca del giudice Robert Jackson, poi procuratore a Norimberga, diceva “Non possiamo codificare norme penali internazionali che poi non saremmo disposti a vedere invocate contro di noi”. Eppure, è proprio questa la scelta del presidente Zelensky nel momento di richiedere di aderire al Tribunale Internazionale Penale secondo lo Statuto di Roma.
Il 21 agosto 2024, la Rada di Kiev ha approvato la proposta di legge del governo di adesione al Tribunale Penale Internazionale.
Il governo ucraino, nella sua adesione, ha fatto proprio anche l’art. 124 dello Statuto di Roma, per cui “Uno Stato che diviene parte al presente Statuto può invocare il suo art. 124 il quale stabilisce che nei successivi sette anni successivi all’entrata in vigore può non accettare la competenza della Corte per quanto riguarda la categoria dei reati di cui all’art. 8 quando sia allegato che un reato è stato commesso nel suo territorio o dai suoi cittadini”. Ed è esattamente quello che ha fatto la Rada ucraina.
Dal 2022, il Tribunale Penale Internazionale ha indicato nell’Ucraina la sua priorità più alta, stimando 4-5 milioni di euro per le indagini, impegnando in loco 42 ispezioni e aprendo un country office nel paese, in un paese che non aveva mai aderito alla sua giurisdizione.
Alla correzione dell’anomalia precedente, si sostituisce un’anomalia ancora più grande perché l’Ucraina richiede di essere esentata dalla persecuzione di crimini commessi sul proprio territorio o da propri cittadini [anche all’estero] per un periodo di sette anni. Di conseguenza, niente crimini per ucraini e russi in territorio ucraino, né crimini commessi da ucraini all’estero (ad esempio, gli attentati terroristici contro civili in Russia e il sabotaggio di oleodotti, ponti e opere civili anche su territori neutrali).
I crimini fin qui contestati con tanta enfasi a Putin e ai suoi rientrano in questa categoria e vengono cancellati con un colpo di spugna. Il danno maggiore lo subiscono evidentemente le vittime ucraine, sia nell’Ovest che nell’Est.
A questo proposito si tenga presente che gli Stati Uniti mantengono in vigore la Legge di Invasione dell’Aja, secondo la quale le loro truppe sono autorizzate a liberare con la forza cittadini americani o di stati alleati, imputati di crimini internazionali e in custodia alla Corte.
Con il che le norme del cosiddetto diritto internazionale si dichiarano valide per i nemici e inapplicabili per gli amici, il che le rende una mostruosità giuridica equivalente al peggiore assolutismo pre-illuminista. La questione è tutta interna ai falsi valori e all’ipocrisia delle democrazie borghesi.
Luciano Beolchi