Quando è il momento di metter fine a una guerra? Alcuni, mossi soprattutto da intenti etici o umanitari, risponderebbero: sempre. Altri, più animati da considerazioni tattiche o geopolitiche, direbbero che il momento dovrebbe essere quello “giusto”; salvo che il momento giusto è cosa soggettiva, e dipende dalle visioni, dalle logiche, dagli interessi dei contendenti e di quelli dei loro sostenitori. Un recente convegno dal titolo “Guerra o pace?”, svoltosi il 30 giugno scorso in una sala del Senato, ha dato vita a un documento che ne riflette i contenuti, che è stato sottoscritto da un’ampia platea di persone, e che resta aperto a ulteriori adesioni. Esso intende intercettare il tema della conclusione, o almeno della sospensione, della guerra, superando il dilemma, talvolta scivoloso e opaco, del “momento giusto”, che assomiglia molto all’attuale posizione della NATO e dei governi occidentali, secondo cui si aiuterà l’Ucraina “fino a quando sarà necessario”.
Il perno del documento consiste nella proposta di simultaneità fra un cessate-il-fuoco e l’apertura di negoziati volti alla riorganizzazione sistemica della sicurezza in Europa. Simultaneità concettuale, più che stucchevolmente cronologica; simultaneità che colleghi in modo onesto, trasparente e credibile i due momenti. I convegnisti e i redattori del documento hanno sostanzialmente ritenuto che separare i due aspetti (prima la tregua e poi l’apertura di negoziati, oppure apertura di negoziati, benché con i combattimenti ancora in corso, e successivamente la tregua) rischi di consolidare nel pensiero dominante una rigidità che per definizione non appartiene alla cosiddetta arte del possibile. Naturalmente ben venga qualsiasi passo verso la transizione dalla guerra alla diplomazia, da qualunque lato si cominci; ma i concetti di cessate-il-fuoco e di apertura di negoziati, almeno secondo coloro che hanno stilato il documento, non dovrebbero essere considerati in chiave di propedeuticità concettuale. Illuminare i due momenti con lo stesso fascio di luce, viceversa, fa sì che questi si sostengano e si garantiscano a vicenda: si accetta la tregua perché l’avvio di negoziati garantisce di assicurare gli interessi di tutti; ovvero, si lanciano i negoziati per rendere credibile e non strumentale il cessate-il-fuoco. Naturalmente non è così semplice, e una soluzione del genere richiederebbe comunque un’intesa di massima, questa sì, propedeutica, fra i contendenti locali, regionali e globali; intesa di massima che, piaccia o meno, trova i propri terminali a Mosca e a Washington.
Lo spirito del documento risiede anche in una considerazione che ai promotori è parsa semplice e immediata: aspettare, prima delle auspicate trattative, una definizione militare sul terreno, non farebbe che protrarre ostilità, risentimenti e revanscismo, spostando verso il futuro l’insicurezza e la possibilità di ulteriori conflitti e rendendo ancor più difficile, se non impossibile, ogni possibile negoziazione. Quindi appare molto meglio fermare i combattimenti e affrontare con la diplomazia i temi, quali che siano, che sono stati all’origine della guerra. Volutamente il documento non fornisce indicazioni di dettaglio, se non in linea di principio; l’auspicato negoziato, affronterà le questioni in campo una per una, fornendo per ciascuna le soluzioni più appropriate nel quadro globale di una nuova architettura che garantisca tutti e che nessuno avrà interesse a compromettere.
Non sarà facile, né breve, come riconosce il documento; tuttavia, appare essere l’orientamento più saggio. L’avvio, nel senso indicato, di un percorso diplomatico, del resto, non dev’essere considerata utopistica: gli strumenti e la filosofia che ne informerebbe la formulazione già esistono, come lo stesso documento indica, sono stati utilizzati in passato e potrebbero essere ulteriormente elaborati; la diplomazia, quando viene convintamente adottata, è ricca di potenzialità. La via diplomatica sarebbe innanzitutto favorevole all’Ucraina, sospendendone la progressiva distruzione, ma sarebbe favorevole anche a tutta l’Europa, perché disegnerebbe un’architettura capace di evitare future crisi e certamente contemplerebbe anche per Kiev la miglior e meglio garantita indipendenza e sicurezza. Nel disegno complessivo di una sicurezza condivisa e reciprocamente garantita, anche la Russia non avrebbe interesse ad avventurismi di sorta, e uno degli obiettivi sarebbe anche quello di risolvere al meglio la situazione dei territori contesi e del futuro delle minoranze.
Continuare nella logica puramente militare, invece, oltre che perpetuare “l’inutile massacro”, presenta obiettivi rischi: la crescente e continua escalation; l’intenzionale o accidentale minaccia nucleare; la progressiva erosione di ogni pur minimo o potenziale canale di dialogo; fino allo scontro diretto fra l’Alleanza Atlantica e la Russia. Fra i rischi va annoverata anche la possibile implosione della Federazione Russa. L’affare Prigozhin, e la possibilità di destabilizzazione della Russia, hanno messo in allarme tutte le cancellerie del mondo; un evento del genere aprirebbe un immenso buco nero nella sicurezza globale, e creerebbe ulteriori situazioni di attrito con la Cina.
Quando è il momento, quindi, di metter fine a questa guerra? Dopotutto, anche sulla base di considerazioni e valutazioni squisitamente strategiche e politiche, il momento di concludere il conflitto è ora e subito.
Il documento non si propone come appello; l’intenzione è quella di suscitare una riflessione parlamentare nel senso indicato che consenta di tradurre in iniziativa politica il diffuso e crescente desiderio di pace che percorre l’Italia e l’Europa. Il fine è quello di indirizzare un chiaro messaggio al nostro Paese, all’Europa e agli Stati Uniti per la stabilità del continente, anche tenendo conto del fatto che, senza ampi correttivi da mettere subito in atto, le nuove adesioni alla NATO apportano ben pochi vantaggi al quadro complessivo, anzi, irrigidiscono ancor più il confronto globale. È anche per questo che il documento suggerisce che al Vertice NATO di Vilnius dell’11-12 luglio non vengano adottate decisioni precipitose sul futuro status dell’Ucraina, che potrebbero inasprire la situazione e priverebbero ogni negoziato di un importante elemento di trattativa.
Sarebbe auspicabile anche che il sistema italiano dell’informazione politica e giornalistica si aprisse con maggiore imparzialità a commentare e a lasciar commentare la tragedia della guerra e le ipotesi della sua conclusione, come del resto avviene persino negli Stati Uniti, dove tutte le voci trovano ascolto. Comunque la si pensi sulla guerra, è deprecabile che voci difformi da un certo prevalente orientamento comunicativo vengano tacciate di “propaganda putiniana” e sottoposte a linciaggio mediatico, come sta accadendo alla collega Elena Basile.
Il confronto democratico fra le idee, la dialettica fra le ipotesi, l’ascolto delle diverse opinioni, sono le principali armi che le democrazie posseggono a favore della libertà e della pace.
IL TESTO DEL DOCUMENTO PER I PARLAMENTARI
CESSATE-IL-FUOCO: LA PAROLA ALLA DIPLOMAZIA
- Dal convegno “Guerra o pace?”, svoltosi in una sala del Senato il 30 giugno scorso, sono emerse le conclusioni riflesse in questo documento, con il quale si intende contribuire a dare rappresentanza sociale e politica ai sentimenti di pace che percorrono l’opinione pubblica e raccogliere le adesioni di coloro che ne condividano il contenuto.
- Nel perdurare del conflitto in Ucraina, ci rivolgiamo ai parlamentari italiani per promuovere un cessate-il-fuoco presidiato da forze dell’ONU con la supervisione dell’OSCE, e il simultaneo avvio di negoziati per una conferenza di pace e sicurezza in Europa. Il protrarsi della guerra, infatti, rischia di aggravarsi fino al confronto nucleare, alla possibile destabilizzazione della Russia e alla caduta in mani incontrollabili del suo arsenale atomico. L’opzione proposta scongiurerebbe tali rischi, affronterebbe con gli strumenti della diplomazia le spine all’origine del conflitto, aprirebbe la via a nuove architetture di sicurezza nel nostro continente e permetterebbe di riportare la Russia nel consesso europeo in un quadro di collaborazione che eviti futuri confronti e prevenga il consolidarsi di sentimenti antioccidentali. Inoltre, offrirebbe all’Europa l’opportunità di farsi capofila della propria sicurezza, nella lealtà atlantica e con la dovuta attenzione alle azioni in corso da parte del Vaticano e di altri importanti interlocutori internazionali.
- È urgente, quindi, dar luogo a un’iniziativa parlamentare che ispiri il Governo italiano, e gradualmente tutti i membri dell’Unione Europea e dell’Alleanza, a una visione lungimirante per l’Europa, in modo da non distogliere energie dai temi planetari della nostra epoca e scongiurare l’infausta prospettiva di lasciare alle giovani generazioni un mondo devastato dall’odio. L’avvio di un negoziato – e di una visione – di pace si avvarrebbe di cultura e strumenti già disponibili e praticati in passato: i principi di Helsinki; le regole fondative dell’OSCE; le iniziative di cooperazione emerse dagli anni Novanta in poi nella stessa Alleanza Atlantica. Lo scopo finale sarebbe la costruzione, in Europa, di un sistema di garanzie reciproche che nessuno avrebbe interesse a scardinare. La ricostruzione dell’Ucraina farebbe ovviamente parte del progetto.
- Questo documento si propone di tradurre in iniziativa politica il diffuso e crescente desiderio di pace che attraversa l’Italia e l’Europa. Attorno a esso intendiamo raccogliere componenti del Parlamento e della politica, al fine di indirizzare un chiaro messaggio all’Italia, all’Europa e agli Stati Uniti per la stabilità del nostro continente. Anche perché senza ampi correttivi da mettere subito in atto, le nuove adesioni alla NATO apportano ben pochi vantaggi; anzi, irrigidiscono ancor più il confronto globale. Perciò auspichiamo che nel prossimo Vertice di Vilnius non siano adottate precipitose decisioni sul futuro status dell’Ucraina che priverebbero il negoziato di un importante elemento di trattativa.
- Chiediamo a chi condivida questo documento di aderire e rendersi disponibile a un coordinamento interparlamentare per gli obiettivi indicati. Non sarà un cammino facile, né breve. Tuttavia, è il solo che appare ragionevole, nel generale interesse.
Roma, 7 luglio 2023
I PRIMI FIRMATARI
Mauro Beschi, Presidenza Coordinamento Democrazia Costituzionale
Mario Boffo, Diplomatico A/R
Rocco Cangelosi, Diplomatico A/R
Giuseppe Cassini, Diplomatico A/R
Enrico De Maio, Diplomatico A/R
Tommaso di Francesco, Giornalista
Biagio Di Grazia, Generale
Domenico Gallo, Presidenza Coordinamento Democrazia Costituzionale
Alfonso Gianni, Direttore di Alternative per il Socialismo
Alfiero Grandi, Vicepresidente vicario Coordinamento Democrazia Costituzionale
Raniero La Valle, Giornalista
Silvia Manderino, Vicepresidente Coordinamento Democrazia Costituzionale
Roberto Mazzotta, Diplomatico A/R
Giangiacomo Migone, Presidente Commissione Esteri Senato 94/96
Fabio Mini, Generale
Alberto Negri, Giornalista
Antonio Pileggi, Presidenza Coordinamento Democrazia Costituzionale
Barbara Spinelli, Giornalista
Massimo Villone, Presidente Coordinamento Democrazia Costituzionale
Vincenzo Vita, Presidente Associazione Rinnovamento della Sinistra
2 Commenti. Nuovo commento
Ricordiamo che da che mondo è mondo la pace è frutto di una guerra in cui c’è un vinto e un vincitore, come nel caso della totale vittoria di Roma su Cartagine, che superati gli orrori del conflitto, ha portato secoli di pace nel mondo mediterraneo. Solo una vittoria epocale, come quella degli Stati Uniti con la Seconda Guerra mondiale ha permesso a due generazioni di Europei di non conoscere la guerra in casa.
Purtroppo questo “mors tua vita mea” costituisce la giustificazione di tante e tanti (privilegiati). Grazie per averlo espresso senza peli sulla lingua. Noi ci sentiamo invece dalla parte dei perdenti, di chi è morto per i profitti di pochi, degli affamati per la sazietà di pochi, degli annegati per l’egoismo altrui: davvero un altro punto di vista e di vita. Soprattutto ci battiamo per una umanità diversa, di tutti e non di pochi dominanti.