Era necessario arrivare al momento dell’approvazione da parte della Commissione del Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza presentato dall’Italia per poter leggere un documento comprensibile, in italiano, di 621 pagine, una via di mezzo fra quello pubblicato sul sito del Governo e quello monstre trasmesso dal presidente Draghi alle Camere il 4 maggio 2021, peraltro dopo la votazione. Si tratta dell’allegato alla proposta di Decisione di esecuzione del Consiglio relativa all’approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia.
Nell’allegato della decisione figurano le riforme e i progetti di investimento previsti dal Piano per la ripresa e la resilienza, le modalità e il calendario per il monitoraggio e l’attuazione del PNRR, compresi i pertinenti traguardi e obiettivi, nonché i traguardi e gli obiettivi supplementari connessi all’erogazione del prestito, gli indicatori rilevanti relativi al loro conseguimento e le modalità per dare alla Commissione pieno accesso ai dati pertinenti sottostanti l’attuazione del Piano. Dalla sua lettura ci si rende meglio conto degli impegni che l’Italia si è assunta per la realizzazione degli investimenti e per l’attuazione delle riforme, e la relativa tabella di marcia, che è dettagliatamente connessa alle erogazioni delle rate del contributo e delle rate del prestito.
La Commissione ha compiuto la valutazione prima dei due mesi previsti dalla norma, e si auspica che anche il Consiglio approvi prima delle quattro settimane che ha a disposizione. Infatti, ai sensi dell’articolo 20 del Regolamento 241 del 2021, che disciplina l’attuazione della Recovery and Resilience Facility (RFF), lo strumento di finanziamento dei Recovery plan, la Commissione valuta i Piani e li sottopone al Consiglio per l’adozione della Decisione.
Il costo totale stimato del piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia è pari a 191.499.177.889 euro. L’Unione mette a disposizione dell’Italia un contributo finanziario sotto forma di sostegno non rimborsabile pari a 68.880.513.747 euro. È già disponibile un importo di 47.925.096.762 EUR per essere impegnato giuridicamente dall’UE entro il 31 dicembre 2022. A condizione che l’aggiornamento di cui all’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento1 determini per l’Italia un importo a quello pari o superiore, è disponibile un ulteriore importo di 20.955.416.985 euro per essere impegnato giuridicamente dal 1º gennaio 2023 fino al 31 dicembre 2023. Inoltre, l’Italia potrà accedere a un prestito dell’importo massimo di 122.601.810.400 euro.
A titolo di prefinanziamento l’Italia riceverà un importo di 8.954.466.787 euro, pari al 13% del contributo finanziario, e un importo di 15.938.235.352 euro, pari al 13% del prestito, a seguito dell’entrata in vigore dell’accordo di finanziamento previsto dall’articolo 23 del regolamento.
Il prefinanziamento e le rate possono essere versati dalla Commissione in una o più tranche, in collegamento con i traguardi (qualitativi) e gli obiettivi (quantitativi) conseguiti: per essere ammissibili al pagamento, i traguardi e gli obiettivi devono essere conseguiti entro il 31 agosto 2026.
La Commissione afferma che il Piano italiano rappresenta in ampia misura (rating A) una risposta globale e adeguatamente equilibrata alla situazione economica e sociale, in quanto contribuisce in modo adeguato a tutti e sei i pilastri previsti dal Regolamento. Un giudizio analogo è dato al contributo del Piano ad affrontare in modo efficace tutte o un sottoinsieme significativo delle sfide individuate nelle pertinenti raccomandazioni specifiche per paese; a rafforzare il potenziale di crescita, la creazione di posti di lavoro e la resilienza economica, sociale e istituzionale dell’Italia, contribuendo all’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali; ad assicurare che nessuna misura per l’attuazione delle riforme e dei progetti di investimento in esso inclusa arrechi un danno significativo agli obiettivi ambientali ai sensi dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio; a contribuire in ampia misura alla transizione verde, compresa la biodiversità, o ad affrontare le sfide che ne conseguono2; a contribuire efficacemente e in ampia misura alla transizione digitale o ad affrontare le sfide che ne conseguono3; ci si aspetta che il piano per la ripresa e la resilienza abbia in ampia misura un impatto duraturo sull’Italia, poiché comprende riforme fondamentali, che potrebbero migliorare strutturalmente la competitività dell’economia italiana, impatto che può essere rafforzato anche mediante sinergie tra il piano e altri programmi, compresi quelli finanziati dai fondi della politica di coesione, in particolare affrontando in modo concreto le sfide territoriali profondamente radicate e promuovendo uno sviluppo equilibrato.
Inoltre, le modalità proposte nel piano per la ripresa e la resilienza al fine di garantirne un monitoraggio e un’attuazione efficaci, inclusi il calendario previsto, i traguardi e gli obiettivi e i relativi indicatori, sono ritenute adeguate e anche queste guadagnano un rating A, come quelle sopra menzionate. Analogamente, le modalità proposte nel Piano sono considerate adeguate al fine di prevenire, individuare e correggere la corruzione, la frode e i conflitti di interessi nell’utilizzo dei fondi provenienti dal RFF, comprese le modalità volte a evitare la duplicazione dei finanziamenti da parte del dispositivo e di altri programmi dell’Unione.
Ancora, il piano prevede misure di attuazione delle riforme e dei progetti di investimento pubblico che rappresentano in ampia misura azioni coerenti: presenta, nella sua integralità, una visione strategica e coerente, assicurando una generale omogeneità tra le componenti e le singole misure.
L’unico rating B espresso dalla Commissione riguarda i costi, poiché la giustificazione fornita nel piano in merito all’importo dei costi totali stimati dello stesso è in misura moderata ragionevole e plausibile, è in linea con il principio dell’efficienza in termini di costi ed è commisurata all’impatto nazionale atteso a livello economico e sociale. Per alcune misure i dettagli specifici sulla metodologia e sulla base utilizzata per calcolare i costi stimati sono mancanti o incompleti, il che non consente una valutazione pienamente positiva di questi ultimi.
La proposta di Decisione è accompagnata da un documento di lavoro dei servizi della Commissione, denominato “Analisi del piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia che accompagna il documento della Commissione Proposta di Decisione di Esecuzione del Consiglio relativa all’approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia”.
Nel documento tecnico sono presenti alcuni approfondimenti che supportano la valutazione espressa dalla Commissione. Senza entrare nel merito degli interventi selezionati, qui si intende affrontare in particolare tre elementi relativi alla cosiddetta governance, che hanno una valenza strategica per la corretta ed efficiente attuazione del PNRR.
“Ci si attende che il piano per la ripresa e la resilienza funzioni in maniera coerente, complementare e cooperativa con il nuovo accordo di partenariato italiano per il 2021-2027 dei fondi strutturali e d’investimento europei, e i suoi programmi operativi. Ci si aspetta che il piano sia coerente con gli obiettivi e le priorità del nuovo accordo di partenariato, che è ancora in fase di negoziazione con le autorità italiane. Ci si aspetta che le sinergie tra strumenti diversi evitino una duplicazione di sforzi e portino a una semplificazione della pianificazione, della gestione e dell’attuazione del sostegno dell’Unione in Italia. Come previsto dal decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, le amministrazioni centrali responsabili dell’attuazione delle misure del piano per la ripresa e la resilienza possono fornire sostegno per il monitoraggio e il coordinamento dei programmi nazionali e dell’UE, compresi i fondi strutturali e di investimento europei che sono attuati principalmente attraverso programmi regionali. Unitamente alla politica agricola comune, Orizzonte e il meccanismo per collegare l’Europa, i tre strumenti contribuiscono alla maggior parte dei fondi d’investimento da impiegare nell’economia italiana negli anni seguenti.”
Allora il primo punto che si vuole evidenziare è che, visto che la governance del PNRR è installata nel Ministero dell’Economia e delle Finanze, mentre il coordinamento dell’attuazione della politica di coesione è demandato all’Agenzia per la Coesione territoriale, il rischio è che si verifichi un accavallamento di funzioni che potrebbe ridurre l’efficacia delle realizzazioni e della necessaria complementarità degli interventi, che opera anche in relazione alla complementarietà dei finanziamenti, con il concorso di strumenti e fondi diversi per il medesimo intervento, purché tale sostegno non copra i medesimi costi, con una possibile duplicazione del finanziamento.
Nel piano sono presenti, come è noto, anche importanti riforme e investimenti finalizzati ad aumentare l’efficienza della pubblica amministrazione, in particolare per migliorare la gestione del pubblico impiego e rafforzare la capacità amministrativa. “Le misure relative al pubblico impiego sono incentrate sulla riforma della selezione e dell’assunzione dei dipendenti pubblici. Il nuovo sistema dovrebbe essere messo subito alla prova con la selezione del personale necessario alla governance del piano. La riforma è accompagnata da investimenti finalizzati alla creazione di una piattaforma unica per le assunzioni, al miglioramento delle competenze e alla riqualificazione professionale, nonché da una riforma delle carriere della pubblica amministrazione.”
Al fine di garantire un’attuazione tempestiva ed efficace delle misure del piano, il rafforzamento della capacità amministrativa, anche attraverso risorse umane aggiuntive e la fornitura di assistenza tecnica alle amministrazioni, e la semplificazione delle procedure amministrative sono previsti e sanciti da atti giuridici (decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, e decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77).
Le previsioni del decreto “reclutamento” dovranno essere meglio specificate da un decreto del Ministro della Funzione pubblica, da emanare entro sessanta giorni. Ma lo svolgimento del Concorso pubblico per il reclutamento a tempo determinato di duemilaottocento unità di personale non dirigenziale di Area III – F1 o categorie equiparate nelle Amministrazioni interessate dall’attuazione delle politiche di coesione, sta già sollevando numerosi interrogativi che riguardano il secondo punto che vogliamo affrontare.
Sebbene il concorso sia stato ben disegnato e risponda ai fabbisogni degli enti interessati (soggetti beneficiari dei programmi della coesione, comuni, aggregazioni, aree interne, autorità urbane, …), molti partecipanti fanno parte di quella classe di consulenti / esperti / precari della PA che gravitano anche da vent’anni intorno alle Amministrazioni. Questo ovviamente comporta che ci sarà in quota parte un assorbimento di risorse già impiegate sul tema, spesso in sostituzione di funzionari pubblici che mancano.
Tuttavia, il livello di inquadramento e di retribuzione con i quali entreranno sono inadeguati. Si tratta di una grave svalorizzazione delle competenze che molti hanno e quindi c’è incoerenza fra la definizione dei fabbisogni di personale anche con una certa esperienza e competenza e gli inquadramenti e le retribuzioni. Inoltre, si tratta di impieghi a tempo determinato, perché legati al finanziamento UE, che ha una scadenza. Quindi un esperto che già lavora nel campo dovrà rinunciare ai contratti che ha per passare dai tre ai cinque anni nella PA, senza alcuna garanzia nella prosecuzione del contratto.
Ovviamente con questo concorso, e con quelli che si faranno per il PNRR, si compensa appena una parte del fabbisogno di pubblico impiego, che non si tratta di un fabbisogno provvisorio ma strutturale, e quindi quando (e se) scadono le risorse UE o straordinarie, si dovrà ricorrere alle risorse ordinarie, per impieghi a tempo indeterminato. O meglio si sarebbe dovuto/si dovrebbe indire concorsi a tempo indeterminato, che per i primi tre anni sono finanziati dai fondi UE, e con l’impegno di bilancio per gli anni successivi. Questo consentirebbe anche a chi si candida di avere una situazione più certa e scegliere con consapevolezza, e magari anche con una giusta aspirazione alla missione pubblica.
Il decreto “reclutamento” contempla anche la selezione di esperti, che dovranno essere impiegati nelle Amministrazioni centrali e periferiche titolari di progetti previsti dal PNRR, anche individuati previa procedura selettiva con avviso pubblico, che prevede la valutazione dei titoli e dell’esperienza professionale richiesta ed almeno un colloquio che può essere effettuato anche in modalità telematica. Le predette procedure selettive ovvero loro singole fasi possono essere effettuate con modalità telematiche anche automatizzate. Il personale potrà essere reclutato anche attraverso il portale del reclutamento di cui all’articolo 3, comma 7, della legge 19 giugno 2019, n. 56. Inoltre, secondo l’articolo 4 al FormezPA è assegnata, tra l’altro, la funzione di “predisporre e organizzare, su richiesta delle amministrazioni, procedure concorsuali e di reclutamento del pubblico impiego, secondo le direttive del Dipartimento della funzione pubblica, provvedendo agli adempimenti necessari per lo svolgimento delle procedure medesime”.
La capacità della pubblica amministrazione di individuare i fabbisogni, i profili professionali necessari, le modalità di selezione e reclutamento, gli aspetti relativi alla gestione, alla formazione e all’inserimento virtuoso nelle strutture, è un aspetto strategico per l’attuazione del PNRR e più in generale per l’ammodernamento del sistema e la valorizzazione delle competenze e capacità del personale. Sarebbe necessario superare l’affidamento di queste funzioni a soggetti esterni più o meno privati.
Il Piano prevede anche l’introduzione di un “Sistema nazionale di certificazione della parità di genere”, basato sulla definizione di standard per la certificazione dell’uguaglianza di genere, nonché incentivi per le aziende che concludono con successo il processo di certificazione. Al di là degli aspetti discutibili di questo Sistema, l’obiettivo del rispetto della parità di genere a tutti i livelli dovrebbe essere perseguita non solo nelle imprese, ma anche nelle Amministrazioni pubbliche quando attuano piani di reclutamento così importanti.
Il documento tecnico ci spiega pure che il piano individua una struttura chiara per il sistema di controllo e prevede una struttura organizzativa volta ad assicurare: i) l’attuazione tempestiva ed efficace delle misure incluse nel piano, effettuata dalle amministrazioni centrali (ministeri), nonché dalle autorità regionali e locali; ii) il coordinamento centrale per il monitoraggio del conseguimento dei traguardi e degli obiettivi e il controllo dell’attuazione del piano4.
Il terzo punto che vogliamo affrontare riguarda le modalità di rendicontazione. Il dispositivo è attuato dalla Commissione in regime di gestione diretta, in conformità delle pertinenti norme adottate a norma dell’articolo 322 TFUE, in particolare il regolamento finanziario e il regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio5.
L’articolo 22 del Regolamento RFF – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione, prevede per gli Stati membri l’obbligo di verificare regolarmente che i finanziamenti erogati siano stati utilizzati correttamente, in conformità di tutte le norme applicabili, e che tutte le misure per l’attuazione di riforme e progetti di investimento nell’ambito del piano per la ripresa e la resilienza siano state attuate correttamente, in conformità di tutte le norme applicabili, in particolare per quanto riguarda la prevenzione, l’individuazione e la rettifica delle frodi, dei casi di corruzione e dei conflitti di interessi.
Il regolamento finanziario dell’UE6 all’articolo 125 – Forme di contributo dell’Unione, prevede che i contributi dell’Unione in regime di gestione diretta, indiretta e concorrente promuovono il conseguimento di un obiettivo strategico dell’Unione e dei risultati specificati e possono assumere diverse forme, fra le quali la prima contempla i finanziamenti non collegati ai costi delle operazioni in base: i) all’adempimento delle condizioni previste dalla normativa settoriale o da decisioni della Commissione; oppure ii) al conseguimento dei risultati misurato in riferimento agli obiettivi intermedi precedentemente fissati o mediante indicatori di performance.
Il caso ii) è esattamente quello previsto dal RFF, che dispone l’erogazione del contributo a fronte del conseguimento di traguardi e obiettivi, e questa tipologia di sovvenzione non è in contrasto con gli obblighi finalizzati alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione.
Peraltro, anche il Regolamento per disposizioni comuni dei Fondi per la politica di Coesione prevede questo tipo si sovvenzioni, in particolare disposte dall’articolo 89 del Regolamento (che dovrebbe essere pubblicato e andare in vigore nei prossimi giorni). Questa modalità richiede che lo Stato membro individui la descrizione delle condizioni da soddisfare o dei risultati da conseguire e un cronoprogramma, i risultati tangibili intermedi che fanno scattare il rimborso della Commissione, le unità di misura, il calendario del rimborso da parte della Commissione e i relativi importi collegati ai progressi nel soddisfacimento delle condizioni o nel conseguimento dei risultati, le modalità di verifica dei risultati tangibili intermedi, del soddisfacimento delle condizioni o del conseguimento dei risultati, le disposizioni per garantire la pista di controllo che dimostri il soddisfacimento delle condizioni o il conseguimento dei risultati.
In definitiva il finanziamento non collegato ai costi potrebbe essere replicato dallo Stato membro nei confronti delle Amministrazioni titolari dei progetti, quindi mediante pagamenti a fronte di risultati e non di presentazione di documenti contabili.
In generale l’adozione delle opzioni di costo semplificate, come quella sopra descritta, consente di concentrare le risorse umane e gli sforzi amministrativi necessari per la gestione dei Programmi e dei progetti sul raggiungimento degli obiettivi strategici invece di disperderle nella raccolta e nella verifica di documenti finanziari, con una notevole riduzione degli oneri amministrativi. In questo modo, quindi, si riduce il carico operativo per i beneficiari e per le Amministrazioni, agevolando e semplificando i processi di audit, di verifica e di gestione. Questo approccio facilita notevolmente anche l’accesso dei beneficiari più piccoli, come PMI o associazioni, grazie alla semplificazione dell’intero processo gestionale.
Secondo la Commissione europea, nel periodo di bilancio 2021-2027 l’uso di queste opzioni potrebbe ridurre i costi amministrativi totali di circa il 25%.
Paola Boffo
- Il calcolo del contributo finanziario massimo è aggiornato entro il 30 giugno 2022 per ciascuno Stato membro sostituendo i dati delle previsioni economiche di autunno 2020 della Commissione con i risultati effettivi relativi alla variazione del PIL reale per il 2020 e alla variazione aggregata del PIL reale per il periodo 2020-2021.[↩]
- Le misure a sostegno degli obiettivi climatici rappresentano un importo pari al 37,5 % della dotazione totale del piano, calcolata secondo la metodologia di cui all’allegato VI del regolamento (UE) 2021/241. A norma dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2021/241, il piano per la ripresa e la resilienza è coerente con le informazioni contenute nel piano nazionale per l’energia e il clima 2030.[↩]
- Le misure a sostegno degli obiettivi digitali rappresentano un importo pari al 25,1 % della dotazione totale del piano.[↩]
- A livello operativo, presso il ministero dell’Economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, sarà istituita una struttura centrale per il coordinamento e il monitoraggio del piano (“Servizio centrale per il piano per la ripresa e la resilienza”), composta da unità operative per il monitoraggio, la gestione finanziaria, il controllo, la comunicazione e il sostegno tecnico e operativo. Strutture di coordinamento per il monitoraggio dell’attuazione del piano saranno individuate a livello di ciascuna amministrazione centrale responsabile delle misure pertinenti. Il piano stabilisce un organismo di audit dedicato per il sistema di controllo interno. Il modello previsto prevede l’istituzione di un organismo di audit responsabile del sistema di controllo interno, per proteggere gli interessi finanziari dell’Unione e più specificamente per prevenire, individuare, segnalare e rettificare casi di frode, corruzione o conflitto di interesse. Tale organismo è stabilito in seno al ministero dell’Economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – IGRUE e la sua indipendenza è garantita dalla segregazione delle funzioni. L’applicazione informatica “MyAudit” sarà utilizzata per le attività di comunicazione e monitoraggio del seguito dato, dei controlli e degli audit nonché per la redazione della sintesi degli audit da parte dell’unità di comunicazione in seno al Servizio centrale per il piano per la ripresa e la resilienza. La strategia di audit dell’organismo di audit comprende informazioni sulla valutazione dei rischi, sull’approccio all’audit e sulle risorse.[↩]
- Regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, relativo a un regime generale di condizionalità per la tutela del bilancio dell’Unione (GU L 433I del 22.12.2020, pag. 1).[↩]
- Il Regolamento finanziario è consultabile al link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018R1046&from=IT.[↩]