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Climate camp a Torino: FFF tra guerra, crisi ambientale e futuro

di Alberto
Deambrogio

L’incontro internazionale che il movimento #FridaysForFuture organizza una volta l’anno, in cui le/gli attiviste/i possono incontrarsi di persona, si tiene nel 2022 a Torino dal 25 al 29 luglio. In quest’edizione l’incontro europeo di FFF verrà affiancato da un Campeggio per il clima dal nome “Climate Social Camp”, pensato per coinvolgere tutta la popolazione in incontri, dibattiti, conferenze e concerti e far diventare la lotta alla crisi climatica una priorità per tutta la cittadinanza. Altro dato importante da sottolineare è sicuramente la presenza a Torino di Greta Thunberg, fondatrice e icona di tutto il movimento a livello globale.

Il FFF arriva a questo appuntamento sulla scorta di due aspetti salienti che lo riguardano.

In primo luogo può ancora presentarsi come un movimento assolutamente inatteso, quasi un miracolo sulla scena politica e sociale degli ultimi 20 anni. Dentro la devastazione culturale in cui si è tentato persino di cancellare il ricordo delle lotte per il cambiamento, Greta e il suo movimento si sono affermati come una soggettività in grado di esprimere una critica radicale e circostanziata al modello di sviluppo dominante, sottolineandone gli aspetti ormai inaccettabili e criminali. Una cosa non da poco, rispetto alla quale anche molti commentatori hanno dovuto ricredersi dopo le prime critiche superficiali; una nuova generazione è dunque in grado di proporsi alla ribalta della storia in modo non rassegnato.

In secondo luogo occorre però registrare la difficoltà da cui il FFF prova ad uscire presentandosi a Torino in questi giorni. La pandemia da Covid19 ha sicuramente sconvolto vite ed equilibri in tutto il mondo e ha saputo influire negativamente anche su questo movimento. E’ infatti innegabile che FFF abbia subito una vera battuta d’arresto negli ultimi due anni, in cui la sua voce ha stentato molto a inserirsi nei dibattiti che lo potevano riguardare da vicino. Torino, da questo punto di vista, può rappresentare una vera occasione di rilancio.

Le giornate di incontri, seminari e dibattiti, sono collocati in un periodo che, anche per qualche casualità, incrociano diversi tipi di crisi, tutti giunti a una particolare acuzie. In Italia, intanto, siamo nel pieno di una crisi politica da cui si vorrebbe uscire cancellando ogni possibilità di critica alle politiche liberiste e nemiche dell’ambiente incarnate da tutti i seguaci del Presidente del consiglio uscente. L’Europa sta riproponendo, dopo l’effimera e illusoria stagione degli investimenti al tempo del Covid, una politica restrittiva, pro-ciclica, e di controllo mortale sui Paesi in difficoltà. La siccità di queste ultime settimane è ormai indice evidente di un sistema entrato in tilt ed è davvero impressionante vedere come categorie professionali e politica facciano finta di non capire e si attardino, ancora, nella richiesta di misure di tipo emergenziale. In ultimo, ma non certo per importanza, la guerra con il suo carico di morte e sofferenza, con le sue motivazioni complesse, che vanno ben oltre il criminale primo passo russo. Una guerra che, come è ormai del tutto evidente, sta potentemente minando le possibilità di arrivare in tempi brevi ad una riconversione ecologica e sociale.

Per restare a quest’ultimo argomento e guardando al programma degli incontri torinesi, occorre rilevare che il FFF non pare averlo fatto diventare argomento saliente della propria discussione. D’altro canto già nei mesi scorsi questo deficit è stato ben presente e fa emergere un problema la cui natura non è del tutto chiara. In ogni caso il nodo rimane ineludibile sia per ragioni etiche, politiche e sociali, sia naturalmente per ragioni ambientali. Da come il movimento saprà affrontarlo dipenderà il suo sviluppo e il suo profilo dentro un mondo dove la guerra è tornata ad essere, una volta di più, elemento dirimente tra chi vuole un pianeta su cui continuare a vivere e chi propone solo prospettive nichiliste.

Un altro problema che, anche se non apertamente squadernato nei giorni torinesi, è ormai di fronte al FFF è quello dell’organizzazione. Il movimento ha saputo imporre temi e discussioni, ha saputo comunicare in modo molto efficace e ha saputo anche utilizzare appieno le capacità performative della sua leader. Ora però si apre una fase nuova, una fase che, mutatis mutandis, interessò anche i Social Forum dei primi anni 2000. Questi ultimi non seppero affrontare un salto di qualità dal punto di vista organizzativo e, peraltro, non riuscirono neanche a coordinare le campagne globali che pure seppero mettere a punto ed evocare. Quale strada sceglierà FFF? L’opzione della fluidità rimarrà ancora centrale o occorrerà disporsi a una qualche nuova stagione in cui si sperimenteranno nuove istituzioni di movimento? Si tratta di scelte di non poco momento, soprattutto se si vuole rilanciare ed avere un ruolo stabile a livello politico-sociale.

In uno degli incontri più interessanti del Climate Camp titolato “Sparks of Revolution” si troverà a dialogare con altri relatori una figura centrale dell’ambientalismo di oggi: Andreas Malm. Ci si può trovare d’accordo o meno con lui, ma sta di fatto che con l’autore di Clima, Corona, capitalismo, non è possibile non fare i conti, almeno non può non farlo ogni ambientalista curioso e attento. Una delle idee centrali di Malm è quella che rimette al centro il ruolo dello Stato per potere sviluppare delle politiche positive. Qui si apre un altro punto di riflessione ancora non risolto all’interno del FFF: quale rapporto con la politica e le istituzioni occorre costruire? In Europa ci sono rivolgimenti abbastanza significativi da questo punto di vista sia da un punto di vista positivo (NUPES in Francia), sia da un punto di vista negativo (le convulsioni in Gran Bretagna). E’ possibile e come fare i conti con tutto ciò?

Se si guarda al programma complessivo degli incontri, delle discussioni, dei seminari e delle conferenze dell’appuntamento torinese si è colpiti, questa volta negativamente, dalle poche occasioni di apertura verso l’esterno. Di fatto l’unica vera occasione è rappresentata da una conferenza i cui protagonisti arrivano tutti dal mondo accademico. Una possibilità persa, ma forse, dopo il tempo duro della pandemia, si sentiva forte l’esigenza di una riflessione tra attiviste e attivisti per calibrare meglio alcune direzioni da intraprendere.

Solo alla fine di questo appuntamento potremo effettivamente dire se alcune delle perplessità e delle esigenze di rilancio del FFF saranno state affrontate positivamente. Intanto, mentre si fanno i conti con i problemi di crescita, non possiamo non riconoscere al movimento di Greta di avere inverato nuovamente la potente idea di Paulo Freire: il mondo non è, il mondo si sta facendo.

di Alberto Deambrogio

 

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