la nostra rete

Chi ha paura della RUNET

jolek78

Riprendiamo con lo stesso titolo da labottegadelbarbieri.org questo articolo di jolek78 sul coinvolgimento della rete delle reti nel conflitto in corso. –

 

Secondo alcune notizie rilasciate dal canale Telegram Nexta_tv e secondo alcune dichiarazioni rilasciate da Dmitry Chernyshenko, sembra esserci una seria possibilità che l’internet russa, nei prossimi giorni, venga disconnessa dalla rete internet globale. Cercando di approfondire l’argomento, sia da un punto di vista storico che tecnico, proviamo a fare un minimo di chiarezza. Con un forte ringraziamento a Yandex Translate.

di jolek78


 

Intro

Lo sapevate che il primo nodo russo della rete Fidonet fu realizzato a Catania nel 1990? E lo sapevate che il primo internet cafè aperto a San Pietroburgo nel 1996 si chiamava Tetris? Io no. Sono alcune delle cose che ho scoperto in un paio di giorni, lurkando la internet russa, alla ricerca d’informazioni su RuNet. Già, perché in questo periodo non si parla d’altro: “quel demone di Vladimir Putin” vuole chiudere internet in Russia ed escluderla dalla rete globale. Ma sarà vero? Innanzi tutto chiariamo una cosa: in Russia, la tradizione dell’high-tech ha una lunga storia. Facendo un semplice accenno, mentre negli Stati Uniti i primi esperimenti per la trasmissione dei dati sulla rete Arpanet si effettuavano nel 1969, già nel 1971, in Russia, si creava la prima rete di computer all’interno di “E-135”, un progetto principalmente strutturato per operare come sistema antimissilistico. A meta degli anni ‘70 inoltre, veniva creato un canale di trasmissione fra Huston in Texas e Star City a nord-est di Mosca nell’ambito del programma Apollo-Soyuz.

Viene da pensare dunque che la presunta “arretratezza sovietica” durante il periodo della “guerra fredda” fosse dovuta principalmente al “coordinamento internazionale per il controllo delle esportazioni”, meglio noto come CoCom, creato per imporre un embargo dai paesi del blocco Nato verso i paesi del Comecon. Ma si sa, a pensar male, a volte, si fa peccato.

Che cos’e’ la RuNet

Viene definita tecnicamente RuNet tutto quel segmento di rete internet russa, con contenuti in cirillico, su domini .ru, .su e altri. Definizione dunque semplice ed essenziale. Ma c’è di più. La RuNet – qui le ultime news dall’agenzia Tass – in realtà, si sviluppa ben oltre i confini russi, e tende a includere molti (ma non tutti) dei contenuti internet dei membri della Comunità degli Stati Indipendenti: Azerbaigian, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Tagikistan, Uzbekistan. E ovviamente anche i due ex-membri della federazione: Ucraina e Georgia. Sorprendente? No. Comunità di tradizione e di lingua russa sono sparse in tutti i territori della ex Unione Sovietica.

Internet in Russia comincia a diffondersi su larga scala già nel 1995 con le prime connessioni dial-up di “Russia-On-Line” e proprio in quell’anno, nasce uno dei siti web più popolari del periodo: il Parovoz strutturato per dettagliare le tratte ferroviarie in tutto il territorio russo. Nel 1997 e nel 1998 inoltre, nascono quelli che oggi sono i servizi web più popolari anche oltre il confine russo: mail.ru, un servizio di webmail precedente a gmail, e yandex.ru, un motore di ricerca quasi contemporaneo a google search. Nel 2001 viene aperta la sezione russa di Wikipedia, oggi attiva con quasi due milioni di articoli, nel 2007 la rete wireless di Mosca viene riconosciuta come quella più grande presente al mondo e nel 2011 la Russia supera per la prima volta il numero di utenti attivi in tutte le nazioni dell’Eurasia.

Col Roskomnadzor cambia giusto “qualcosina”

Il servizio federale per il controllo delle comunicazioni, meglio noto come Roskomnadzor, venne istituito nel marzo del 2007 nel tentativo di filtrare ogni tipo d’informazione scomoda al regime russo. Regime? Ho forse detto regime? Già.

Is President Vladimir Putin an all-powerful dictator, to be feared above all other threats to democracy? Or is the Russian regime to be dismissed as a pale shadow of its Soviet and Czarist past […] – da https://www.journalofdemocracy.org

Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 e, successivamente, dell’URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) la Russia si trovo’ in una sorta di empasse: aderire completamente al modello neo-liberista, che l’aveva portata al disfacimento sotto la presidenza di Eltsin, oppure fare “un po’ e un po’”, cercando di mantenere un forte controllo sull’economia e una forte propaganda sui media ma senza disconnettersi dal mercato globale che aveva cominciato a donare benessere – una parola da usare con cautela – al popolo russo.

Pertanto quando Vladmir Putin corse per il suo secondo mandato, la Roskomnadzor, come una delle prime azioni, banno’ da internet prima il Partito nazionale Bolscevico e poi Rossiya Budushchego (Alleanza per la Russia) il cui leader, Alexei Navalny, si opponeva a Yedinaya Rossiya (Russia Unita). Tutto qui? No. Anche Github e Telegram finirono sotto le grinfie della propaganda, il primo perché in alcune note satiriche descriveva “metodi rapidi per realizzare un suicidio” e il secondo perché rifiuto’ di regalare le chiavi private degli utenti al governo russo. Tutto qui? Non ancora. Anche Facebook, Wikipedia e Twitter finirono nel calderone della censura, tanto che oggi la versione russa di Wikipedia presenta contenuti differenti da quella originale, e il principale social network utilizzato in Russia non è Facebook o Twitter ma VKontakte. Ma tutto questo a che pro?

DNS mon amour

Il nodo della questione sta tutto – o in parte – nella proprietà di ICANN. Facciamo ora un passo indietro e cerchiamo prima di tutto di spiegare la parte tecnica. Quando su un web browser come Firefox digitiamo l’indirizzo di un qualunque sito, facciamo il caso di yandex.com, in realtà stiamo chiedendo ad “internet” di fare la traduzione di un numero. Facciamo un esempio:

$ host yandex.com resolver1.opendns.com
Using domain server:
Name: resolver1.opendns.com
Address: 208.67.222.222#53
Aliases:

yandex.com has address 77.88.55.77
yandex.com has address 77.88.55.80
yandex.com has address 5.255.255.80
yandex.com has address 5.255.255.88
yandex.com has IPv6 address 2a02:6b8:a::a
yandex.com mail is handled by 10 mx.yandex.ru.

Lasciamo da parte la differenza fra ipv4 e ipv6 – come si potrà facilmente intuire, ipv6 e’ la nuova tecnologia di risoluzione ip, mentre ipv4 e’ la vecchia. Eseguendo il comando precedente, abbiamo chiesto a un servizio chiamato OpenDNS di fare una sorta di conversione numerica. In sostanza, prendendo ad esempio la prima linea:

yandex.com has address 77.88.55.77

stiamo convertendo i quattro ottetti:

0115.0130.0067.0115

in:

77.88.55.77

e poi in:

yandex.com

Perché e’ importante questa informazione, vi starete chiedendo? Come ci siamo detti, internet usa un sistema di risoluzione DNS gestito da ICANN che e’ una non-profit internazionale con sede e radici negli Stati Uniti. Assegna gli indirizzi, li mantiene nel suo database originale ed e’ alla base della stabilita’ d’internet. Se ICANN, un domani, decidesse di bannare tutti gli indirizzi con dominio .ru, per esempio, nessuno avrebbe più la possibilità di raggiungere un indirizzo internet con tale suffisso. E’ molto ma molto difficile che un evento del genere accada, ma nel mondo della rete questa e’ una discussione che va avanti da tempo. OpenNIC e Handshake, per esempio, sono già alternative pronte all’uso utili per “scappare” dal controllo ICANN e, come si può immaginare, anche la Russia, col suo controllo orwelliano su internet, si e’ posta il problema del “cosa fare se”.

Ed ecco quindi la risposta: creare un sistema, isolato dalla internet globale, che permetta, in caso di censura dei siti russi, di accedere alle risorse internet interne, da parte di tutti gli abitanti della Comunità degli Stati indipendenti. Se questa era una eventualità borderline da tenere in conto per una “estrema ratio”, adesso quel confine fra il “possibile” e il “fattibile” sembra essere stato superato dagli ultimi eventi in corso d’opera. Qualcuno in sala ha forse detto “terza guerra mondiale“?

Addio e grazie per tutto il pesce

La Russia lo ha già testato circa tre anni fa. La notizia arrivo’ sui media occidentali poco prima del natale del 2019 e lascio’ tutti senza fiato. C’è un fatto davvero sconvolgente: nessuno sembra essersene accorto e ciò vuol dire che, con tutti i suoi limiti, il sistema ha funzionato a dovere. Non e’ esattamente qualcosa a cui ci si abitua facilmente, considerando il fatto che internet, per sua natura, e’ considerato come l’essenza stessa della globalità, ma questo era in qualche modo prevedibile. Anche la Cina ha al suo interno un sistema simile chiamato “the great firewall” – il grande muro di fuoco – e il fatto che lo stia realizzando anche la Russia stupisce ma non più di tanto.

Una volta attivato dunque, i cittadini della federazione russa avrebbero accesso soltanto ai siti interni alla comunità russa e non a quelli esterni, un po’ insomma come navigare in un internet all’interno d’internet. Per fare questo alla perfezione pero’ ci sono delle operazioni che vanno implementate da parte dei fornitori di servizi. Ed ecco che arriviamo alla notizia.

Dmitry Chernyshenko, vice presidente della federazione russa, ha recentemente ordinato, entro e non oltre l’11 marzo 2022, di migrare al dominio .ru tutti i siti web russi , di abbandonare hosting stranieri, DNS stranieri, javascript, contatori e qualsiasi altro servizio che permetta di richiedere informazioni esterne alla Russia.

Dmitry Chernyshenko instructed to move all russian sites to .ru domain in four days, to abandon foreign hosting sites, banners and traffic counters, and to switch to Russian DNS. The authorities explain this as protection from cyber attacks […] – da https://www.cnews.ru

Questo, in accordo con la legge del “internet sovrano” – si lo so, fa un po’ ridere la traduzione – permetterebbe ai membri della federazione di accedere ai servizi internet senza dipendere da internet. Considerando quello che recentemente ha affermato ICANN in risposta alla richiesta di Mykhailo Fedorov – il nostro lavoro e’ assicurare che internet funzioni ovunque – questa sembra essere una misura assolutamente fuori dalle righe e non necessaria, ma se ne comprendono, politicamente, i motivi. Inoltre, Nexta_tv, un canale Telegram bielorusso estremamente in opposizione al governo Putin, ha rilasciato di recente un documento che sembra confermare queste ipotesi.

Basta qualche DNS e qualche javascript per disconnettere tutto? Certo che no. Per fare un altro esempio, i cittadini russi sono stati avvisati che i nuovi certificati TLS – quelli che certificano il sito e che permettono le connessioni in https, tanto per essere chiari – per siti web su dominio .ru possono essere scaricati dal portale ministeriale Gosuslugi e che, una volta richiesti, verranno forniti in cinque giorni lavorativi. La “burocràzia” e’ ovunque a quanto pare.

Se la disconnessione sarà possibile, lo sapremo presto e sarà interessante comprenderne tutti i dettagli. E pensare che noi, in occidente, ci si lamenta della filter-bubble


Se avete del tempo, vi consiglio la visione di questi sette episodi da mezz’ora l’uno, realizzati da currentime.tv. La serie si chiama InterNYET: A History Of The Russian Internet ed e’ istruttiva sotto ogni punto di vista. Ricordatevi di attivare i sottotitoli e buona visione.

aggiornato il 11/03/2022 alle 15:27

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