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Che i diritti puntino al sole

di Marcello
Pesarini

Otello, lo spazzino con cui ho condiviso 2 anni di lavoro ma che per me è stato un padre, per fugare i miei dubbi mentre mi avviavo a diventare giardiniere e orticoltore, rispondeva alla mia domanda: “Ma se i bulbi, come aglio e cipolle, ci confondiamo e li interraniamo a testa in giù?” usando il suo stringato dialetto pesarese: “An te preoccupe’ fiol, dop le va sempre la via del sol” cioè comunque sono attratte dalla luce del sole e la punta va all’insù”.

Io sono convinto che non sarà per questa mia vita, ma chi si affaccia al mondo ora e come Jonas nel 2043 avrà vent’anni, potrà assistere al risveglio delle cipolle dei diritti contro le distorsioni odierne.

Non gli auguro un mondo di sogno, senza naufragio di Cutro né femminicidio di Giulia Cecchettin, ma un mondo nel quale i diritti essendo più estesi saranno più sicuri, e il rispetto ottenuto non sarà quello apparente che si riceve seguendo rigidi protocolli di finta tutela, nello studio come nel lavoro.

Vorrei prendere spunto dal  grave incidente ferroviario di Corigliano-Rossano, in provincia di Cosenza, di martedì 28, attorno alle 19. Un conducente di camion, il 24enne di origini marocchine Said Hannanoi, rimane imprigionato col suo mezzo, un’autocisterna, in un passaggio a livello. Tenta una manovra disperata, non lascia il mezzo incustodito e il treno, che viaggia a 130 km all’ora, lo investe, causando la morte della ferroviera Maria Pansini, 60 anni di Catanzaro, che lascia una figlia. I pochi passeggeri riportano lievi ferite, l’incidente provoca invece un incendio spento il giorno seguente.
Lungo i 16.800 km di ferrovie nel paese ci sono oltre 4.000 passaggi a livello. Siamo in attesa della loro chiusura, che va al ritmo di 74 chiusi nel 2020 e 137 nel 2019.

Con 49.297,23€ sarebbe realizzato il raggiungimento della sicurezza con i sistemi di protezione automatica integrativa per passaggi a livello. Il Ponte di Messina tanto caro a Salvini, diritto a vendere fumo, costerebbe 12 miliardi.
Per il giorno seguente CGIL, CISL, UIL, ORSA e FAST hanno indetto e attuato 8 ore di sciopero dalle 9 alle 17, mentre CAT, CUB, SGB e USB ne hanno fatte 24. Precettazioni e minacce rispedite al mittente. I morti sulle ferrovie, durante il lavoro, continuano, per non citare i 5 morti di Brandizzo.
Eppure l’ineffabile ministro Salvini ha parlato di situazioni indicibili per gli utenti.

Diritti sì diritti no, come il CPR di Via Corelli di Milano, a lungo denunciato dalle associazioni che lavorano sull’accoglienza per le condizioni disumane in cui vivono, dormono, mangiano, il tutto si fa per dire,  i migranti in attesa di riconoscimento.
Parte l’inchiesta dopo la visita effettuata dall’associazione NAGA e dalla Rete Mai Più Lager-No ai CPR il 2 marzo 2023 e l’ispezione del 29 maggio 2022 dell’ex senatore M5S Gregorio De Falco, e viene ordinata dalla procura con l’invio dei militari della Guardia di Finanza a perquisire il centro.

L’accordo di fratellanza e collaborazione fra Italia e Albania per la gestione di 3 strutture che ospiteranno i migranti (720 ) da noi confinati oltre Adriatico costerà solo per il primo anno 100 milioni.

Siamo il Bel Paese dagli oltre 100 femminicidi, “che non sono dovuti alla cultura patriarcale ma anzi alla mancanza di quei bei legami che proteggevano e rassicuravano le donne”, parole di Elisabetta Gardini il giorno stesso del ritrovamento del cadavere di Giulia Cecchettin, 18 novembre.

Ringraziamo la Marea delle e dei 500.000 di Roma, ahimè contrarie alla Pro-Vita, diritto di esprimersi, rivendicare vita e gioia (gli Area negli anni 70 cantavano Gioia e Rivoluzione).

Mettendo a confronto la politica degli ultimi governi col record del governo più fascista  della Repubblica nata dall’antifascismo, troviamo: i non diritti dei lavoratori, continuamente calpestati a suon di “necessità di fare” evocata da Confindustria e governi, in barba alle necessità di chi veramente lavora, e di diritti civili, culturali, di genere, di fatto non tutelati dall’aggravarsi delle culture della competizione, dal ritorno del patriarcato, dall’atomizzazione dei rapporti, dalla massiccia invasione di subcultura, veicolata non più dalla televisione e dai giornali, ma dai social sempre più pervasivi.

Come intervenire nei casi più eclatanti di naufragio, femminicidio, degrado e stupro di gruppo: decreti, divieti, aumenti delle pene anche in carcere, emblema della discarica dei problemi.

Si è insinuata ormai da tempo la guerra fra generazioni, che fa gioco alle destre e a chi è connivente con loro, come la guerra fra poveri e su più vasta scala quella fra nazioni, non essendoci più blocchi. Vorrei avviare una discussione, che necessita di approfondimenti, notizie, per dimostrare l’impoverimento di chi lavora e di chi non lavora, la mancanza di futuro di chi studia e la difficoltà a raggiungere il diritto allo studio, la difficoltà oggettiva di giudicare il mondo se la propria informazione avviene sempre più rapidamente e sempre meno a fondo, se il politically correct senza una storia del perché e contro cosa sia nato, risulta una gabbia perbenista e conduce all’isolamento e all’isterilimento dei rapporti.

Vorrei iniziare una discussione che sfati la narrazione di una generazione che ha inquinato e tarpato le ali alla successiva, perché le razioni a Seveso, all’ACNA di Cengio e a Chernobyl ci furono e se furono inquinate, scusate il gioco di parole, fu dai poteri forti e dai governi democristiani.

Io ebbi alle spalle la generazione che aveva combattuto il fascismo alle spalle, ma anche quella che l’aveva sostenuto, come racconta bene Paola Cortellesi nel “C’è ancora domani”.

Molti compagni rinunciarono alla laurea o si licenziarono inseguendo utopie che non seppero realizzare, o costruendo il terzo settore. Qualcuno sbagliò per mancanza di basi, altri impararono e fecero la costola giusta del sociale in Italia. Su questo sarebbe bene confrontarsi, rileggere normative vecchie e nuove.

La lotta delle classi subordinate contro gli oppressori ha avuto molti alti e bassi. Ora vive certamente un brutto momento e, come ha detto Luciana Castellina presentando “Sedici millimetri alla rivoluzione: la storia del PCI è la storia d’Italia” documentario prodotto da lei stessa assieme a Giovanni Piperno, i giovani non accettano quello che hanno e quello che non hanno. Sicuramente saranno poco interessati al voto, ma sarà loro necessità questa costruzione di cultura, di stare assieme, di aiutarsi perché le violenze subite non sono separabili a compartimenti stagni,, nelle loro modalità come il PCI non fu La Comune di Parigi.

Allora, forse, il brucia tutto se non torno aiuterà i morti sul lavoro e i giovani che emigrano a lavorare in altri stati capitalisti dove, prima o poi, capiranno di vivere nello stesso sistema che hanno lasciato e che produce la loro miseria.

Marcello Maria Pesarini

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