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Sinistre in Europa

di Roberto
Musacchio

Scissioni per Syriza in Grecia e Linke in Germania. Divisioni tra Sumar e Podemos in Spagna. La Nupes in Francia si avvia in modo sparso alle elezioni europee.

Sono momenti difficili per le sinistre radicali in Europa.

Abbiamo già scritto che questi travagli ci coinvolgono e li tratteremo con rispetto (ed affetto).

La storia di Syriza si è incrociata con i tentativi di rimettere in campo una sinistra alternativa in Italia con la bella esperienza dell’altra Europa con Tsipras.

Syriza è l’unica sinistra radicale europea divenuta maggioranza relativa del proprio Paese insieme al Sinn Fein che ha però una sua Storia particolare.

Crisi del sistema politico greco ed austerità determinarono la grande crescita di un piccolo partito, Syriza, nato dalla convergenza di vari gruppi storici, che arrivò a quadruplicare i suoi voti e a divenire perno di un proprio governo.

Come andò la convivenza col sistema UE è materia che richiede di essere ancora indagata perché pone la domanda fondamentale “come si affronta questa dimensione particolare che è appunto la UE”.

Sta di fatto che Syriza, perso il governo, ha puntato tutto sulla sua riconquista attraverso il consolidamento del suo status di nuovo perno di un nuovo sistema politico binario, sostanzialmente al posto del Pasok. La riconquista non è riuscita e nel processo di cambiamento della leadership di Tsipras si è manifestata una sorta di “piddizazione” del partito. Non accettata da molti storici esponenti di Syriza che stanno lasciando la “loro casa”. Già 11 parlamentari e molti quadri dirigenti.

In Germania la Linke perde addirittura il gruppo parlamentare a seguito della scissione di Sarah Wagenknecht seguita da un buon numero di parlamentari. Qui non si può dire che la Linke abbia cambiato la propria natura. Si può piuttosto riflettere su quanto sia cambiata la natura della Germania, dalla Ostpolitik al riarmo neo atlantico. E di come ciò che rappresentò l’idea di un’altra unificazione non sia riuscito ad adeguarsi a questa nuova fase. Il rapporto con le guerre, Ucraina e Palestina, segnala le difficoltà. Poi Wagenknecht ci mette questioni come la rappresentanza popolare e i migranti.

In Spagna la soddisfazione per aver riconfermato il governo delle sinistre in una fase difficile è offuscata dalla defezione di Podemos che segnala una sottovalutazione del ruolo svolto da questa formazione nel rompere il vecchio sistema politico e di come si rischi di sopravvalutare il ruolo preponderante del governo.

Nupes in Francia risente di una disputa tra l’egemonismo di Mélenchon e i nuovi identitarismi comunisti, socialisti e verdi.

La dimensione europea della politica e l’inadeguatezza della sinistra (e in generale del movimento operaio) a rifondarsi in questo spazio è per noi di transform il tema centrale.

La UE lungi dal democratizzarsi, come si vede anche dal sostanziale naufragio delle ipotesi di riforma dei Trattati in senso efficientista verniciato di più Europa, viaggia tra proprio imperialismo neo atlantico, mantenimento del ruolo costituente del capitalismo finanziario globalizzato e accordo tra establishment e sovranisti. Basta vedere da ultimo l’incrocio tra via libera al  Pnrr italiano e accordo italo tedesco per vedere la materialità di queste convergenze sulla realizzazione in Italia di un hub metanifero anti russo e politiche contro i migranti.

L’imperialismo UE conferma tutti i suoi doppi standard nelle guerre, dall’Ucraina alla Palestina. Ciò che vale per il Kosovo non vale per il Donbass, come ciò che vale per Putin non vale per Netanyahu.

Questo doppio standard chiede una alterità non “campista” ma valoriale. Che dovrebbe poggiare su un nuovo movimento operaio capace di proporla materialmente.

È ciò che manca.

A questo problema dovremmo provare a dare risposte anche dall’Italia, il primo Paese a conoscere una crisi strutturale della sinistra radicale, divisa tra subalternità strutturale e ripiegamento testimoniale.

Il congresso di Sinistra Italiana è stato in questo senso deludente, di continuismo nella subalternità e nella rimozione, a partire dalla rilevanza costituente della guerra “sacrificata” al “rapporto” col PD.

La sfida di una lista per la Pace che “rimuova la rimozione” sarebbe quanto mai salutare per l’Italia e l’Europa.

Roberto  Musacchio

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