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Che ci piaccia o no

di Giovanni
Russo Spena

La follia bellicista è al culmine: “si vis pacem para bellum”. Il “capitalismo”, spiegava Marx ” è, per sua natura, un sistema globale, deve annidarsi ovunque, insediarsi ovunque, stabilire connessioni ovunque”. Riemerge, oggi, in forme parzialmente inedite, il grande tema: il capitale è contro la democrazia. La tendenza alla centralizzazione del capitale in sempre meno mani porta ad una dura concentrazione del potere politico, che travolge le stesse istituzioni borghesi della democrazia liberale. L’ordine liberal democratico, ove fosse mai esistito, non esiste più. La centralizzazione capitalistica ha bisogno della guerra; e la guerra non è affatto un ciclo chiuso marginale, secondario. La guerra è “costituente” di un sistema complesso, che è strutturale, sociale, politico, geopolitico. Non possiamo rimuovere il grande tema: la guerra militarizza la società, la scuola, il lavoro, l’intera formazione sociale. E’, per il potere, pedagogia di massa. Verticalizza gli equilibri costituzionali; la democrazia costituzionale subisce una grave torsione verso la “democratura”. In Italia la maggioranza postfascista, con il combinato disposto “autonomia differenziata” e “premierato” abbatte la Costituzione nata dalla Resistenza. L’Unione Europea vara l’economia di guerra. L’educazione al militare entra nelle scuole, nelle Università; crescono programmi e corsi accademici  gestiti dalla Fondazione Med Or Leonardo, potente fabbrica d’armi, per inculcare patriottismo bellicista. Di popolo palestinese, di crimini di guerra e genocidio a Gaza è vietato parlare. Il ministro Valditara propone sospensioni e bocciature per ragazze e giovani che, fortunatamente, si mobilitano per la pace, il disarmo, contro le guerre. L’isteria dei poteri politici e militari assimila ogni critica al governo israeliano all’antisemitismo. Nelle scuole cresce ogni giorno, con grande impegno della ministra Bernini, la caccia alle streghe alle insegnanti che tentano di insegnare un sapere libero, critico. Fioccano sospensioni, i richiami, le ispezioni ministeriali: la cultura deve allinearsi. In Germania i Verdi, parte rilevante del governo Scholz, sono ossessionati dalle manifestazioni filopalestinesi. I rapporti europei di Letta e Draghi configurano l’evolversi ineludibile dell'”economia di guerra”. Intanto, in tutta Europa, sono vietati convegni, seminari. Siamo al pericoloso grottesco: a Varoufakis, famoso terrorista anarchico, viene vietato un intervento seminariale sulla crisi della globalizzazione e sostanzialmente espulso per ragioni di ordine pubblico . In Francia, 48 ore fa, Manon Aubry ci ha avvisato che una importante esponente del partito di opposizione di sinistra FI, Mathilde Panot è stata convocata dalla polizia a seguito della sua posizione palestinese. “Un accadimento inedito e grave  che ci porta verso l’autoritarismo; dobbiamo reagire”, scrive la Aubry. La guerra porta alla delega assoluta al “capo”, da parte di un popolo inerte e confuso. Chi si ribella, come i giovani comunisti, di Cambiare Rotta, ecc. viene colpito, appesantito, nelle vita, da denunzie e provvedimenti disciplinari. Devono essere educati all’ordine, al comando, alla cieca obbedienza gerarchica. Il governo cancella la scuola repubblicana, mette al bando Don Milani.  I provvedimenti e il clima maccartisti tentano di imbavagliare ogni azzardo critico pacifista e disarmista, mentre i potenti apparati informativi padronali, governativi (e anche di centro sinistra) preparano all’eventualità di un conflitto bellico ormai conclamato.  La guerra disarticola anche l’intellettualità democratica, che è il fulcro della legalità costituzionale: troppi soggetti hanno calzato l’elmetto. I poteri militari, che insieme ai complessi militar/industriali indirizzano la politica, sempre più debole, lo spiegano seccamente, più di tante analisi. Il capo di Stato Maggiore della Bundeswerh scrive: “le esercitazioni militari avranno un impatto sulla quotidianità in Germania; i cittadini tedeschi vedranno più truppe di quanto avvenga usualmente”. E il generale Bodemann aggiunge: “in passato era soltanto zero o uno, pace o guerra. Oggi vi è una lunga serie di minacce ibride ; non siamo formalmente in guerra ma non siamo più in pace perché ogni giorno siamo minacciati ed anche attaccati”. Credo che l’ammonizione più tremenda, più lucida , che fa comprendere l’attuale rapporto tra potere e masse è costituita dalle parole dell’ammiraglio Bauer, altissima carica Nato: “dobbiamo sapere che, per i problemi di sicurezza, per una difesa collettiva, gli apparati militari attuali non sono più sufficienti; vi è bisogno di più gente che SOSTENGA GLI ESERCITI. E’ l’intera società che deve sentirsi coinvolta in guerra, CHE LE PIACCIA O NO”.

Giovanni Russo Spena

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