Al netto delle strumentalizzazioni di stampo revisionista, utili alla propaganda di governi che perpetrano crimini di guerra in Medio-Oriente, è evidente che la questione del conflitto israelo-palestinese non risalga certo ad ottobre 2023.
Il genocidio in corso a Gaza per mano dell’esercito di Tel Aviv e le perduranti occupazioni illegali di territori da parte dei coloni rappresentano il corollario di violazioni pluriennali delle risoluzioni internazionali, fino alla più recente condanna da parte della Corte Internazionale di Giustizia.
In questo quadro di continua escalation bellica si inserisce il tentativo diplomatico dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che con la Decisione n.73/546 dal 2018 ha avviato una Conferenza sull’istituzione di una zona del Medio Oriente priva di armi nucleari e altre armi di distruzione di massa.
L’intento della Conferenza è quello di elaborare una risoluzione vincolante sulla de-nuclearizzazione dell’area e sul divieto all’utilizzo di armi di distruzione di massa mediante il metodo del consenso, da implementare con il coinvolgimento dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche e dell’Unità di supporto all’attuazione della Convenzione sulle armi biologiche, così come dei paesi medio-orientali e dei cinque paesi possessori di armi atomiche.
In vista della quinta sessione della Conferenza fissata per fine novembre alcune realtà come Pressenza, Medicina Democratica di Firenze, Lavoro e Salute, Pax Christi hanno condiviso un appello promosso da Emanuela Bavazzano e Giorgio Ferrari.
Il testo esordisce con la denuncia del grave rischio per l’umanità rappresentato dall’incapacità de ‹‹le classi dirigenti dei Paesi più potenti del mondo (che) non sanno parlarsi se non attraverso il linguaggio delle armi››. Questo secondo i promotori fa il paio con la tendenza a ‹‹sottovalutare i rischi di un conflitto generalizzato, dove l’idea di impiegare armi nucleari, cosiddette “tattiche”, viene ritenuta tutto sommato “accettabile”. […] Un’ondata di scellerato bellicismo, che permea nel linguaggio molte componenti della Società, prima tra tutte l’informazione, sta travolgendo ogni ragionevolezza: Pace e Disarmo sono termini banditi e chi li invoca è guardato con sospetto››.
Con l’intento di ‹‹trasformare la preoccupazione collettiva in azioni concrete, partendo dalle realtà dentro cui possiamo, e dobbiamo, promuovere alternative all’estinzione di massa›› i promotori ritengono un dovere etico imprescindibile quello di scongiurare la ‹‹minacciosa Armageddon di Israele che sta portando la guerra in tutto il Medio Oriente, dopo che un suo ministro aveva minacciato di incenerire Gaza con l’atomica››.
Le posizioni degli stati membri dell’ONU sulla Conferenza vedono uno schieramento largamente maggioritario di paesi, comprendente tutti gli Stati arabi e dell’Africa, oltre a Repubblica Popolare Cinese e Federazione Russa, contrapporsi al diniego di Israele e Stati Uniti, indirettamente sostenuti dall’astensione di quasi tutti gli Stati europei, Italia compresa. Per questo motivo l’appello è indirizzato principalmente alle istituzioni italiane, in primis al Presidente della Repubblica e al governo in carica, oltre che al Parlamento, per una presa di posizione chiara a sostegno di un trattato vincolante in merito, che ‹‹avrebbe delle notevoli implicazioni, certamente per le sorti del popolo palestinese, ma soprattutto perché, mettendo in luce la minaccia rappresentata dall’arsenale nucleare di Israele, potrebbe contribuire ad una de-escalation di tutta l’area medio-orientale, con potenziali riflessi significativi sull’area del Mediterraneo››.
I promotori sottolineano come il possesso segreto e non autorizzato della bomba atomica da parte di Tel Aviv, grazie al supporto francese e statunitense, non solo rappresenti una violazione del diritto internazionale, ma costituisca una seria minaccia da parte di un paese cronicamente promotore di guerre regionali anche per la sua mancata adesione al TNP (Trattato di Non Proliferazione Nucleare) e per il diniego all’IAEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) di effettuare ispezioni sulle sue installazioni nucleari, ‹‹così come non ha mai ratificato i trattati per la proibizione di armi chimiche e biologiche, al pari di Egitto, Corea del Nord, Sud Sudan, Somalia, Siria››.
L’obiettivo della campagna punta quindi a spostare la posizione italiana in favore della risoluzione vincolante attraverso l’elaborazione di un dossier conoscitivo e di una petizione pubblica, con cui ampliare la platea di sostenitori. In quest’ottica s’inserisce il prossimo appuntamento in programma per mercoledì 23 ottobre con una riunione operativa online da remoto anche per la definizione di un comitato promotore strutturato, la cui partecipazione è aperta su richiesta degli interessati.
Sebbene il piano di confronto risulti quanto mai inclinato, proprio per la crisi del multilateralismo, che soprattutto nella guerra israeliana a Gaza ed in tutta la regione registra sistematiche violazioni del diritto internazionale, a cominciare proprio dai diritti umani, fra attacchi ad obiettivi sanitari, utilizzo di armi proibite come il fosforo bianco, fosse comuni ed annientamento di civili inermi; questa apparente velleità ‹‹vuole collocarsi a fianco di tante (iniziative) che portano in piazza e nei luoghi istituzionali, […] nella convinzione che tutte le strade siano necessarie, la nostra è una, concreta e finalizzata, con un obiettivo ed una scadenza precisi››.
Tommaso Chiti