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Apologia di fascismo

di Luciano
Beolchi

1. Conservatore si definisce il Sallusti e vittima ergastolana della sopraffazione comunista da cui l’anima sua gentile sarà perseguitata per tutta la vita. Persecutrici sue sono le sinistre tutte, ma una provvida mano di soccorso al perseguitato inerme la offre il moderato Corriere della Sera mettendogli a disposizione due pagine intere con tanto di fotografie che raccontano lo strazio di una famiglia fascista, a partire dal nonno Biagio, giustiziato dai partigiani solo per aver dato ordine di fucilare Giancarlo Puecher, partigiano cattolico di venti anni medaglia d’oro della Resistenza. Una medaglia che avrebbero dovuto dare a Biagio, perché qualcuno, non si sa chi, aveva chiesto che i fucilati fossero quattro e lui si batté (contro chi? Il comandante di piazza, e non solo, era lui), perché di loro ne fosse ucciso uno solo. Biagio Sallusti, tanto fascista da essere tra gli ultimi a lasciare Mussolini a Como, non fu ucciso dai partigiani ma da un plotone di esecuzione italiano dopo regolare sentenza della corte di cassazione. L’Anpi di Como, Presidente Provinciale Manuel Guzzon – ah quanto vorrebbe sciogliere l’ANPI l’attuale governo! Magari a prezzo di qualche provocazione,- ha rilasciato la seguente dichiarazione che ci pare doveroso pubblicare:  “L’intervista rilasciata da Alessandro Sallusti ad Aldo Cazzullo al Corriere della Sera del 14 aprile 2025 contiene una serie di falsità lesive dell’onore dei combattenti della Resistenza. Il tenente colonnello Biagio Sallusti non era un militare sprovveduto ma il comandante del distretto militare di Como, aderente al partito fascista repubblicano e primo seniore della milizia fascista. Aveva il compito di assistere i familiari dei prigionieri e la sua ‘assistenza’ consisteva, come ampiamente dimostrato nel dibattimento processuale, in continue e reiterate vessazioni, violenze, percosse, insulti e minacce ai prigionieri. Nel dicembre 1943 presiede il tribunale, poi dichiarato illegittimo dalla stessa RSI, che condannerà a morte Giancarlo Puecher in un processo farsa. In nessun modo favorisce l’attenuazione delle condanne degli imputati come dichiarato. Gli unici ad intercedere a favore degli imputati sono l’avvocato difensore Gianfranco Beltramini e in parte il podestà Airoldi. Resta fedele fino all’epilogo al fascismo repubblicano e all’alleato nazista.
Biagio Sallusti non è stato fucilato dai partigiani bensì in esecuzione della sentenza di un regolare processo, emessa dalla Corte d’Assise straordinaria di Como, regolarmente costituita, oltre tutto dopo un ricorso respinto, e infatti la fucilazione avviene non all’indomani della Liberazione ma l’8 febbraio 1946. […] Riteniamo vergognoso il modo in cui le affermazioni contenute nell’intervista non siano state verificate prima della loro pubblicazione”.

Come venne a sapere Sallusti jr. di quel segreto di famiglia? Attraverso un libro di scuola che pubblicava affiancate le due lettere d’addio, della medaglia d’oro e del brigante nero che l’aveva fucilato. E dove poteva trovare Sallusti jr un libro di scuola che metteva sullo stesso piano due vite, due modi di pensare e di agire diametralmente opposti? “Nel suo ambiente”, gli ha suggerito di dire l’amico La Russa.
Si sapeva che con l’arrivo dei fascisti al governo la revisione della storia avrebbe conosciuto nuove fortune e il Senatore La Russa non si era lasciato sfuggire l’occasione con la notizia che i tedeschi uccisi in via Rasella altro non erano che un’innocua banda militare, dove banda sta nel senso di musicanti militari. Si era giustificato dell’inverosimile panzana dicendo che ricordava di averlo letto nella letteratura che circola nel suo ambiente: quello fascista tanto per essere chiari. Lo stile che impera è quello di un celebre precursore dell’apologia di fascismo, quel Giampaolo Pansa che proprio su quella costruì peritura fama Dopo una guida bibliografica della Resistenza in Piemonte passata inosservata  capì che c’era un pubblico vasto di nostalgici che gli avrebbe potuto dare  molta soddisfazione e cominciò con una quasi neutrale Storia dell’Esercito di Salò e poi si aprirono le cateratte con Il sangue dei vinti e una decina di volumi dove mantenne, come aveva già fatto nell’Esercito di Salò un metodo rigoroso. Forse stufo dell’esperienza bibliografica del primo libro, quella Resistenza in Piemonte che non gli aveva portato fama e denaro, decise che i suoi successivi non avrebbero conosciuto più una nota, una ricerca d’archivio, un documento e diede il via a una vera scuola storiografica moderna quella in cui ognuno dice quello che vuole, al più ripetendo come l’On sen. La Russa, quello che gli sembra di aver sentito dire “nel suo ambiente”.
Il suo stile, da allora in poi, sarebbe consistito nell’accendere un microfono e farsi raccontare la storia, quasi mai amena, delle innocenti vittime fasciste dell’orco partigiano e comunista. Cercate pure e nel libro non trovate una sola nota a ricerca e conferma dei fatti: i fascisti non facevano altro che compiere il loro onorevole dovere. Narrazione unilaterale, dunque. In Italia furono oltre 4.000 le stragi condotte dai nazifascisti. Non c’è una nota, una ricerca d’archivio, un documento che non sia unilaterale.
Innocenti e monde tali sono le Brigate Nere, la GNR e la X Mas descritte da Pansa.
Di fianco a questi, c’è la resurrezione in toni assai più che apologetici, dei cavalli di battaglia delle penne fasciste, da Porzus, alle foibe, all’oro di Dongo.
Con loro viene schierato anche il Sallusti nonno che, innocente come un agnello tra gli altri agnelli, aveva seguito al Nord, il capo della RSI e il suo poco encomiabile esercito che nonostante lo sfoggio di nuove più bellicose divise era secondo il Pansa fatto poco più che di tutori locali dell’ordine: anzi, più vigili urbani che militari.

2. L’apologia di guerra è quella che fanno quotidianamente il Corriere della Sera e i suoi emuli. In una guerra, lo sanno anche i bambini, la prima vittima a cadere è la verità. Ciascuna delle parti inventa panzane a sostegno del proprio operato.
Caso recente, in Ucraina, è stato quello del bombardamento di Sumy quando, a detta del Corriere, gli ignobili russi avevano lanciato due missili contro un affollamento di civili. Molti i morti e i feriti. Solo un bastardo può fare una cosa del genere, aveva tuonato Zelensky.
Una guerra è una guerra e finché dura si spara al nemico cercando di fargli più male possibile, hanno risposto i russi. Si viene così a sapere che l’affollamento generico di civili era in realtà una manifestazione pubblica a sostegno del governo in cui si distribuivano medaglie e onorificenze ai combattenti Una manifestazione cui erano presenti i militari che andavano premiati insieme ai loro famigliari. Tutto questo a pochi chilometri dal fronte, tanto è vero che il governatore civile locale è stato prontamente allontanato e sarà con ogni probabilità processato dal suo governo.
Chi riporta la propaganda di una parte sola è non solo partigiano di quella parte, il che è forse legittimo in guerra, ma è soprattutto partigiano della guerra ad oltranza, e si dà da fare attivamente perché continui. Perché anche nel caso di Sumy, come in molti altri di questa guerra, le informazioni sulla responsabilità dei fatti erano circolati da subito, pur se provenienti dalla parte belligerante opposta.

3. Apologia di una guerra persa che era guerra sbagliata, inutile ed evitabile fin dall’inizio e gli anni non ne hanno cambiato la natura. La responsabilità dei media che si allineano ai nuovi padroni fascisti e costituiscono con loro il partito della guerra è grande. Anche le responsabilità per i quotidiani morti al fronte, anche per i morti di Sumy. La Kallas aveva chiesto quaranta miliardi di euro per proseguire una guerra persa quando la punta di lancia dello schieramento antirusso sta tranquillamente trattando la pace col nemico: l’unico del resto con cui si può trattare la pace, soprattutto se quel nemico che doveva essere disintegrato è risultato alla fine vincitore.
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea e Mark Rutte, segretario generale vorrebbero continuare la guerra e spingono a farlo anche Zelensky che però ne ha alcuna voglia; ma dopo innumerevoli sparate bellicose non può essere il primo a ritirarsi.
L’Unione Europea ondeggia, traballa, ma sembra proprio che voglia cominciare la guerra di Ucraina fase due, partendo con una potenza militare nettamente inferiore alla fase uno, quando a guidare le danze c’era la potenza più forte del mondo intero e quando soprattutto gli ucraini credevano di essere dalla parte giusta; e ciononostante la guerra è andata persa. E vuole guerreggiare quando è risaputo che la maggior parte dell’intelligence indispensabile a questo tipo di guerra era offerta dagli americani; e gli effetti disastrosi del suo ritiro si sono visti nei dieci giorni in cui l’America ha evitato di condividere con gli ucraini quelle informazioni satellitari, e non solo, che tenevano in piedi l’esercito ucraino.
Alla dose quotidiana di dichiarazione bellicose, l’Unione Europea aggiunge le accuse quotidiane più offensive a Putin che si accusa di non voler la pace quando le trattative – in assenza di Ucraini e Unione Europea, tenute fuori dalla porta – procedono anche se l’Unione Europea fa di tutto per vanificarle. Sarebbe Putin, vincitore sul campo, a non volere la pace quando è l’Europa a non voler discutere le sanzioni che pesano sulla Russia, non intende dare alcuna assicurazione circa la sicurezza futura della regione e infine non accenna neanche alla restituzione di 300 miliardi di dollari che l’Unione Europa ha sequestrato alla Russia dall’inizio del conflitto, oltre ai patrimoni privati messi sotto sequestro da Europa e sodali.
Noi siamo per la pace immediata, La concessione delle tre richieste preliminari al cessate il fuoco non toglie niente all’Europa, se non il fatto che metaforicamente ci perde la faccia. È un boccone indigesto per l’Europa, ma è persino più indigesto per la Russia dovere ammettere che la guerra finisce senza aver conquistato le tre capitali dell’Est (Kharkov, Dnipro e Zaporidje); nonché quello che è il sogno di tutti i nazionalisti russi, Odessa. Zelensky è andato molto avanti nel reprimere le libertà e i diritti delle forti minoranze russofone in Ucraina: l’uso della lingua, la rappresentanza parlamentare, le libertà di praticare la propria religione nella Chiesa Ortodossa russa, gli arresti e le discriminazioni della minoranza russa; e anche lì, il sequestro di beni e immobili di proprietà di cittadini russi e di cittadini ucraini russofoni. Anche per questo protagonismo Trump non ha voluto che Zelensky fosse presente alle trattative. 

Luciano Beolchi

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