Riprendiamo da effimera.org –
La scomparsa di Alberto Magnaghi (1941-2023) lascia un ulteriore e davvero irrimediabile vuoto della nostra storia comune. Vogliamo ricordarlo con le parole di Tiziana Villani che con lui ha condiviso molti pensieri, progetti, incontri dedicati al territorio e all’urbanistica e ha pubblicato, come Eterotopia France, alcuni suoi testi. A seguire, in questa pagina che gli dedichiamo con grande affetto, l’intervento che Magnaghi fece in occasione del convegno per la presentazione del libro “Guido Bianchini. Ritratto di un maestro dell’operaismo” (DeriveApprodi), 10 maggio 2022, Università di Padova, Palazzo Wollemborg
Che Alberto Magnaghi fosse malato lo sapevamo da tempo, ma fino all’ultimo non ha lasciato che la malattia, di cui non ha mai fatto mistero, avesse il sopravvento sui suoi progetti, sul suo impegno, sui suoi affetti.
Va riconosciuto ad Alberto Magnaghi un lungo percorso di ricerca che si è articolato in molte fasi che tra loro intrecciano una profonda coerenza. Si tratta di un percorso di vita esistenziale, intellettuale, politico e militante che dunque ha attraversato molte fasi, sapendo rimettere in discussione assunti di partenza ogni volta che questo si rendeva necessario.
Magnaghi fondatore di Potere Operaio non è altra cosa da Magnaghi che crea la Società dei Territorialisti e si impegna sul piano del bioregionalismo, dell’ecologia. La questione del potere, del dominio e dell’espropriazione degli ambienti e delle vite è rimasta centrale in tutte le fasi della sua ricerca. Di una vita, di un uomo, di un compagno, di un intellettuale va assunta l’interezza del suo percorso.
Ho avuto la fortuna di incrociare la mia formazione con i suoi testi sin dalla fine degli anni Settanta attraverso la lettura e lo studio dei “Quaderni del territorio”, eretico esperimento teorico e metodologico di interrogare la spazialità attraverso le sue configurazioni economiche, sociali e di classe. Poi naturalmente la militanza in Potere Operaio, il carcere reso nella narrazione Un’idea di libertà (DeriveApprodi, 2014) in cui anche un’esperienza così estrema diventa stimolo per qualcosa da creare, condividere… un tavolo, un tavolo come ottenerlo?
Magnaghi riprende il suo percorso anche grazie a un ambito di ricerca universitario, di compagni e amici che non lo hanno mai abbandonato, ma c’è una svolta, dal territorio prevalentemente urbano l’accento si sposta sulla bio-regione intesa come un ecosistema di relazioni volto a costituire uno spazio di sottrazione dal dominio del capitale.
La riflessione non si declina in un ambito puramente teorico, ma si sperimenta in progetti e luoghi soprattutto in Italia e Francia, dalla Toscana e dalla Puglia all’Aquitania. In questo senso la Società dei territorialisti sia italiana che francese è chiamata a sperimentarsi con delle contro-proposte verso lo stato dominante della sottrazione e privatizzazione dei territori.
Non c’è nessun romanticismo, né intento nostalgico in quest’operazione quanto una messa a valore delle possibilità esistenti, a partire dal presente, di progetti/processi che non siano sottoposti all’economia di rapina.
Le bibliografie e le ricerche di Alberto Magnaghi sono davvero molte, ma alcune segnano i passaggi prima evocati, dalla La città fabbrica. Contributi per un’analisi di classe del territorio, con Augusto Perelli, Riccardo Sarfatti, Cesare Stevan, CLUP, Milano 1970 a ll progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino 2000; nuova edizione accresciuta: Il progetto locale. Verso la coscienza di luogo, Bollati Boringhieri, Torino 2010 fino a Il principio territoriale, Bollati Boringhieri, Torino 2020 e tanti altri.
Mi preme però ritornare sulla questione del potere così avvertita da Magnaghi, poiché in occasione di un dibattito in Calusca-Archivio Primo Moroni- Cox 18, pose la questione del potere rivolgendosi a un amico/compagno di Potere Operaio chiedendogli: “volete ancora il potere?”, per lui la risposta implicita era quella del lavoro sui “micropoteri”, sulle relazioni locali, in una prospettiva simile a quella di André Gorz.
Alberto era burbero e dolcissimo, in ogni caso determinatissimo nella persecuzione dei suoi progetti e dei suoi obiettivi. Non ho sempre condiviso alcune sue visioni, ma vi ho sempre riconosciuto l’onestà intellettuale di lavorare in direzione di un “sovvertimento di senso” rispetto a un capitalismo opprimente.
Ho voluto, abbiamo voluto, inaugurare con lui la nostra avventura francese e fino alla fine abbiamo pubblicato e tradotto i suoi testi che riteniamo necessari, in Francia dove l’approccio di Alberto Magnaghi ha incontrato molti riscontri, soprattutto a partire dal primo volume La Biorègion urbaine (Eterotopia France, 2014) sino all’ultimo volume Le principe territoire (Eterotopia France, 2022), ne abbiamo molto discusso, ma Alberto al di là del suo burbero modo di discutere era in realtà umile e disponibile all’ascolto, aristocratico e attento, acuto e testardo.
Manca un maestro, manca un amico, manca un compagno con il quale spesso non mi sono trovata in sintonia, l’urbano mi interroga ancora come forma ricca e non solo di rapina, ma ho imparato e messo in opera forme di studio e di ricerca che ora mancano in modo tangibile.
“Un popolo manca” per dirla con Deleuze, non proprio nelle corde di Alberto, mancano gli incontri, le suggestioni, una razza di eretici ancora capaci di essere “pensatori di universi” e di mondi come avrebbe indicato Giordano Bruno.
Non possiamo recidere i fili e le trame di quanto è la nostra storia, ma soprattutto il nostro presente.