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6 aprile

di Roberto
Musacchio

Per la prima volta dall’inizio di questa fase del conflitto ucraino, con tutte le escalation e le conseguenze europee e globali, abbiamo avuto in Italia, finalmente, una grande manifestazione di massa contro la guerra e il riarmo (e per la Palestina). Una manifestazione, quella lanciata dai Cinquestelle, che ha avuto un valore multiplo. Era di massa, popolare, politicamente intelligente e aperta, sostenuta da ragionamenti che si sono espressi sul palco che avevano uno spessore importante, in grado di smontare il ciarpame costruito da mass media e poteri forti ma anche, purtroppo, da alcune istituzioni. Penso, per citarne solo due, agli interventi di Barbara Spinelli (precisissimo sulle ragioni per cui non è data la possibilità e l’opportunità di un esercito europeo privo di una Costituzione di riferimento) e a quello di Alessandro Barbero, sulla storia e la realtà della situazione attuale e della UE. Contemporaneamente l’onda azzurra costruita da Repubblica per sostenere l’Europa reale è andata scemando e subendo contraccolpi e tentativi di “aggiustamento”. A Bologna da piazza Maggiore che era stata programmata si è scesi alla ben più ridotta piazza del Nettuno, passando dalle decine alle poche migliaia di presenze. E qualche intervento ha cercato ponti.
Comunque le demonizzazioni messe in atto da tutto il mondo dell’europeismo reale sono state durissime e al limite del maccartismo. D’altronde la posta in gioco è molto alta. La contesa tra liberali e destre sulla gestione di questa nuova fase che dalla globalizzazione volge al feudalesimo tecnocratico. La storia insegna che questo tipo di contesa può determinare disastri se non interviene una soggettività di massa alternativa, pacifista e socialista. Ben vengano dunque quelli che se ne accorgono.
La piazza del 5 ha innervosito anche chi pensa alla politica in termini di autopromozione messianica che prescinde dalla realtà e dalla efficacia affidati perciò alla capacità del bene di smascherare il male, essendo il bene in poche mani e il male un po’ ovunque e quindi da disvelare ed estirpare. Per me una cosa che non torna con ciò che penso debba essere il modo di fare della politica e della mia idea di cultura comunista.
Sarà dunque bene che ciò che è stato il 5 si consolidi anche riflettendo su se stesso e favorendo l’emergere e il dispiegarsi di una pluralità. Culturale e politica.
Anche per questo ho letto con attenzione le pagine che Il Fatto ha dedicato il giorno dopo alla manifestazione dell’Oceano Pacifico come recita il titolo di copertina che sta sulla foto del bandierone della pace portato da Rifondazione Comunista. C’è molta riflessione sul rapporto con la sinistra tra gli articoli che citano anche un vecchio riferimento fatto da Casaleggio ad Enrico Berlinguer come nume tutelare. Credo di non sbagliare nel dire che quel popolo di “gente normale” che il 5 stava in piazza e che è arrivato a gonfiare le urne del movimento oltre il 30%, un tempo poteva ritrovarsi col PCI. Partito comunista e popolare. I Cinquestelle hanno una storia e una matrice diversa, articolata ed anche contraddittoria. Occupano però anche lo spazio lasciato dal PCI e per un lungo periodo occupato in parte da Rifondazione Comunista che non sfondò mai però il muro del 10%. La matrice identitaria, dicevo, è sfaccettata. Ho con loro punti di diversità significativi su legalità e migranti. Ma sono una forza che sa cambiare. La scelta pacifista e sulla Palestina è importante. Quella di aderire al gruppo europeo The Left, che per quello che potevo ho sostenuto, utile al gruppo e a loro. Il 5 Rifondazione ha investito tanto e sinceramente nella manifestazione con tantissimi compagni presenti. Non certo una delegazione formale. Sul Fatto se ne dà atto e se ne parla, anche attribuendo qualche striscione che non era di Rifondazione. Penso che questo dialogo politico, e non politicista, sia possibile e necessario. La piazza del 5 è stata fatta dai Cinquestelle e non è stata fatta né dalla sinistra parlamentare, né da quella fuori delle istituzioni, né dai movimenti. Ma tutte queste realtà erano in piazza e così stanno le cose. Che sono talmente gravi e serie che nessuno si può permettere di volare basso. I Cinquestelle di fare la bella copia del PD. La sinistra nelle istituzioni di testimoniare senza muovere forze. Quella fuori di puntare sul disvelamento. E i movimenti di non riprendere il loro ruolo. Tutti dobbiamo fermare le guerre militari ed economiche. Non è cosa da poco ma non si può fare di meno.
Quindi occorre lavorare con grande lena, apertura, approfondimento.
Sarebbe quanto mai importante se ci fosse un appuntamento grande e nazionale promosso questa volta in forma unitaria, da movimenti e soggetti politici.
Altrettanto importante una dimensione europea come quella proposta dall’appello Stop ReArm proposto da Transform!Europa e tanti altri.
Iniziative per un rilancio di una logica alternativa a quella della orrenda risoluzione sulla difesa comune approvata dal PE recentemente e che poggino invece sulla proposta, avanzata anche da un appello delle Fondazioni Di Vittorio e Basso, dal CRS e dai costituzionalisti per la democrazia, di una nuova Helsinki, a 50 anni dalla prima che, in piena guerra fredda, riuscì a convenire sulla idea di sicurezza comune, di contenimento dei conflitti, di legalità internazionale, cooperazione e diritti. Un quadro opposto a quello proposto oggi.
E servono iniziative anche contro le guerre economiche, che poi sono sociali (la lotta di classe rovesciata) che ora vedono i dazi arrivare dopo i dumping e i surplus esportativi e che chiedano una uscita da sinistra da Maastricht e dal patto di stabilità, per fare “burro e non cannoni” come invece fa la Germania e come propone il governo italiano.
C’è un intreccio di fondo tra le ragioni della pace e quelle sociali. Per questo serve un grande movimento di massa permanente e una sinistra che ne sia protagonista.

Roberto Musacchio

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