intersezioni femministe

1° maggio: festa del lavoro?

di P. Guazzo,
N. Pirotta

Nell’epoca della precarietà, della vita e dei diritti,  che il lavoro sia una festa è cosa tutta da dimostrare.
Specie se si è donne.

Dal “Rendiconto di genere 2024” presentato dall’INPS si evince che il tasso di occupazione femminile in Italia si è attestato al 52,5%, rispetto al 70,4% degli uomini, evidenziando un divario di genere significativo pari a 17,9 punti percentuali.
Le assunzioni femminili hanno rappresentato solo il 42,3% del totale. L’instabilità occupazionale coinvolge soprattutto il genere femminile: solo il 18% delle assunzioni di donne sono a tempo indeterminato a fronte del 22,6% degli uomini.
Le lavoratrici con un contratto a tempo parziale sono il 64,4% del totale e anche il part-time involontario è prevalentemente femminile: 15,6% degli occupati, rispetto al 5,1% dei maschi.
La differenza di retribuzione resta un aspetto critico: nell’attività manifatturiera  è pari al 20% nelle attività manifatturiere e nel commercio si arriva a quota 23,7%!
Le donne continuano ad essere le prime nel lavoro di riproduzione sociale e domestica.
Nel 2023, le giornate di congedo parentale utilizzate dalle donne sono state 14,4 milioni, contro appena 2,1 milioni degli uomini.

Questi i dati che, puntualmente, ogni anno vengono riconfermati. Come un disco rotto che ripete in continuazione la stessa musica.
Se non si cambia il modo di lavorare e produrre, quindi di vivere, come il femminismo – in alcune sue declinazioni più che in altre – auspica da tempo con una chiara prospettiva ( la rivoluzione della cura versus la logica del profitto e dello sfruttamento), saremo costrette a ripetere ogni volta le stesse litanie.
In questa direzione ci è parso utile pubblicare il link di un articolo di “In genere“  (https://www.ingenere.it/), rivista online di informazione, approfondimento, dibattito e proposte su questioni economiche e sociali analizzate in una chiave di genere, in cui si riflette sulla relazione tra mito della crescita, sfruttamento delle risorse ambientali, povertà e ruoli di genere. E si indica la strada verso “un alfabeto che sappia nominare le connessioni tra corpi, denaro e natura”.

Paola Guazzo e Nicoletta Pirotta

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