«Ogni volta che è in gioco il linguaggio,
la situazione diviene politica,
perché è il linguaggio che fa dell’uomo un essere politico»
(H. Arendt, Vita activa,1958).
«L’inconscio è la politica»
(J. Lacan, Il Seminario, La logica del fantasma, 1966-67)
Dopo aver ottenuto l’approvazione della Camera, la proposta di legge per la «prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere e alla disabilità» dovrà passare all’esame della Commissione giustizia del Senato. Più nota come legge Zan, integra in sostanza la già sperimentata legge Mancino, che prevede specifiche aggravanti nei reati commessi per motivi etnico-razziali e religiosi.
Il provvedimento ha come obiettivo la prevenzione dei fenomeni omolesbobitransfobici. Da una parte estendendo i già normati reati d’odio (istigazione a delinquere e/o atti di violenza), se agiti nei confronti di persone «a partire dal sesso, dal genere, dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere», e dall’altra proponendo una serie di politiche attive che educhino e sensibilizzino al rispetto verso tutte e tutti. Una legge che conferma e in qualche modo aggiorna i principi costituzionali di riconoscimento della pari dignità per ciascuno e ciascuna.
D’altra parte, laddove il legame sociale evidenzia tutta la sua incapacità di tenuta, si fa sempre più appello alla legge che, attraverso nuove norme, ha come inevitabile esito quello di identificare e categorizzare le differenze, oltreché moltiplicare le identificazioni che domandano riconoscimento e tutela.
Non sfugge di certo come tale disegno di legge esprima l’esigenza di intervenire in una situazione che vede l’intensificarsi di manifestazioni d’intolleranza e di aggressività, nonché di violenza, nei confronti di persone in ragione del loro orientamento sessuale.
Il Ddl Zan ha incontrato in Italia un’aspra critica da parte dei partiti di destra e delle associazioni più conservatrici di matrice cattolica, secondo cui il provvedimento rischierebbe di avallare l’estensione del diritto all’adozione e alla filiazione alle coppie gay e lesbiche, con relativa approvazione della maternità surrogata, a tutt’oggi vietata nel nostro paese, nonché, in modo del tutto surrettizio, incoraggiare ogni forma di prostituzione. Appellandosi alla difesa della sacralità della “famiglia naturale”, si è arrivati anche a paventare il pericolo di una limitazione della libertà d’espressione e di religione: una tesi, per quanto strumentale, che ha tuttavia incontrato una qualche condivisione anche in settori della “sinistra” parlamentare. A riprova che quando si parla di sesso e di orientamento sessuale entra in gioco qualcosa che nell’essere parlante non sta alla norma e rappresenta sempre un’eccezione, ovvero la pulsione.
Come se non bastasse è di questi giorni l’intervento di monsignor Paulo Richard Gallagher, Segretario per i rapporti con gli stati, che è intervenuto chiedendo formalmente allo Stato italiano di modificare il Ddl, accusandolo di violare la revisione del Concordato firmato nel 1984.
Un intervento senza mezzi termini e senza precedenti che entra a gamba tesa nella politica italiana.
Un intervento al quale fanno eco le parole che, dopo alcuni giorni, rompono il silenzio di papa Francesco, pronunciate alla fine della meditazione con la quale ha introdotto la preghiera mariana dell’Angelus, recitata insieme ai fedeli in piazza San Pietro: «Non giudicare la realtà personale, sociale, degli altri. Dio ama tutti! Non giudicare, lasciate vivere gli altri e avvicinatevi con amore».
Il già non facile iter del decreto legge ha visto aggiungere all’omolesbobitransfobia e ai comportamenti discriminatori basati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere anche la misoginia e i comportamenti discriminatori basati sul sesso e sul genere, includendo così le donne tra i soggetti da tutelare. Ciò ha fatto emergere divisioni all’interno del Movimento femminista, fra quante sono favorevoli a questa inclusione, poiché ritengono che le discriminazioni contro le donne abbiano tutte la stessa radice eteronormativa e patriarcale e quante invece, ritengono che essa riduca le donne al rango di una minoranza fra le altre.
La divisione che oggi si esprime all’interno del Movimento femminista, non soltanto in Italia, attraverso aspre critiche e reciproche accuse e che si tenta di neutralizzare attraverso la sua pluralizzazione, ha radici profonde e sembra destinata a non ricomporsi facilmente, almeno sul terreno aperto dal linguaggio giuridico, un linguaggio che mira alle classificazioni e all’universalizzazione.
Il Movimento femminista italiano si è costituito ed è cresciuto a partire da pratiche condivise. Ed è per questo che l’approfondimento al suo interno, attraverso lo scambio e il confronto di alcuni significanti come sesso, genere, identità e conflitti, potrebbe essere un terreno utile su cui confrontarsi, laddove la politica, intesa come il discorso del padrone o dell’inconscio, come ci ricorda Lacan1, non può esserci d’aiuto.
Cosa il discorso dello psicoanalista può apportare sul terreno dell’«essere uomo» o dell’«essere donna»? Come aprire la strada a una nuova concezione della ripartizione sessuale fuori dalle secche della biologia come destino o del genere inteso come un insieme di norme culturalmente precostituite e imposte?
Già Freud nella sua Conferenza del 1931 dirà che la femminilità ha un «carattere sconosciuto che l’anatomia non è in grado di cogliere»2, e di seguito: «Neanche la psicologia è in grado di sciogliere l’enigma della femminilità»3. Per Freud insomma la femminilità ha rappresentato un impossibile enigmatico da decifrare, la roccia basilare4 contro la quale s’incagliavano le cure analitiche, di uomini e di donne.
Ed è stato J. Lacan, con il suo ritorno a Freud, a mettere nuovamente la questione della femminilità al centro del dibattito nella comunità analitica. In psicoanalisi le categorie di uomo e di donna non sono sotto l’egida delle norme, piuttosto il risultato di un percorso soggettivo dell’essere parlante che porterà il segno dell’interesse singolare che lei o lui prova nei confronti del suo desiderio.
Nessuna norma permette al soggetto di dare un senso al sesso, «la prospettiva dell’inconscio fa del sesso il luogo di una domanda che conduce il soggetto a inventare il proprio rapporto con il genere, a partire dalla sua esperienza del desiderio».5
Proprio come gli stereotipi di genere, le norme considerano gli esseri parlanti come esemplari appartenenti a classi o a categorie, e non come esseri unici. Incontrare la psicoanalisi significa dunque incontrare un luogo che è l’antitesi di ogni sottomissione alle norme, così come un’analisi ha come obiettivo di far emergere la differenza assoluta.
Sarà proprio il termine sessuazione, coniato da Jacques Lacan, a dare conto del divenire dell’essere umano nell’assunzione della propria soluzione e dell’insondabile decisione dell’essere di fronte alla propria posizione sessuale.
Anche il tema dell’identificazione è centrale nella clinica psicoanalitica. Un’esperienza analitica incide sulle identificazioni immaginarie e simboliche, e porta a isolare un punto identificatorio strutturale e fondativo, quell’S1 (significante padrone) che si rivelerà come ciò che ha governato a sua insaputa, le diverse identificazioni del soggetto. L’ultimo insegnamento di Lacan spinge la questione dell’identificazione fino a individuare nel sinthomo6 ciò con cui al termine dell’analisi ci si può identificare, elemento di godimento irriducibile e singolare.
Come sappiamo, il legame sociale contemporaneo si struttura diversamente rispetto ai tempi sia di Freud che di Lacan, seppure quest’ultimo l’avesse lucidamente predetto. La caduta degli ideali a favore dell’ascesa allo zenit degli oggetti di consumo e di godimento produce effetti di isolamento, generando individualismo, frammentazione dei legami, segregazione e auto-segregazione, fino alla violenza agita contro l’altro.
Potremmo pensare allora che l’odio che si scatena violentemente contro le donne possa essere il frutto della volontà totalitaria di riuscire a piegare al “tutto fallico” la resistenza del non-tutto femminile? Così come la violenza che colpisce colui o colei che s’identifica come “diverso” non sia altro che l’espressione dell’«odio del godimento dell’Altro»7, ciò che è alla base di tutte le forme di razzismo?
Sono questi alcuni degli interrogativi ai quali la politica non dovrebbe fare a meno di cercare di dare risposte.
A mettere al lavoro questi interrogativi ci viene in aiuto Jacques-Alain Miller, psicoanalista e curatore dell’opera di J. Lacan, nel suo intervento alla conferenza di Madrid: «Per operare in politica, affidarsi all’autonomia del proprio pensiero è necessario quanto abbassare il livello delle identificazioni e ottenere che ciascuno faccia riferimento alla propria opinione. Detto altrimenti, non massificare le reazioni, non farsi incantare dal riferimento a un capo. Al contrario, si tratta di fare qualcosa di multiplo, di articolato e discusso».8
Potremmo dire una politica al femminile, una politica che voglia mantenere la singolarità di ciascuna, ciascuno e ciascunƏ come bene inalienabile.
*[Le nor-mâle (la legge del maschio), sarà il titolo delle Giornate cliniche dell’École de la Cause Freudienne che si terranno su piattaforma online il 20 e il 21 novembre 2021.]
** Laura Storti: Analista membro della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi e dell’Associazione Mondiale, Coordinatrice del Consultorio di psicoanalisi Applicata-Il Cortile all’interno della Casa Internazionale delle Donne di Roma.
- Lacan, J., Il Seminario. Libro XVII. Il rovescio della psicoanalisi, Einaudi, Torino 2001.[↩]
- Freud, S., Introduzione alla psicoanalisi, nuova serie di lezioni, Opere, vol. XI, Boringhieri, Torino 1989, p. 221.[↩]
- Ibidem.[↩]
- Freud, S., Analisi terminabile e interminabile, Opere, vol. XI, Boringhieri, Torino, 1989, p. 535.[↩]
- Leguil, C., L’essere e il genere. Uomo /donna dopo Lacan, Rosenberg&Sellier, Torino 2019, pp.66-67.[↩]
- Lacan, J., Il Seminario. Libro XXIII. Il Sinthomo, Astrolabio, Roma 2006.[↩]
- Miller, J.-A., Le cause oscure del razzismo, in Attualità Lacaniana, n. 28, Rosenberg&Sellier, Torino 2020, p.28.[↩]
- Miller, J.-A., Campo freudiano Anno zero, (a cura di Marco Focchi), Roma, NeP Edizioni, 2018, p.50.[↩]