editoriali

Sugli Stati Generali dei 5 stelle

di Stefano
Galieni

Paola Nugnes, Elena Fattori e Gregorio De Falco sono stati eletti al Senato con il M5S. Da tempo se ne sono allontanati, I tre si sono opposti duramente ai “decreti Salvini”.

Nugnes e De Falco sono stati addirittura espulsi dal Movimento. Su De Falco pesa anche l’essersi opposto, insieme a Nugnes ad un condono delle case abusive ad Ischia inserito nel cd “decreto Genova”. Da tempo lavorano insieme nel Gruppo misto – Nugnes in rappresentanza di Rifondazione Comunista – ma guardano a quella che è la vicenda del movimento con cui sono stati eletti con maggiori strumenti di comprensione.

Li incontriamo mentre gli “Stati Generali” del movimento volgono al termine e partiamo da questi per comprendere cosa sta accadendo in questa forza politica. «Gli Stati Generali sono un tentativo di compattare costruito a tavolino – esordisce Fattori – senza ascoltare la base di un movimento ormai disgregato. Si è votato on line per decidere chi poteva parlare o no. Si tratta di un tentativo di cambiare le regole del gioco. Garantendo il terzo mandato alla classe dirigente». «Condivido quello che dice Elena (Fattori Ndr) – precisa Nugnes – anche se credo che gli Stati erano nati da una spinta autentica.

Ho assistito ad assemblee che erano frutto di un processo interno. Ma è una storia bloccata in partenza. Già a suo tempo il sindaco di Parma, Pizzarotti, chiese un’assemblea nazionale scatenando l’ira di dio. Ora lo scettro è saldamente in mano a Di Maio che mirava ad una segreteria fedele indipendentemente dai temi, dai contenuti, dal percorso. Le premesse erano buone, sono stati fatti errori perché non esiste una reale struttura. Chi dirige il tutto ha ribaltato la situazione per definire un indirizzo e una segreteria. Io non credo alle divisioni in fazioni nel movimento. Si tratta di confezioni diverse di uno stesso prodotto.

Si tratta di una delle regioni che mi ha fatto sentire profondamente ingannata». Interviene De Falco: «Le mie colleghe conoscono meglio di me il movimento. Io non so da dove sia partita la voglia di tenere gli Stati Generali. So che il gruppo della Camera avrebbe voluto un vero e proprio congresso. Non mi interessa capire da dove sono partiti ma vedere dove sono arrivati. A mio avviso non ci saranno correnti, la divisione del potere offre troppi vantaggi. Non rimarrei meravigliato se nei prossimi giorni risalissero le quotazioni di Di Maio, magari con qualche iniziativa internazionale con ricadute nelle questioni interne.

Quello che si conferma è che il Movimento è uno strumento di gestione del potere per il potere stesso. A gestire tutto ci saranno le stesse 30 persone di prima, quasi tutte in parlamento, non per rinsaldare la base ma il peso dei parlamentari fino al 2023, alle prossime elezioni e tenendo Casaleggio fuori dai giochi». «Intanto parla Conte e Casaleggio ha declinato l’invito a partecipare. Lui e Grillo hanno lasciati ben posizionati i fedelissimi trascinando i “movimentisti” e utilizzando Di Battista come “zuccherino per i cavalli”. – interviene Nugnes – È una pantomima parlare di mancanza di trasparenza.

Nei giochi Di Battista rappresenta Casaleggio, Grillo è rappresentato da Fico e Di Maio in tal senso rappresenta entrambi». Secondo Fattori si sta consumando una pura guerra di potere che non cambierà nulla: «Casaleggio ha la piattaforma e i dati. Questo gli dà un grande potere. Così può provare imporre il suo no al terzo mandato. Si tratta di soldi e potere e non di principi. Di Battista secondo me è solo un attore in tale contesto.

Non esiste democrazia, non si è voluto neanche riconoscere il ruolo dell’assemblea dei parlamentari o la richiesta di cambiare lo statuto. Si tratta di una lotta il cui obiettivo è l’inserimento del terzo mandato. Non ce li vedo molti a tornare a fare i lavori che svolgevano prima. Di Battista pensava che la legislatura sarebbe durata meno e ora si ritrovano con una classe dirigente abusiva. Io comprendo che risponda alle esigenze del gruppo parlamentare ma che ormai è solo il bisogno di non far cadere il governo. Non c’è stato nessun ricambio nei vertici del Movimento in 10 anni, i ruoli non sono scalabili e addirittura chi ha troppo successo elettorale e non fa parte della cerchia dà fastidio».

«Io penso che il gruppo che governa il Movimento non voleva neanche gli Stati Generali – riprende Nugnes – C’era un esigenza a cui non è stato neanche dato modo di esprimersi e a quel punto hanno “inguantato” l’evento per non farla venire a galla». E De Falco rincalza: «Concordo con Elena Fattori quando parla di un gruppo dirigente inamovibile, non c’è spazio per gli outsider. Noi, del resto li mettevamo spesso in discussione».  «Esatto ribatte – Fattori – Quando noi contestavamo già il primo “dl sicurezza”, Morra ci bloccò immediatamente». «Intanto si rinnova un dispositivo nella manovra che permetterà ai parlamentari, a tutte e tutti, di avere a disposizione 800 milioni di euro da impiegare per le esigenze del collegio in cui sono stati eletti. Altro che volontà di togliere privilegi». Chiude secca Nugnes.

A questo punto resta da capire cosa intenda fare il Movimento con l’approssimarsi delle prossime elezioni amministrative che saranno un altro banco di prova. Anche su questo tema il giudizio dei 3 senatori è netto. Secondo Fattori: «Il terreno delle amministrative è ormai abbandonato dal Movimento se si eccettuano città simboliche come Roma, Milano e Napoli. Le attività nei territori confliggono con quelle di governo e per tali ragioni vengono abbandonate. Io ho avuto l’esempio concreto a Genzano, dove vivo. Avevamo il sindaco che voleva realizzare un progetto di accoglienza ex Sprar. Ovviamente è stato lasciato da solo e si è andati ad elezioni anticipate. L’obiettivo di chi governa oggi il Movimento è, secondo me, di portarlo ad essere una forza del 10 /15% in grado di entrare e di appoggiare chi è più forte di volta in volta in maniera opportunista. Dicono di avere un programma e di allearsi con chi ci sta ma in realtà le battaglie territoriali danno fastidio, rischiano di dare visibilità a chi potrebbe voler scalare il partito. Per questo escludono dal dibattito chi è realmente dissidente ed arrivano alle espulsioni. Dicono ancora 1 vale 1 poi vanno a casa di Grillo per trovare accreditamento personale e hanno gioco facile mancando di struttura.

«Io ormai non conosco i loro obiettivi ma il “partito di massa” non è mai stato nelle loro corde – continua Nugnes – Meglio essere l’ago della bilancia che oscilla da destra a sinistra senza prendersi responsabilità. Non vogliono trovarsi in difficoltà come a Taranto, preferiscono essere una sorta di Udc senza dover rendere conto a troppe persone». De Falco condivide ma aggiunge :«Superata una fase, quella della raccolta del consenso fondato sull’abbandono delle ideologie, il meccanismo non regge.

Cambierà la legge elettorale e avremo un “nuovo Movimento” la cui base sarà costituita da persone fidelizzate e acritiche per gestire il potere, per ora in simbiosi col Pd. Però vogliono evitare assolutamente di avere il problema della gestione del territorio. Taranto per loro è stata una “Caporetto” e gli Stati Generali sono stati una modalità per rimettere in sella Di Maio, Morra, Taverna e gli altri. Si continuerà ad agire così fino all’esaurimento dei fedeli da sistemare». E poi, ricorda Fattori, ci sono altri strumenti di potere che sono il simbolo e i soldi: «Di Maio insieme a Casaleggio è padrone del simbolo. In più Di Maio ha accumulato, in quanto capo del partito, un importante tesoretto. Il comitato di rendicontazione incassa 600 mila euro al mese e sono a disposizione di Di Maio e dei due Capigruppo. Chi ha i dati degli iscritti e i soldi non dovrà neanche contrattare la propria leadership. Potrà farsi campagna elettorale, comprarsi pagine sui giornali, organizzare convegni in grandi spazi. Da dicembre non vengono più fatte donazioni quindi si tratta di una bella cifra.

Io sono contenta che si indaghi su Renzi e su Open, ma come mai oggi nessun giornalista sembra domandarsi di questi soldi?». E riprende Nugnes :«Molti, non avendo capito che sono stata cacciata dal Movimento, mi attaccano chiedendomi perché non restituisco i soldi allo Stato. Ma a loro è stato fatto divieto di farlo. Qualcosa è stato dato alle PMI, qualcosa per il Movimento ma quando ci sono milioni di euro di ritorno di giacenza si creano interessi sostanziosi che potrebbero essere investiti in iniziative ma non abbiamo neanche idea rispetto a quanto ammonti tale cifra». 

Per i 3 senatori il movimento rappresenta ormai il passato. Sono in carica e vorrebbero continuare a produrre buona politica. «Io sono fortunata – riprende Nugnes – In commissione ambiente ci sono situazioni favorevoli e si riesce a lavorare. Il governo non ci aiuta molto ma possiamo fare pressione e abbiamo ottenuto risultati col “Salva Mare”, con le semplificazioni, con il pacchetto di economia circolare, sulla riqualificazione urbana. In alcuni casi basta nulla per cambiare gli equilibri. Io ho trovato uno spazio avendo come capogruppo al “Misto”, una figura di riferimento come Loredana De Petris e poi lavoro molto con Elena e cerchiamo di portare a casa risultati.

Purtroppo la riforma delle leggi Salvini è in esame prima alla Camera ma anche al Senato non la daremo facilmente vinta». «Otteniamo qualche risultato lavorando come se fossimo una unione di fatto – riprende Fattori – ma non riusciamo ad orientare sui grandi temi. Noi pensavamo che il Movimento avesse un’anima di sinistra e progressista ma ci eravamo illusi. Per fortuna resta il legame sul territorio con associazioni di volontariato e movimenti. Si da loro ci arrivano proposte ad esempio in difesa delle lavoratrici e dei lavoratori della grande distribuzione siamo riusciti a far passare un emendamento, ma si tratta di un lavoro insufficiente».

«Condivido quanto detto dalle colleghe – risponde De Falco – Si fa fatica a trovare un denominatore comune per portare a casa un piccolo risultato e nel frattempo ti scivola via tutto. Vengono portati in parlamento testi e provvedimenti di cui non conosci neanche il significato e devi solo licenziarli. Il M5S ha messo in luce quanto sia precario il nostro sistema politico. Servirebbe una piena attuazione dell’articolo 49 della Costituzione per avere partiti realmente democratici al proprio interno, scalabili e capaci di assorbire le proposte che giungono dalla società. Ci sono sfide enormi da cogliere in poco tempo. Ad esempio, con altri colleghi stiamo lavorando ad un intergruppo per un piano energetico nazionale che si ondi sull’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili. Si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione e questo lavoro ci da molto entusiasmo. Io sarei anche tentato di costruire una componente parlamentare lavorando per strutturare meglio il nostro lavoro. Un gruppo simile lo potremmo costruire avendo come punto di caduta la lotta contro l’autonomia regionale differenziata. Dovremmo insomma concentrare le nostre forze su punti fondamentali e, a mio avviso lo è anche un contrasto alle “mancette ai parlamentari” di cui si parlava prima».

«Secondo me la strada degli intergruppi resta fondamentale – riprende Nugnes – ci si pone degli obiettivi comuni e su quelli si agisce. Inutile, ad esempio, definirsi ecologici se non si prende in mano la questione della produzione energetica e quanto dice Gregorio (De Falco Ndr) è di immediata comprensione. Stiamo lavorando insieme anche in un intergruppo sul Mediterraneo che si occupa ovviamente ma non solo di immigrazione e poi vorremmo partire per quello sulle autonomie. Chiaro che nel confronto aperto si deve trovare un punto comune in cui ci si riconosca, ma potrebbe essere un modo per renderci più utili in parlamento e per il Paese». Inevitabile alla fine di questa lunga e complessa conversazione che qui riportiamo per sommi capi, ritrovarci a fare i conti con l’emergenza sanitaria e sociale venutesi a creare a seguito della pandemia. De Falco, in tempi non sospetti, denunciò con una interrogazione parlamentare la non attuazione di un piano pandemico già pronto e partiamo da lui per chiedergli se ha mai ricevuto riposta. «No ma nel frattempo ne ho presentata un’altra più specifica. La trasmissione Report ha fatto emergere come nel nuovo piano, con i 21 indicatori, non si metta nulla in preparazione per il futuro – afferma De Falco – Mi aspetto che per la “terza ondata” il periodo trascorso venga ben utilizzato ma da giugno non è cambiato nulla.

Ovviamente ci potrà essere un calo dei contagi se i cittadini osserveranno il distanziamento fisico ma non basta. Bisogna organizzarsi per evitare di avere una sorta di elastico con i contagi che salgono e scendono senza fermarsi e non possiamo confidare solo nel vaccino. Dobbiamo ripristinare dalle fondamenta la medicina territoriale, tornare indietro sul Titolo V della Costituzione che è stato un errore madornale non solo per la sanità ma anche se si guarda a trasporti, porti e aeroporti. Potrà sembrare una affermazione forte ma credo che dobbiamo “sfruttare” la circostanza per denunciare il fallimento della regionalizzazione, non serve l’autonomia ma un decentramento e sono cose ben diverse».

Si unisce concorde Paola Nugnes: «Sono stati erogati tanti miliardi per fare cose che non sono mai state realizzate. Il governo è stato debole nella gestione della seconda fase. Va utilizzato l’articolo 120 della Costituzione. Lo Stato già da prima doveva prendere in mano la situazione e imporre una gestione più uniforme. Stiamo vedendo invece come prevalga l’agire ognuno in base a proprie scelte. Chiaro che a livello territoriale solo gli enti possono sapere di cosa c’è maggiormente bisogno ma l’indicazione di partenza deve essere una. Io sono molto d’accordo con Gino Strada quando dice che quello che occorra anche passare dal Ministero della Salute al “Ministero della Salute Pubblica”.

Noi abbiamo sbagliato pensando che almeno al Nord ci sarebbe stata una reazione migliore. Invece avere dato tanto al privato si è dimostrato come il male assoluto. Un pubblico che ad esempio avrebbe dovuto garantire in tutto il Paese l’assistenza sanitaria domiciliare. Ma riportare la sanità nel pubblico come la rigenerazione del suolo sono la stessa cosa. Il privato può collaborare ma non quando si tratta di beni primari».

De Falco parla di “mass rescue operation, che si traduce nell’unitarietà nello sforzo iniziale per poi, mano a mano, distribuire gli sforzi in base ai bisogni. «Differentemente da quanto dice Conte, all’inizio si deve agire nella maniera più forte possibile, se da marzo ci si fosse impegnati nel tracciamento e non da settembre, oggi i focolai da circoscrivere sarebbero meno e occorrerebbero meno operatori. In questo modo non lo spegneremo mai se non aspettando il vaccino». E conclude Nugnes: «Io sono assemblearista per natura, penso che a volte serva tempo per poter decidere ma in questo caso serve un momento in cui il comando deve essere preso, per tempi limitati, in maniera centralizzata. Serviva una decisione unica, in stato emergenziale, per affrontare in profondità il problema. Invece, senza neanche una reale partecipazione, si è rimasti sospesi in un tempo indeterminato restando sulla superfice cheta dello stagno. Una pandemia non deve continuare ad essere affrontata così».

 

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