articoli

Sfacciati e impostori cercasi

di Luciano
Beolchi

Qualche giorno fa il Fatto Quotidiano rilevava una transumanza di giornalisti e politici da sempre schierati con Israele “senza se e senza ma” . Oggi accettano di mescolarsi a coloro che fino all’altro ieri erano la turpe canaglia dei diffamatori dello stato e del governo d’Israele, scrigno di ogni virtù. E non è successo niente che non succeda da venti mesi. Sono convertiti, impostori o senza vergogna? E soprattutto che intenzioni hanno? Cominciamo con un confronto tra le  dichiarazioni di prima e di oggi  di personaggi noti.

Guido Crosetto  (Ministro della Difesa) 

Stimo Nethanyahu, è il capo democratico di un paese aggredito che rischia lo sterminio. (22.XI.24). 

 

Nethanyahu sta sbagliando tutto. La guerra legittima ad Hamas ha superato i limiti. (26.V.25) [Da quando?] 

Antonio Tajani  (Ministro degli Esteri) 

Hamas sta usando il popolo come scudo e vuole che Israele abbia una reazione ancora più dura per non dire “Isoliamo Israele”. (14.II.24) 

 

Dobbiamo dire al governo israeliano: basta! I civili di Gaza stanno soffrendo troppo. (27.V.25) [E dirglielo su serio?] 

Pietro Senaldi (Libero) 

È responsabilità di Hamas quello che sta succedendo. Quella di Israele è una rappresaglia? Non è una rappresaglia, è una guerra. (1.XI.24) 

 

La situazione sta chiaramente precipitando. Nethanyahu sta isolando Israele. (26.V.25) 

Vittorio Feltri  

A Gaza, come in altri territori in cui è in corso un conflitto, si crepa e crepano donne e uomini, giovani e vecchi, neonati inclusi. Strumentalizzare questo fatto per criminalizzare Israele è disonesto. La situazione in cui versa il popolo palestinese è causata da un regime terroristico di stampo islamico. (4.I. 25) 

 

La risposta di Israele assolutamente legittima incontra un limite rappresentato dal diritto internazionale. E credo che tale limite sia stato superato da Nethanyahu. Persino in guerra c’è un limite da rispettare. (26.V.25) [E 20 mesi fa no?] 

Matteo Salvini  

“Se Nethanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri”. (22.XI.24) 

 

Non lui, ma il leghista Crippa: “Siamo con Israele e i suoi valori, ma siamo contrari allo sterminio di un popolo”. [E c’è bisogno di dirlo?] 

Pina Picierno 

Il mandato di arresto della CPI non può diventare l’occasione per un processo all’esistenza di Israele e alla sua volontà e al suo diritto di difendersi. Non si possono mettere sullo stesso piano le responsabilità del conflitto e la condotta del conflitto con quelle di Hamas. (22.XI.24) 

 

Il piano di occupazione permanente e di deportazione dei civili da Gaza rappresenta l’ennesimo punto di non ritorno. (26.V.25) [L’ennesimo? E in novembre non ne aveva oltrepassato nessuno?] 

Paolo Mieli 

Ci siamo già dimenticati del 7 ottobre? I morti a Gaza sono tutti a carico di Hamas, quegli ospedali e quelle immagini che vediamo. (23.V.24) 

 

Mi sono convinto che il 20 maggio sia uno spartiacque. L’intero Occidente si è mosso per l’orrore consumato a Gaza che deve finire. [Dopo 600 giorni. E bravo Mieli!] 

Ernesto Galli Della Loggia 

“La guerra è un crimine di guerra. La semplice esistenza del bombardamento aereo implica la possibilità che i colpiti possano essere ospedali, case o bambini”. (12.XII.24) 

 

Israele si è infilato a testa bassa nel tunnel che sempre più somiglia a uno sterminio. [Che non sarà tale fino a quando resterà un palestinese vivo] 

Bruno Vespa 

Le immagini di Gaza con la sofferenza delle persone e con i bambini che muoiono stanno nel cuore, ma quello che è successo il 7 ottobre ha un’altra dimensione per ferocia, per donne violentate, per bambini bruciati. Come si fa a non stare dalla parte di un popolo che altri vogliono estinguere? [Appunto!!!] (27.X.23) 

 

Nelle ultime serate Vespa ha contestato le cifre dei morti fornite da Fiamma Nirenstein in difesa di Nethanyahu. “Ti prego, queste cose, non le puoi dire, non fanno onore alla tua professionalità”. 

 

Molti di questi personaggi sono noti per una veemenza che non di rado imbarazza la loro stessa parte. È il caso di Senaldi, Feltri, Picierno, Della Loggia.
Paolo Mieli e Bruno Vespa viceversa hanno adottato il sistema “voce soave/intransigenza totale” che dà i suoi buoni frutti.
Tutti quanti, nel momento in cui si degnano di gettare uno sguardo dall’altra parte e – metaforicamente – prendono la parola in un’assemblea pro-pal sembrano aver cambiato stile: da protervo, aggressivo e inclemente a mite, dubitativo e cauto, fatta salva la specialità Mieli/Vespa.
Perché cerchino di prendere la parola in un uditorio che non è mai stato il loro è abbastanza evidente: la scommessa di portare grandi masse di ascoltatori sul terreno “Con Israele senza se e senza ma” è fallita. Quell’uditorio è pressoché vuoto, composto da un numero non troppo grande di sionisti talmente fanatici che bisogna riprenderli in pubblico e dargli semplicemente dei bugiardi, senza neanche contestarli. Non ha senso né utilità intervenire in una platea dove ad ascoltarli ci sono solo Gabriele Nissim, Fiamma Nirenstein,  David Parenzo e Giuliano Ferrara.
Trattandosi in tutti i casi di politici professionisti e di abili manipolatori di opinione pubblica, la cosa merita qualche riflessione in più. Penetrare con l’aria più innocente del mondo in un vasto movimento di opinione molto lontano da loro è un’impresa abile e probabilmente trattandosi di persone scaltre e con le idee chiare, riuscirà anche.
Le idee che intendono promuovere si giovano anzitutto di uno stile espositivo che non è il loro, non più veemenza (o intransigenza soave). Promuovono il dubbio, cancellano la Resistenza, fanno capire che bisogna cercare un colpevole – oltre ad Hamas – beninteso: e quel colpevole sarà Nethanyahu e lui solo: per il momento meglio lasciare stare i suoi ministri dichiaratamente fascisti, i partiti religiosi sionisti di estrema destra, i coloni che hanno dato il via a progrom assassini, certificati come tali anche dal presidente di Israele, che peraltro non fa niente per fermarli. Meglio tacere delle centinaia di crimini di guerra accertati che hanno un nome e cognome, dei mandanti e degli esecutori spesso autodenunciatisi via X, Tiktok o qualsiasi altro social desse la convinzione di restare impuniti.
Insomma, che ci sia un problema storico e profondo nella natura stessa di Israele che nel 2018 si è proclamato stato teocratico è cosa da tacere, meglio agitare lo stendardo “paese democratico, governo liberamente eletto”, anche se è un paese di piena apartheid che promuove guerre di sterminio. Meglio limitarsi dunque a Nethanyahu, solo e vero colpevole; e magari dopo qualche anno di tira e molla, finire per consegnarlo alla CPI purché su tutto il resto cali il velo dell’amnistia.
Per il popolo palestinese presumiamo non costituisca motivo di grande interesse il fatto che alcuni personaggi della politica e della stampa italiana si cospargono il capo di cenere: hanno ben altri problemi.
La questione riguarda il movimento internazionalista che persino controvoglia si è venuto formando e che i prodi convertiti hanno tutte le intenzioni di avvelenare. Gli argomenti usati sono molti ma il primo e più importante è la cancellazione della Resistenza palestinese. Hamas unica e sola causa delle sofferenze dei palestinesi viene affiancata da Nethanyahu: e così le teste da tagliare diventano due.
Con una piccola differenza: che alla caduta di Nethanyahu, Israele continuerà ad avere un esercito di 500.000 soldati pronti a tutto, un governo di estrema destra e fascistoide (parole della senatrice Segre), settecentomila coloni armati che occupano un territorio grande come l’Umbria e un programma “dal fiume al mare” che da più di un secolo ha l’obiettivo di cancellare i palestinesi dalla Palestina, in un modo o nell’altro.
Ai palestinesi non resterà niente se non un presidente che li chiama figli di cani e che regge la sua “presidenza” su 50.000 miliziani armati da Israele al suo servizio.
Perciò ai detti infiltrati, prima che comincino a dissertare occorre domandare: “Che fine fa la resistenza palestinese?”.
Vale anche per loro, “un popolo aggredito che rischia lo sterminio ha il diritto di difendersi” (Crosetto), o è un concetto che nel loro caso viene cancellato?
Vogliamo discutere di autodeterminazione? L’autodeterminazione è un diritto dei popoli oppressi che vogliono liberarsi dei loro oppressori, non è un diritto degli oppressori (leggi i coloni ebrei in Cisgiordania) che dopo aver usato la forza per insediarsi in un paese vorrebbero abusare della giustizia internazionale per trasformare la prepotenza in diritto. 

I prodi intellettuali di cui si è fatta menzione credono forse di risolvere tutto proclamando il diritto di Israele ad esistere ignorando cosa è stata la Naqbah, il costante sottrarsi di Israele al diritto internazionale, l’indifferenza e il disprezzo per oltre duecento risoluzioni dell’ONU?
Riescono a ricordare una sola occasione in cui Israele abbia presentato anche solo un’ipotesi di accordo che tutelasse in misura minima gli interessi palestinesi? E non parlino per piacere di Oslo e del fantomatico piano Olmert che nessuno ha mai visto perché non è mai esistito.
Per arrogarsi il diritto di spargere veleno in un contesto democratico bisogna per lo meno rispondere alle domande che quel contesto propone da molto tempo. 

Luciano Beolchi 

Articolo precedente
Riflessioni per un trattato su Johan Galtung
Articolo successivo
Al lavoro e alla lotta: dalla critica economica alle proposte per il XXI secolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.