di Paola Boffo – Il 2 maggio la Commissione ha pubblicato le proposte per i Regolamenti che dovranno essere approvati dal Consiglio al termine del negoziato con gli Stati membri e le Istituzioni europee. Tali proposte prevedono una data di applicazione a decorrere dal 1 ° gennaio 2021 e sono presentate per un’Unione di 27 Stati membri, in linea con la notifica da parte del Regno Unito della sua intenzione di ritirarsi dall’Unione europea e dall’Euratom in base all’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea ricevuto dal Consiglio europeo il 29 marzo 2017.
Le informazioni più dettagliate possono essere trovate nei documenti allegati: “Comunicato stampa – Bilancio dell’UE: sviluppo regionale e politica di coesione oltre il 2020” e “Scheda informativa – Sviluppo regionale e politica di coesione oltre il 2020: Domande e risposte”.
Pubblichiamo anche la proposta della Commissione per un Regolamento sulle disposizioni comuni (RDC), che stabilirà le regole comuni per sette fondi a gestione concorrente, riducendo la frammentazione delle norme: FESR: Fondo europeo di sviluppo regionale, FSE+: Fondo sociale europeo Plus, FEAMP: Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, FC: Fondo di coesione, FAMI: Fondo Asilo e migrazione, BMVI: Fondo per la gestione delle frontiere, FSI: Fondo sicurezza interna.
A fronte di una riduzione delle risorse destinate alla politica di coesione dal progetto di bilancio 2021-2027 (criticata anche dal Parlamento Europeo con una mozione in discussione nella sessione plenaria di questi giorni), all’Italia sono assegnati 38.564.071.866 euro a prezzi 2018, che a prezzi costanti, tenendo conto dell’inflazione, sono calcolati in 43.463.477.430, con un incremento rispetto al ciclo 2014-2020. La cattiva notizia è che il calcolo per l’attribuzione delle risorse, oltre che sul PIL pro-capite si basa anche sul numero di disoccupati e sul numero di giovani disoccupati, sulle emissioni di Co2, sul tasso di persone con una educazione terziaria, sulla quota di migrazione extracomunitaria netta. E dunque l’incremento dei fondi dipende soprattutto dalla pessima performance dell’Italia sui tassi di disoccupazione e di educazione terziaria.
Molto rilevante e degno di attenzione appare pure il rafforzamento del legame fra la politica di coesione e il Semestre europeo: le “sfide strutturali” da affrontare con le famigerate riforme che ogni Paese si impegna a realizzare con il Piano Nazionale di Riforma e che possano essere affrontate con investimenti pluriennali dovrebbero infatti essere finanziate dai Fondi per la coesione.
Comunicato stampa
“Bilancio dell’UE: sviluppo regionale e politica di coesione oltre il 2020”
Regolamento Disposizioni comuni
Scheda informativa “Sviluppo regionale e politica di coesione oltre il 2020: Domande e risposte”
Scheda sostegno economico alle “riforme”