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Per un nuovo ordine mondiale

di Roberto
Musacchio

A guerra mondiale (a pezzi) in corso vorremmo su Transform cimentarci su un qualcosa che può apparire oggi impensabile e cioè cosa dovrebbe essere un nuovo ordine mondiale e come lo si costruisce.
Scrivevo diverso tempo fa un articolo un po’ provocatoriamente intitolato Jalta2. Provocatoriamente perché Jalta fu anche una grande spartizione. Ricordavo però che si tenne a guerra ancora non finita e che pose le basi per le istituzioni globali come l’ONU che dovevano essere precisamente gli organi del nuovo ordine post guerra che voleva impedirne di nuove. Tutto sommato fu garante di quelli che si chiamano gli anni gloriosi di ricostruzione ed avanzamento democratico. Che ci furono nonostante il quasi immediato ritorno della guerra in forma fredda, di un massiccio riarmo, del fondarsi di alleanze suprematiste, prima in ordine di tempo la NATO e poi il Patto di Varsavia. Nonostante la spartizione ci furono lotte di liberazione che vinsero. Ci furono esperienze importanti come quella dei Paesi non allineati con componenti sociali avanzate e anticolonialismo. E l’Europa, quella vera del modello sociale europeo e non quella reale di adesso che è una sorta di moderno ancient regime, si affermò come compromesso sociale e democratico avanzato.
Dal 1989, come Transform scrive da tempo, venne un trentennio, e ora anche più, di disordine mondiale. L’occidente, e il capitalismo finanziario globalizzato, lasciarono morire i tentativi di costruire quel nuovo ordine mondiale di cui parlava Gorbaciov e che riprendeva le idee di Berlinguer, Brandt, Palme, e si imbarca verso un unipolarismo suprematista fidando sulla forza della globalizzazione, sulla sussunzione di ogni diversità, sull’impossibilità delle alternative, sull’uso monopolistico della forza monetaria e militare. Forgiando istituzioni di parte, dal FMI al WTO alla Banca Mondiale, ai vari G7/8/20, tutte sottoposte al consenso di Washington. I “nemici* di volta in volta vengono usati per creare l’ideologia del suprematismo e le basi per l’esatto contrario della pace permanente pensata a Jalta e cioè una guerra, militare ma anche economica, sociale, ideologica permanente e addirittura preventiva. In realtà tutto ciò era stato pensato già prima del 1989. Era la reazione del capitalismo all’avanzata del movimento operaio ed alla lotta di classe, redistributiva e di potere, anche fuori dai confini di Jalta. Il capitalismo già negli anni ‘70 decide che è il tempo di rovesciarla. La crisi fiscale dello Stato, quella dei saggi di profitto, la questione ambientale e poi climatica, quella demografica dicono al capitalismo che non è più tempo per lui di compromessi ma di nuovo darwinismo.
Dalla rottura degli accordi di Bretton Woods alla teoria di Bush sulla guerra preventiva, dalla dissoluzione della Jugoslavia a Maastricht è un crescendo. Il resto lo fa il crollo del socialismo reale, con i suoi errori e i suoi orrori. Che ci porta fino ad oggi.
Già, oggi. A che punto siamo?
Credo si possa e debba partire da qui per il nostro lavoro.
Siamo in piena fase distruttrice di tutto ciò che era stato creato dopo la seconda guerra mondiale. I compromessi sociali e le istituzioni ormai sono fatti a pezzi. Regnano il disordine, i suprematismi, la mostrificazione dell’altro, la guerra senza regole, addirittura i genocidi, il riarmo come via fondamentale per il potere, l’economia, la società.
Sopra tutto ciò c’è una cupola rappresentata dal capitalismo finanziario che persiste e pensa di essere comunque il dominus.
La globalizzazione ha prodotto catene del valore e del lavoro che sono insieme entropiche e assurde, regressive come nel caso del lavoro semi schiavistico sottoposto per altro a muri che rimandano alla servitù della gleba, che hanno distrutto l’intelligenza sociale e naturale pensando di sostituirla con quella artificiale, e ora per altro salta in aria come successo col North Stream.
La contraddizione principale sembra essere quella tra l’unipolarismo e il multipolarismo. È veramente così? E, soprattutto, questa è la chiave per la fuoriuscita dall’orrore? Certamente questa contraddizione mostra che l’idea della fine della complessità è falsificato, per dirla con il pensiero liberale di Popper. Ma se guardiamo alla realtà con l’occhio di uno dei paradigmi razionali, quello marxista, dobbiamo ben vedere che dal punto di vista di ciò che libera l’umanità abbattendo lo stato di cose presenti avremmo bisogno che le contraddizioni su cui marciasse il movimento reale capace di farlo fossero chiaramente progressive. Pace contro guerra. Uguaglianza contro suprematismo. Cooperazione contro competizione. Beni comuni contro finanza. Diritti e democrazia contro autocrazia e pensiero unico. Laicità contro fondamentalismi. Vita del Pianeta contro quella del Capitalismo. E qui le cose si fanno più ingarbugliate perché la guerra preventiva la fa anche Putin e l’Iran non è la Jugoslavia della autogestione.
Una critica politica della geopolitica è fondamentale. L’alternativa di società è l’esatto opposto del funzionalismo su cui si plasma l’Europa reale della UE. L’età moderna si fonda sul costituzionalismo come razionalità collettiva che sancisce l’essenza democratica in cui convivere. Il capitalismo finanziario globalizzato è extra costituzionale. La UE si fonda su trattati. Suprematismo e autocrazie non riconoscono leggi condivise.
Si può dire che il capitalismo produce ora anarchia, anche nelle sue forme più programmate. E che il tema di un nuovo ordine mondiale ripropone l’attualità del socialismo.
Ma non si può essere messianici o aristocraticamente illuministi. Dal tanto peggio non nasce il tanto meglio. È il capitalismo che pratica la furia distruttrice. Noi, il nuovo socialismo, dobbiamo ricostruire un ordine conquistato, condiviso e partecipato da grandi masse.
Servono grandi movimenti. Pensieri lunghi. Competenze.
Per questo pensiamo di chiedere a chi già si cimenta su questo di regalarci qualcosa per Transform. Pensiamo a chi come Ferrajoli lavora sulla Costituzione della Terra. Come Petrella con la sua Agorà degli abitanti. Ma pensiamo anche ai diplomatici che conoscono questa arte preziosa e anche in questo periodo hanno scritto cose importanti. Dietro di noi ci sono i contributi che già citavo di Gorbaciov, Berlinguer, Brandt, Palme. Ma anche del movimento dei movimenti che aveva ben visto dove andavamo a parare. E io penso anche a Chavez, al suo socialismo del ventunesimo secolo, all’idea di una America latina bolivariana con proprie strutture continentali. O anche alla società liberata di Ocalan.
Nel mio piccolo io penso che si debba ripartire da ciò che ci ha lasciato la vittoria sul nazifascismo e che oggi vogliono distruggere.
Dunque l’ONU, da riformare per renderlo una sorta di parlamento mondiale.
Parlamenti continentali.
Una moneta comune, pubblica.
Strutture preposte alla pace, al clima, alla cooperazione, alla cultura del dialogo.
Una Carta Costituzionale dell’umanità.
Naturalmente bisogna bonificare ciò che ci sta distruggendo. Sciogliere le alleanze militari. Disarmare. Vietare la speculazione finanziaria. Promuovere la laicità. Creare le reti delle intelligenze naturali.
Siamo in un’epoca che assomiglia al medioevo. Allora dai conventi e dai comuni cominciarono a fiorire le idee che poi ci illuminarono. È tempo di rimettersi in cammino.

di Roberto Musacchio

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