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Per chi suona la campana

di Roberto
Musacchio

Ho sempre amato il libro di Hemingway e il verso di Donne che ne ispira il titolo e che, letto in inglese, usa il verbo che indica il battere delle campane a morto. La campana suona sempre per ciascuno di noi e non c’è da chiedere a chi sia toccato morire perché nessun uomo è un’isola.
Ho sempre pensato che stare da una parte, in un conflitto anche fortissimo, non dovesse mai far dimenticare questa realtà umana. E non mi ha mai convinto che ci fossero morti che pesano e morti insignificanti.
La vita politica istituzionale mi ha consentito di mettere alla prova questo mio sentire nel partecipare ai percorsi di ricostruzione di verità e giustizia che ho seguito in quanto componente della delegazione del Parlamento europeo che seguiva i Balcani. Laddove erano stati previsti si partecipava ad un’opera di riconoscimento e di ricucitura delle ferite della guerra. Accertamenti minuziosi di fatti, responsabilità, cause. Tentativi di pacificazione. Una sorta di Kintsugi, l’arte giapponese che usa l’oro per riattaccare ciò che si è rotto  lasciando che le cicatrici si continuino a vedere, impreziosite.
Non posso dire che l’opera sia riuscita. E l’attuale UE è più un terribile Frankenstein, con l’amore che pure ho per il “mostro” letterario.
Mi sono sempre chiesto perché questa attitudine a cercare e costruire verità e giustizia, a sanare ferite, non la si usi prima e non dopo che tante campane sono suonate a morto.
Oggi poi tutto lo chiederebbe.
Al contrario si va avanti nella mostrificazione degli altri, orchestrata dai dominanti. Questo non significa non vedere gli orrori e chi li compie. Significa cercare i modi per fermarli, perché è quello che conta prima di tutto. E che permette di cercare di fare verità e giustizia. Non c’è pace senza giustizia, è stato scritto. Ma è anche vero che non c’è giustizia senza pace. È utile ripetersi tutto questo, anche le doppie verità, in particolare mentre cammini tra le macerie.

Mentre ero parlamentare europeo quasi ogni anno mi intervistava non ricordo quale centro di ricerche su cosa pensassi del regime iraniano. Male, rispondevo io. Ma alla domanda se avrei sostenuto una “esportazione della democrazia” tramite guerra ho sempre detto no. Ecco, le verità non sono manichee. Semmai dialettiche. Io ero per stare in piazza il 5 ottobre, tanto più se fossi stato ancora parlamentare. Da parlamentare, come tante volte ho fatto, per garantire l’agibilità democratica e costituzionale ritenendo ciò parte della mia funzione. Ma ero contro l’incipit di convocazione che parla del 7 ottobre in modi che io non condivido in niente. Io piango le vittime civili israeliane. Io sono contrario all’idea dei martiri. Io non sono per le guerre di religione e sono contro gli Stati dominati o segnati da elementi confessionali, siano essi Israele o l’Iran. Il marxismo e il movimento operaio avevano diradato queste tenebre che ora si stanno riaddensando. Con le altre tenebre, quelle del suprematismo occidentale, che presumendo di fare luce in realtà innalza moderni roghi. Come ha fatto per tanto tempo nel tempo passato. Io mi vergogno delle risoluzioni del Parlamento europeo che sono a livello dei leoni da tastiera di fb, indegne di una istituzione che dovrebbe lavorare alla Pace per riscattare due guerre mondiali nate dal  seno europeo.

Io oggi ho voglia di tornare a sentirmi comunista. Anzi ne sento il dovere. Non siamo stati solo sconfitti. Abbiamo prodotto orrori, la cui memoria non deve mai abbandonarci. Ma c’è oggi bisogno di un’idea razionale della Storia, altrimenti la barbarie ci travolge.

Roberto Musacchio

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1 Commento. Nuovo commento

  • Moreno Biagioni
    09/10/2024 19:05

    Sono completamente d’accordo con Roberto Musacchio: non c’è giustizia senza pace, non si esporta la democrazia con la guerra, contrarietà piena agli stati confessionali (la laicità è un punto basilare, da riaffermare con forza).

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