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Partiti, cordate, interessi privati: i sottosistemi di potere nelle autonomie

di Antonio
Zucaro

Antonio Floridia sul Manifesto ha descritto con esattezza il dualismo emerso nel PD tra la Segretaria, eletta da primarie aperte ai non iscritti, e gli organi dirigenti locali eletti dai soli iscritti. Con gran parte di questi – soprattutto al Sud – legati da una “rete di relazioni” con un leader locale.

Questo dualismo, in realtà, sta dentro un problema più ampio alla base delle attuali difficoltà del PD nelle Amministrazioni locali, dall’individuazione dei candidati a “Governatore” nelle Regioni fino agli scandali, più o meno fondati, scoppiati in molti grandi Comuni. Il nocciolo del problema è proprio la “rete di relazioni” del leader locale, con gli iscritti e con gruppi di elettori. Più che una rete, in ogni Regione o grande Comune, non solo quelli targati PD,  si è creato un sottosistema di potere che collega più o meno stabilmente reti di relazioni improprie tra dirigenti politici, funzionari amministrativi e portatori di interessi privati. Si può definire sottosistema, più che sistema, perché opera al di sotto del sistema istituzionale che regola organi, funzioni e rapporti dell’Ente, e di potere, più che di sottopotere, perché governa la maggior parte delle attività dell’Ente. Si articola nelle diverse reti, cordate, correnti, gruppi di interesse, anche in conflitto tra loro, ma presenta una coerenza complessiva nell’esercizio del suo potere di condizionamento. Le relazioni possono definirsi improprie perché realizzano scambi che distorcono l’esercizio delle funzioni pubbliche sacrificando l’interesse generale, quantomeno all’imparzialità dell’azione amministrativa, per soddisfare interessi particolari dei soggetti in campo. La struttura degli scambi di solito è triangolare e conseguentemente è triangolare il sottosistema di relazioni: singoli personaggi e/o cordate politiche, dirigenti e/o operatori amministrativi, imprese o associazioni private. Il politico decide, o copre, un amministrativo provvede, un soggetto privato restituisce una controprestazione, anche col semplice voto. Tra il lecito e l’illecito c’è un’ampia zona grigia, fino a ieri illuminata dal reato di abuso d’ufficio, fattispecie non a caso cancellata dall’ ordinamento. 

Gli elettori, anche alle elezioni regionali e comunali, scelgono per lo più in base a narrazioni nazionali sui valori (ordine pubblico, immigrazione, pace), o ad interessi che si pongono a livello nazionale (tasse, lavoro, spesa sanitaria). Le questioni dei territori sono affrontate dalle Amministrazioni locali secondo orientamenti generali di ordine politico (più verde, più turismo, etc) che tuttavia raramente diventano policies, politiche organiche di settore, piani, programmi di intervento articolati nel tempo. Si amministra per atti, emanando singoli provvedimenti, più o meno importanti, in genere coerenti con l’orientamento generale assunto per quel settore ma senza un piano, o fuori dal piano, o in deroga al piano. Al centro, così, c’è il destinatario particolare, singolo o collettivo, di quel provvedimento (la ditta in appalto, il titolare di una licenza, il sindacato di quel settore, l’associazione di zona). Così si stabiliscono rapporti privilegiati più o meno permanenti tra organi e uffici dell’amministrazione e soggetti esterni, spesso con uno sviamento del potere pubblico. Con gli organi politici che intervengono sugli affari di maggior peso e gli uffici che, anche senza coinvolgere organi politici, gestiscono a modo loro gli affari meno rilevanti. 

I settori sono quelli di competenza degli Enti: la sanità (per le Regioni), i trasporti extraurbani e urbani, l’edilizia pubblica e privata, i lavori pubblici di interesse locale, il commercio, l’agricoltura, scuola e cultura. Tutte materie per le quali si spendono miliardi, che impattano fortemente sulla vita delle persone e sull’attività delle imprese coinvolte. Naturalmente, i rapporti tra i soggetti privati e i soggetti pubblici, politici e/o amministrativi, hanno assetti diversi tra settore e settore, ma sono comunque rapporti di potere. E più forti sono gli interessi privati coinvolti, più i rapporti pendono a favore loro, e non dell’interesse pubblico. I soggetti detentori del capitale finanziario, dalla grande proprietà immobiliare alle grandi imprese di costruzione, all’industria turistica e alle banche che stanno dietro a tutto, non solo influenzano i singoli provvedimenti ma determinano gli orientamenti dei soggetti pubblici e spesso sono loro a fare piani, se non altro di spartizione delle diverse torte. Anche nel livello delle Amministrazioni locali, così, emerge la prevalenza dell’economia e dei grandi interessi privati sulla politica dei partiti e delle istituzioni. La potenza economica delle grandi imprese e dell’alta finanza spinge in molti modi sul versante politico ed istituzionale per ampliare gli affari, aumentare i profitti e valorizzare i capitali impegnati, realizzando l’affermazione di un modello culturale privatistico che nel sistema delle autonomie ha prodotto le “riforme” degli anni ’90, dall’elezione diretta dei Sindaci e dei Presidenti di Regione fino alla aziendalizzazione e privatizzazione delle strutture amministrative più autonome. Modello collegato alla concezione dello sviluppo economico come obiettivo principale dell’attività non solo delle aziende private ma anche delle istituzioni pubbliche.

I sottosistemi sono agevolati dall’accentramento del potere esecutivo in capo all’organo di vertice, Sindaco o “Governatore”, candidato da un accordo tra partiti ed eletto direttamente dai cittadini in virtù della sua personalità, che interpreta la narrazione politica del suo partito e dello schieramento. Schieramento che congiuntamente al Sindaco (o “Governatore”) elegge la sua maggioranza nell’assemblea elettiva. Il potere esecutivo fa capo all’organo di vertice ma viene in buona misura esercitato dai collaboratori di questo, con incarichi politici nel Gabinetto o nella segreteria particolare, oppure incarichi amministrativi come dirigenti degli apparati o delle Aziende facenti capo all’Ente, come quelle comunali o le ASL nella Sanità. È in questo “milieu” che si generano le diverse reti di relazioni improprie e il conseguente sottosistema. 

I governi di centrodestra sono tradizionalmente meno interessati alla formulazione di politiche pubbliche complessive e razionali, anche perché ispirati dall’ideologia neoliberista del ”più privato meno Stato” che ne rafforza la propensione a favorire gli interessi delle imprese private. Ne deriva che l’attività politico-istituzionale delle amministrazioni di destra si svolge quasi esclusivamente per singoli atti finalizzati alla conquista di voti, alla occupazione di posti e alla gestione del potere. Perciò in queste amministrazioni il sistema di governo praticamente coincide con il sottosistema di potere e, una volta risolto il confronto sulla spartizione dei posti, il governo resta stabile fino alle elezioni successive.

Il PD, forza prevalente nelle amministrazioni di centrosinistra, ha ereditato dal PCI (ma non solo), una tradizione di buon governo locale mirato sulle esigenze dei ceti popolari. Questa finalizzazione è andata via via sfumando col prevalere dell’interclassismo, per cui gli interessi (leciti) sul territorio sono diventati tutti politicamente equivalenti, imprese, associazioni, categorie, famiglie. Con questa equivalenza si è affermata la dominanza degli interessi forti, nel quadro di una visione generale del benessere come sviluppo economico e di un conseguente indirizzo neo liberista sul sostegno alle imprese. Anche perché nei gruppi dirigenti locali si sono innestati altri gruppi e personalità più interessati al governo in sé che alle tradizioni di buon governo. Così, a fianco di queste tradizioni sono cresciute le reti di collegamento tra politica, amministrazione ed interessi privati più o meno forti, che hanno penetrato organismi e funzionamento del partito sul territorio, confliggendo tra loro e con la residua base militante delle sezioni. Questa mutazione, avviatasi gradualmente e poi accelerata con la creazione del PD, è stata ed è il fertile terreno comune degli scandali e dei contrasti interni, fino ai casi più recenti ed emblematici. Ne citiamo alcuni.

A Milano la magistratura è intervenuta sul sottosistema costituito da organi politici – almeno un Assessore – funzionari tecnici e grandi immobiliaristi, con la mediazione interessata di architetti di grido, per produrre una radicale trasformazione della città attraverso gravi violazioni della normativa urbanistica, violazioni che si è cercato di sanare con una proposta di legge nazionale, appoggiata all’inizio anche dal PD, poi abortita.  Il tutto a vantaggio della rendita urbana e della finanza speculativa, facendo della “capitale morale” un modello attrattivo per i miliardari globali ed espulsivo per i ceti medi e i ceti popolari.

A Napoli, dietro la resistenza del “Governatore” alla candidatura di Fico si è vista la volontà di difendere la sottostruttura di potere da lui creata nella Regione e nel Partito. Volontà resa evidente dalle richieste del “Governatore” al PD nazionale per evitare la presentazione di una sua lista autonoma, consistenti nella nomina del suo erede a segretario regionale del PD, più gli Assessorati alla Sanità e ai Trasporti. Ovvero il controllo del Partito insieme al controllo di circa il 90% del Bilancio della Regione.

La recente storia amministrativa di Roma si può dare per nota. Da Mafia Capitale, ovvero la collusione del sottosistema di potere con la criminalità organizzata del “mondo di mezzo”, poi eliminata dall’intervento della magistratura, alla defenestrazione di Marino da parte della sua stessa maggioranza PD perché aveva tentato di espiantare parti del sottosistema. Il sindaco Gualtieri è stato eletto promettendo una discontinuità con le prassi precedenti, e tuttavia la sua amministrazione ha progettato e parzialmente realizzato un insieme di interventi pesanti sulla città in pieno accordo con gli interessi forti delle grandi imprese di costruzione e del turismo, della rendita urbana e della finanza speculativa, senza procedure di partecipazione e spesso in totale contrasto con le associazioni di cittadini. Anche l’elenco di questi interventi si può dare per noto, dal mega inceneritore di Santa Palomba allo Stadio della Roma. Tutto ciò ha prodotto un riassetto del sottosistema di potere del Campidoglio con la parziale sostituzione delle vecchie cordate di partito e dei soggetti da privilegiare, ed è ardua la valutazione circa la discontinuità con le prassi precedenti, considerando la maggiore presenza degli interessi forti ed il peggioramento, attuale e in prospettiva, delle condizioni di vita dei cittadini.

Tornando ai partiti, stando a quel che è noto il M5S è rimasto sostanzialmente al di fuori dei sottosistemi di potere locale, perché nato da poco e perché scarsamente votato nelle elezioni locali. Tuttavia a Roma l’Amministrazione Raggi, con l’inesperienza degli eletti e l’inesistenza di strutture di partito in grado di orientarli, ha consentito la sopravvivenza operativa di buona parte del sottosistema di potere precedente, come ha dimostrato la vicenda dello Stadio a Tor di valle.

Quanto alle forze politiche della Sinistra, va detto che quando conquistano posti nelle Assemblee elettive o negli organi di governo degli Enti, andando in coalizione col PD, finiscono in una posizione laterale rispetto al sottosistema di potere di questo. Non essendo coinvolti nella rete di relazioni con gli interessi forti restano esterne rispetto ai grandi affari curati da queste, e tuttavia li consentono, per poter gestire le proprie relazioni con i soggetti portatori di altri interessi, leciti e spesso giusti, in cambio dei loro voti. Interessi anche economici, come quelli delle cooperative impegnate nei servizi pubblici, o sociali, come quelli delle associazioni in cui si esprimono i movimenti. Tuttavia quasi sempre amministrando per atti singoli, attraverso relazioni privilegiate stabilite con i singoli soggetti sulla base della narrazione generale ma non di policies elaborate appositamente, secondo piani e programmi dell’Ente. Frammenti di potere e di spesa pubblica amministrati da una posizione laterale che spesso diventa subalterna, obiettivamente complice delle distorsioni prodotte dal sottosistema di potere.

Per concludere si pone la questione di come si possono smontare i sottosistemi, o almeno limitarne il controllo sulla vita degli Enti. L’esperienza insegna che non basta un codice etico, perché è una questione interna al funzionamento della macchina istituzionale ed è lì che occorre intervenire. La chiave è dare più potere all’Assemblea elettiva e quindi al controllo popolare sul funzionamento dell’amministrazione. La normativa vigente (legge 196/2009 e ss.) sul Bilancio dello Stato, ma anche degli Enti locali, già prevede che nella sessione di bilancio il Sindaco (o il “Governatore”), gli Assessori e i vertici della burocrazia rispondono all’ Assemblea dell’attività amministrativa svolta dagli apparati, della relativa spesa e dei risultati raggiunti, per poter deliberare a ragion veduta sul Bilancio dell’anno successivo, modificando le previsioni di spesa. Previsioni inattuate largamente per lo Stato e completamente per gli Enti locali. Il primo punto, perciò, è dare attuazione a questa normativa nella misura maggiore possibile. Altre innovazioni utili potrebbero riguardare il collegamento tra i vari organi di controllo (Corte conti, Ispettorato Generale di Finanza, ANAC, Dipartimento Funzione pubblica) e l’Assemblea, con relazioni e comunicazioni su richiesta. Cruciale sarebbe un rapporto diretto tra le Commissioni consiliari e le Aziende o gli Uffici centrali, con audizioni, richieste informazioni etc., prevedendone uno sbocco nella sessione di bilancio. Infine andrebbe stabilito un rapporto diretto tra le Commissioni e le associazioni di cittadini, anche attraverso le procedure di partecipazione, sull’impatto effettivo delle diverse attività amministrative.

Tutto questo ha un senso se è finalizzato alla definizione ed alla realizzazione di politiche forti, che rimettano in primo piano gli interessi materiali generali selezionando gli interessi particolari e le priorità di spesa, per affrontare la compressione delle condizioni di vita e di sviluppo delle persone che colpisce ceti medi, ceti popolari, emarginati. Naturalmente, nell’ambito di competenza delle Regioni e degli Enti locali, cominciando dalla gestione del territorio: urbanistica, casa, dislocazione dei servizi, trasporti e mobilità, ambiente e rifiuti. Nell’interesse dei cittadini, non della rendita urbana, delle grandi imprese di costruzione, del capitale finanziario.

Antonio Zucaro

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2 Commenti. Nuovo commento

  • Andrea Di Silvio
    17/09/2025 23:28

    Ottima analisi, ma sx lo sanno che c’è ancora gente in grado di pensare e di dare idee
    Forse no, e forse non interessa più a nessuno

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  • Ferdinando Suraci
    18/09/2025 13:05

    La Partecipazione della Società Civile Organizzata è un elemento concreta di Democrazia Partecipata

    Rispondi

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