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Nonostante la catastrofe

di Elena
Coniglio

15 febbraio. Alla gravità della situazione dopo il durissimo sisma si è sommata la perdurante violenza in alcuni territori di confine nel nord della Siria. Afrin e Aleppo, così come Idlib, non sono state risparmiate da bombardamenti contro le forze curde che combattono contro l’assedio turco e le milizie islamiste siriane, da parte dell’aviazione turca. Così come riportato da medianews[1], la Turchia ha attaccato anche Kobane, simbolo del Kurdistan siriano, già duramente colpita in novembre da un’ondata di bombardamenti passati nel silenzio internazionale. Domenica scorsa un drone turco da combattimento ha attaccato un veicolo ad ovest di Kobane e neppure gli attacchi terrestri nel nord dell’Iraq si sono arrestati.

Attraverso un comunicato, Cemîl Bayik, membro del comitato esecutivo del PKK , ha chiamato venerdì scorso tutte le forze impegnate in operazioni militari in Turchia ad arrestare le azioni per ‘non aggiungere dolore al dolore’ e sino a che le forze turche non li attaccheranno. E in questo messaggio di condoglianze per il popolo coinvolto nel terremoto ha poi aggiunto “la nostra decisione è valida fin quando il dolore del nostro popolo non sarà alleviato e le ferite non saranno guarite…l’atteggiamento dello stato turco sarà decisivo in questo.”

Come riportato da ANF News, nelle città a maggioranza curda di Afrin e Idlib, devastate dal terremoto, così come in tutti i territori sotto occupazione turca, la stima delle vittime è ancora incerta e ancora non è stata resa nota l’entità della distruzione che ha riguardato gli edifici.

La linea rossa rappresenta l’area del Kurdistan turco, siriano e parte di quello iracheno.

 

L’Associazione per i popoli minacciati [2], osservatorio di violazioni dei diritti umani impegnato nel diffondere informazioni dai territori coinvolti presso l’opinione pubblica per esercitare pressione sui poteri pubblici, chiede proprio che ad Afrin, vengano aperti valichi dalla frontiera turca per permettere sia l’accesso illimitato alle organizzazioni umanitarie che alla stampa, così come a missioni indipendenti. Secondo l’associazione, solo la Turchia gestisce le consegne al confine e dichiara come “negli ultimi cinque anni, solo i mercenari islamisti hanno potuto attraversare il confine. Questa situazione deve cambiare immediatamente. Le richieste al regime di Assad a Damasco sono inutili. Non controlla questo confine. Solo la Turchia può far passare le consegne di aiuti o bloccarle. L’APM continua a ricevere segnalazioni da Afrin secondo cui le forze di occupazione turche e i loro mercenari stanno confiscando gli aiuti destinati alle aree controllate dai curdi. Si dovrebbe consentire ad osservatori indipendenti di entrare nella regione per verificare questi rapporti.”

La narrazione e l’intervento tardivo.

A Damasco il presidente siriano Bashar al-Assad e la presidente del comitato internazionale della Croce Rossa Mirjana Spoljaric Egger, si sono incontrati proprio oggi per discutere degli aiuti umanitari da portare alla popolazione della Siria nordoccidentale. Ma l’intervento è tardivo e non ripara da posizioni contraddittorie neppure la comunità internazionale. Hasni Habiti, politologo dell’università di Ginevra, ieri ha definito in un’intervista a RSI una catastrofe geopolitica ciò a cui stiamo assitendo. “Per riabilitarsi, il presidente Siriano Bashar Al Assad, si è profilato quale unico intermediario dell’aiuto internazionale..ha sfruttato il terremoto per affermare che la situazione umanitaria è dovuta alle sanzioni internazionali contro il suo paese ed è riuscito a farsi visitare da altri capi di stato in questo periodo nel quale viene un po’ boicottato. Bashar al-Assad ha torto.

Le sanzioni non sono la causa del ritardo dell’aiuto internazionale perché esse non riguardano l’assistenza medica, logistica, o alimentare in un contesto particolare come un terremoto.

Ha voluto sommare una disgrazia ad una disgrazia, perché la regione colpita dal terremoto è proprio quella che si oppone al suo regime. Non ha avuto invece per niente la voglia e neanche la volontà di andare in soccorso di questa regione. Molti paesi donatori non hanno più fiducia nel suo regime che in passato ha rubato gli aiuti internazionali per gli aiuti ai civili.”

Secondo il politologo inoltre la comunità internazionale non era impedita dal chiedere all’ONU, già presente sul posto, di occuparsi del problema. “Sì, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha le sue responsabilità, ha agito in ritardo, non ha convocato una conferenza internazionale di sostegno, non ha richiesto l’apertura di tutte le frontiere. Ma anche l’Europa ha deluso, perché non ha consacrato un aiuto sostanziale per le vittime di questo terremoto.”

Solo il 14 febbraio infatti, 11 convogli di un’agenzia delle Nazioni Unite ha attraversato la Turchia poche ore dopo che ONU e governo siriano avevano raggiunto un accordo per autorizzare temporaneamente due nuovi valichi di frontiera.

 

 

LAPRESSE/MEDIANEWS/RSI/ANF

[1] https://youtu.be/gjxY3JZ231k

[2] https://www.popoli-min.it

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