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Monfalcone: 5.000 tricolori contro lo scontro di civiltà

di Stefano
Galieni

Il comune di Monfalcone, in provincia di Gorizia, rimanda immediatamente alla sua natura industriale. Si tratta infatti del più grande polo cantieristico navale italiano in cui si realizzano imbarcazioni, spesso di grandi dimensioni, vendute in tutto il mondo. Un lavoro duro, quello di passare ore e ore fra vernici e saldature, buona parte delle maestranze è composta da lavoratori immigrati, per quasi la metà provenienti dal Bangladesh. All’ultimo censimento gli abitanti complessivi di Monfalcone risultavano essere quasi 30 mila, di questi, oltre il 30% immigrati. Chi arriva sa di trovare lavoro, quindi, giunge con un progetto di vita, spesso con la propria famiglia che prova ad inserirsi nel tessuto sociale. Una convivenza che raramente è stata messa a rischio da fatti di cronaca, ma se si accettano le braccia di chi lavora e produce, più difficilmente si è disponibili ad accettare le persone, complice anche la “paura” derivante dal fatto che la composizione sociale del territorio è notevolmente cambiata. Su questo ha da sempre soffiato la Lega, al punto che un Comune un tempo “rosso”, e di forte tradizione operaia, è dal 2016 in mano al partito di Salvini e ad una personalità eclettica come quella della sindaca Anna Maria Cisint, che dichiara apertamente la sua ostilità generalizzata al mondo musulmano e il suo femminismo. La sindaca, ormai lanciata verso una popolarità nazionale – chissà che non mediti di lasciare la “sua” Monfalcone, per un seggio a Bruxelles – ma, senza personalizzare, l’intera sua maggioranza, sostiene da sempre questa crociata fuori tempo massimo. È stata rieletta, nel 2022 al primo turno con oltre il 72% dei voti – la xenofobia evidentemente paga – è salita già agli onori della cronaca, nel 2019 per aver proposto, interpretando una circolare ministeriale, di non permettere ai bambini figli di immigrati in eccesso, di frequentare le scuole materne del Paese, smistandoli in quelli vicini. La proposta non aveva trovato applicazione, anche grazie all’opposizione della Cgil e delle forze democratiche, la circolare ministeriale (era ministra dell’Istruzione Gelmini), non aveva valore di legge e non se ne è fatto nulla. Oggi la sindaca sembra aver rinunciato a prendersela con i bambini, molti sono nati a Monfalcone, parlano italiano e non possono neanche essere considerati – argomento utilizzato in passato – un problema perché avrebbero potuto rallentare i programmi per i coetanei autoctoni. Stavolta il bersaglio è la presenza degli adulti. Usando anche in maniera spregiudicata la narrazione secondo cui l’islam costringe le donne alla sottomissione e rappresenta un pericolo per l’occidente, la giunta leghista ha scelto questa linea di condotta per consolidare il successo.

Vessazioni ne sono continuate cariche di islamofobia pura che hanno reso la situazione incandescente. L’8 ottobre scorso la prima cittadina ha voluto lanciare l’ennesima provocazione facendo calare, dal palazzo del Comune, una bandiera di Israele. Solo quella, non accanto ad una bandiera della pace o, meglio ancora ad una della Palestina, cogliendo l’ennesima occasione per infervorare gli animi. Una piccola parte della comunità musulmana – poche decine di persone – hanno manifestato in piazza la propria contrarietà e immediatamente sono state attaccate su quotidiani locali e nazionali in quanto “inneggianti al terrorismo”. La goccia che ha fatto traboccare il vaso già colmo è però di questi giorni. La giunta, utilizzando l’alibi di un parere tecnico – l’inadeguatezza dei locali utilizzati – ha vietato la preghiera collettiva organizzata dai centri culturali islamici presenti a Monfalcone. I musulmani potranno insomma pregare soltanto in privato. La reazione è stata forte e ha denotato grande maturità: sabato 23 dicembre, in pieno clima natalizio, le comunità del Bangladesh hanno indetto una grande manifestazione dal titolo “Siamo tutti monfalconesi. No alle divisioni”, a cui hanno aderito le forze democratiche sociali e politiche della cittadina. Le adesioni sono state molto ben accolte ma la sola bandiera che verrà sventolata il 23 sarà il tricolore. Di piccoli tricolori ne sono stati ordinati 5000 e serviranno a rivendicare il diritto ad essere considerati cittadini come gli altri, con pari doveri e pari opportunità. Cristiana Morsolin, consigliera comunale di opposizione, Capogruppo de “La Sinistra per Monfalcone” candidata sindaca di una coalizione sconfitta nel 2022 ma il cui progetto continua a svolgere un importante ruolo politico, è fortemente impegnata per la riuscita di questa mobilitazione: « La giunta che ha vietato l’utilizzo degli uffici come luoghi di culto si giustifica dietro il parere di un tecnico che considera tali spazi come adibiti ad uffici, ma è una scelta ingiusta, che penalizza tante persone e contro cui stanno lavorando alcuni legali per farla revocare. La Lega agita il fatto che i musulmani sono integralisti e che i loro centri vanno chiusi perché si ignora cosa vi avvenga. Ma molti di loro sono qui da 20 anni e non ci sono mai stati problemi. Addirittura, grazie alla crescita della loro presenza e sulla base di una legge regionale voluta dal Presidente Fedriga (sempre della Lega), i sindaci dei Comuni in cui la presenza straniera supera il 30.000 rispetto alla popolazione, hanno diritto ad un aumento della propria indennità del 22% – perché debbono affrontare maggiori difficoltà secondo i leghisti – un beneficio che aumenta del 76% per gli assessori. Ci guadagnano proprio mentre urlano che gli stranieri sono troppi. E poco o nulla fa la giunta per garantire spazi di convivenza. Faccio un esempio che mi tocca da vicino. Dopo il fallimento delle politiche discriminatorie nei confronti dei bambini e dopo tante dichiarazioni in difesa delle donne musulmane, secondo la sindaca, oppresse in virtù della religione professata, per loro non si è neanche provato ad istituire corsi di lingua italiana». Morsolin è molto indignata dall’utilizzo che viene fatto della questione di genere in un paese come il suo in cui solo il 10% delle donne ha un’occupazione, dato veramente preoccupante e dove ovviamente pochissime sono le donne immigrate. «I corsi di italiano si fanno ma bisogna attendere fino a due anni per potervi accedere – riprende Cristiana Morsolin – e non si fanno politiche per le donne in generale. Vanno anche sfatati molti miti in merito alla presenza di migranti a Monfalcone. La presenza di migranti in sette anni è aumentata del 44%, per quelli provenienti dal Bangladesh addirittura del 137%, e il rapporto fra arrivo di uomini e donne è rimasto invariato, 1,4 /1, segnale di come non ci siano uomini da soli che stanno popolando il paese ma nuclei familiari che si stabiliscono qui perché certi di avere un lavoro». Gli arrivi però non sono indice di un grande sviluppo socioeconomico. I cantieri sono a Monfalcone, sin dall’inizio del secolo, ma le decisioni vengono prese dai vertici di Fincantieri che pensano soprattutto ai propri profitti. Per questo si attuano, nei cantieri, politiche di appalti, sub appalti e di recruiting day, vere e proprie forme di caporalato, avallate dal Comune attraverso cui le assunzioni sono privatizzate e parcellizzate e di cui pagano le conseguenze coloro che lavorano e le proprie famiglie, che si ritrovano con salari bassi e contratti perennemente precari.  «Io vorrei che questa pacifica manifestazione, -conclude Morsolin – in cui credo sarà forte anche la presenza femminile, possa essere un momento pacifico per confermare una serena convivenza nella nostra città. Mi auguro che le forze che hanno aderito partecipino in massa, accettando la scelta dei promotori di non avere altre bandiere. Dovremmo anche noi, conservando la nostra identità, essere capaci di rispettare le decisioni di chi ci lancia un messaggio di coesione e non vuole rischiare strumentalizzazioni. La Monfalcone democratica e di sinistra deve esserci tutta. E, lo dico con chiarezza da persona priva di credo religioso: rispettare il diritto al culto altrui non significa chiudere gli occhi di fronte alle violazioni commesse in nome di questo anzi. Significa poter dialogare e risolvere i problemi laddove si creano, non, come fa la giunta, costruire un artificiale “scontro di civiltà”. La manifestazione potrebbe segnare uno spartiacque e magari divenire utile a far comprendere anche a chi ha paura o non conosce, che quelle e quelli che sono in piazza, sono nostri concittadini». La riuscita della mobilitazione, ma anche il semplice fatto di riportare nel discorso pubblico la costruzione di spazi di convivenza pacifica, in cui le istituzioni non diventino strumento per alimentare conflitto e discriminazione, è una grande e bella scommessa. Parlare del diritto ad esercitare il proprio culto significa anche ridefinire il coinvolgimento di cittadine e cittadini, non considerati come tali, nelle scelte delle amministrazioni. Significa parlare di casa, scuola, sanità, trasporti, servizi, ovvero i temi che più toccano la vita di ognuna e ognuno. Viene da pensare, con amarezza ad un fatto. Se le istituzioni italiane avessero, invece di lasciar vincere la paura, ratificato per intera la Convenzione di Strasburgo, anche in quel “capitolo C” dove si fa esplicito riferimento al fatto che chi risiede regolarmente in un luogo per almeno 5 anni deve avere diritto di partecipare, con ruolo sia attivo che passivo, alle competizioni elettorali amministrative, la situazione sarebbe radicalmente diversa. Gran parte di quel 30% di uomini e donne presenti a Monfalcone – ma vale con percentuali diverse anche nel resto del Paese – potrebbero rappresentare o veder rappresentate politicamente le proprie istanze e molto probabilmente, tanto nel lavoro come nei diritti, riceverebbero un trattamento diverso. Il 23 dicembre, in una manifestazione il cui percorso sarà probabilmente limitato e deviato dalle decisioni del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza e in nome del non voler disturbare il “diritto al consumo” nelle festività “lecite”, quelle cattoliche, le bandiere italiane che sventoleranno vorranno affermare anche la ricerca di una parità oggi negata. Una ragione per sostenerla e per aderire in maniera convinta

Stefano Galieni

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2 Commenti. Nuovo commento

  • corrado altran
    26/12/2023 8:30

    Finalmente un articolo “normale, corretto, propositivo. Grazie

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  • i commercianti sgozzati recentemente in Bangla desh, erano miei Paesani. Ma si sa ogni Paese, ha i suoi rinnegati.

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