Meteorite, sbrigati a farla finita. Quello che è doloroso da sopportare è l’agonia.
Se in passato hai fatto sparire i dinosauri, questa volta dobbiamo scomparire noi, i figli di Dio.
Invece ci fai vedere il genocidio in Palestina, i balbettii che sono un assenso dei governi occidentali nei confronti di Israele e l’assurdo scontro fratricida fra Ucraina e Russia, tutti volti a mantenere l’economia di guerra e distruzione, che sembra l’unica di cui è capace il mondo occidentale.
È evidente che le guerre assorbano grandi quantità di finanza, sottratte agli usi che una amministrazione dovrebbe avere, dall’istruzione alla sanità passando attraverso le vie di comunicazione, anch’esse rivolte al veloce traffico di merci e non certo allo spostamento regionale di tanti lavoratori e studenti.
È ancora più avvilente notare che i casi lodevoli di umanità che si muove per soccorrere i migranti che attraversano le varie rotte di mare e di terra, e ancora di più quelli che intervengono direttamente nei conflitti, facendo parte di ONG o associazioni di volontariato, brigate, sono comunque tutte energie che si muovono per la pace, ma la loro agenda viene dettata da altri.
Anche quando sfiliamo nelle piazze per la pace e il disarmo, oppure organizziamo boicottaggio nei confronti di Israele, non organizziamo politiche attive sociali, men che meno internazionaliste.
Sono stati sconfitti in uno scontro durissimo i presupposti materiali della lotta di classe e di conseguenza ci hanno fatto sembrare che quelli ideologici fossero sbagliati.
Il 31 ottobre 2024 è stato giorno di sciopero organizzato dalla CGIL FLC. Le 40 piazze di tutta Italia hanno visto la presenza di insegnanti, personale dell’università e ricerca con un basso numero però di partecipanti. Le parole d’ordine: no al pre-ruolo, la riforma Bernini arrivata dopo un pesante taglio di risorse, esattamente il contrario della “valorizzazione”. Viene creata la figura del “professore usa e getta” e declassati gli attuali ricercatori ad “assistenti di ricerca”. La richiesta finanziaria riguardante gli stipendi, il no al taglio sull’istruzione come sulla sicurezza degli istituti scolastici, (69 crolli in un anno, i 28 morti nella scuola Iovine durante il terremoto in Molise, la stabilizzazione di 250.000 precari.
Quando si parla di precariato, hanno sottolineato i rappresentanti della rete degli studenti medi, si parla anche di mancata continuità per loro di un percorso di apprendimento.
Difficoltà a scioperare vengono ormai dall’entità degli stipendi, spesso erogati a insegnati fuori sede, ed agli orari di insegnamento, che spesso non raggiungono un salario dignitoso.
Per dirla con la segretaria PD Elly Schlein, viene lasciato andare in malora il servizio pubblico non per sciatteria ma per un preciso disegno.
Vorremmo essere, come sinistra, al fianco di un corpo docente che non sente alle sue spalle e nelle sue mani un disegno forte di istruzione, di formazione di pensiero critico, bensì si trova a dover amministrare una filiera tecnologico-professionale che riduce l’offerta formativa consegnandola ai privati.
A questo punto si dovrebbe inserire una lotta di lunga durata, una lotta senza quartiere perché tutti, giovani ed anziani, lavoratori e pensionati, si riapproprino di uno strumento del quale le destre, i fascisti al servizio della borghesia (non è un linguaggio retrò) hanno paura.
Gli scioperi per il clima, quelli per la Palestina sono battaglie culturali, ma per avere peso e continuità devono collegarsi con la gabbia in cui è stata chiusa la pubblica istruzione. La sensazione che questa analisi manchi è forte.
L’app che segnala ai genitori i voti ricevuti dallo studente e le assenze, i permessi per ritirare i figli come fossero pacchi, anche nei piccoli percorsi, sono tutte forme di salvaguardia delle autorità, che gli insegnanti accettano “pro bono pacis”.
Sono tutti tasselli di uno scarico di responsabilità e si aumento di potere da parte dell’istituzione, e di un allontanamento di fatto delle famiglie, che così avranno sempre minori strumenti di dialogo e intervento.
Non c’è molta differenza con l’uso invalso da anni degli incontri dei datori di lavoro con le RSU nei quali si stabilisce a priori l’ora in cui si deve terminare l’incontro. E se non si fosse giunti ad un accordo soddisfacente per le parti? Dobbiamo dimostrare solo efficienza?
La scuola assorbe come una spugna le difficoltà esistenziali della società: dopo il suicidio dello studente a Senigallia, dopo il susseguirsi di ansie da prestazione nei ragazzi, ad Ancona, in una scuola frequentata da classi altolocate, uno studente, siamo sempre sui 14 anni, ha strappato un libro di mano dall’insegnante ed ha cominciato ad inneggiare ad Adolf Hitler. Alcuni compagni non hanno trovato di meglio che filmarlo col telefonino. I provvedimenti sono stati una sospensione di un giorno al giovane nazista in erba, sembra figlio di simili genitori, e di una settimana ai cineoperatori. La responsabile dell’ufficio scolastico regionale è Donatella D’Amico non ha voluto entrare nel merito soffermandosi sul metodo, colpevolizzando gli studenti chi riprendevano.
La società influenza i mezzi di comunicazione. Sul pericolo di come vengono modellate le menti delle nuovissime generazioni ha parlato in maniera chiara e documentata Laura Tussi1.
La scuola avrebbe un potere molto ampio ed un ruolo molto alto: per questo i governi, nei decenni, hanno concorso a smantellarla, dopo la ventata di rimessa in discussione del 68.
L’accusa riguarda molti governi tecnici o di centro sinistra, perché il disegno di legare il nostro popolo al modello unico del capitalismo globalizzato viene dalla fine delle lotte degli anni 60 e 70, e questo lo si dice sempre meno anche a sinistra, per paura di dovere invertire in parte o del tutto la rotta.
Per essere conseguenti non bastano le battaglie pur significative per la scuola in presenza durante il Covid, ed anche le proposte di legge per l’estensione del tempo pieno e la fine delle classi-pollaio vanno viste alla luce delle nuove realtà. La dispersione scolastica va combattuta lottando per abolire la povertà economica ma anche quella intellettuale.
La generazione che, figlia di chi aveva cercato di elevarsi, spesso non prosegue gli studi perché non vede un futuro da laureato, non crede nella possibilità di realizzare i propri interessi. Questa classe anagrafica che va dai 18 anni ai 35 non crede nel valore del posto fisso nell’amministrazione pubblica perché si guadagna poco, e non vede nello Stato con la S maiuscola un’azione pubblica, di valore collettivo, un presidio di democrazia.
Forse hanno una visione simile i genitori formatisi negli anni 80 e seguenti che tendono a trascurare i figli, oppure a non contraddirli, avendo come obiettivo non più il bene comune, ma nell’atomizzazione dei rapporti che porta alla ricerca della carriera personale.
Sono anche queste le ragioni per cui l’agenda, dettata dal capitale, non può essere fermata senza analizzare a fondo le condizioni di non convivenza in cui siamo stati ridotti.
Partiti e sindacati sono così costretti, se vogliono essere strumento di tutti, a riaprirsi davvero ai cittadini di tutte le età.
La lotta di classe deve tornare nelle mani nostre togliendola ai padroni ed a coloro che pensano di poterne fare le mosche cocchiere (Paolo Volponi), o più miseramente i reggicoda, pronti ad essere spazzati via.
Marcello Pesarini