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La casa brucia

di Pasqualina
Napoletano

Ho partecipato a Firenze alla quarta edizione de “Il coraggio della pace disarma” perché vedo accrescersi giorno dopo giorno il divario tra la gravità della situazione sugli innumerevoli fronti di guerra e la debolezza della risposta politica e sociale.

Sembra essere in un altro mondo rispetto a quell’aprile 2003 in cui su moltissimi balconi sventolava la bandiera della pace, eppure eravamo noi, e avevamo, appunto, il coraggio della pace.
La guerra, con tutto quello che essa comporta, torna ad essere una opzione possibile nella testa di molti politici europei che pure, nel mettersi insieme, sembravano averla ripudiata e mai come oggi il detto latino : “se vuoi la pace prepara la guerra” è stato così citato. Fino alla fine della Guerra fredda questo significava “deterrenza”, oggi, che la divisione in blocchi non c’è più, o almeno non nei termini novecenteschi, siamo andati oltre fino a sostenere : “se vuoi la pace fai la guerra”.
Molte inchieste ci dicono che questo non è il sentimento maggioritario nelle opinioni pubbliche europee, eppure, le risposte sono deboli e frammentate; non si può parlare, almeno fino ad ora, di un “movimento” degno di questo nome.

Cosa deve ancora succedere?

Sul fronte russo-ucraino , avendo rinunciato a qualsiasi ipotesi di negoziato ( colloqui del 2022 in Bielorussia e Turchia ampiamente documentati dalla rivista “Foreign Affairs”), si è imboccata la via della vittoria sul campo con dispendio di risorse umane ed economiche, fino alla constatazione che , dopo oltre due anni di guerra, essa è impossibile da raggiungere; di conseguenza, occorre un ulteriore salto che comporti il diretto intervento NATO nel territorio russo. A chiederlo anche la maggioranza del Parlamento Europeo con la Risoluzione del 12 settembre scorso.

In Medio Oriente, la risposta di Israele alla strage di civili perpetrata da Hamas il 7 Ottobre 2023, rivela viepiù l’intento di voler risolvere una volte per tutte la “questione palestinese”. Per far questo, Netanyahu deve “neutralizzare” quella parte del mondo arabo e islamico che ancora ne sostiene la causa, per poi rinsaldare le sue relazione con i Paesi con cui già aveva accordi di pace rinnovati ed ampliati dagli Accordi di Abramo.
Negli Accordi di Abramo è compreso il destino dei palestinesi, mai riconosciuti come popolo, relegati in aree circoscritte e non comunicanti tra loro, circondate da muri di cui il più lungo seguirebbe l’intero corso del fiume Giordano, cui qualcuno vorrebbe, superando il surrealismo di Magritte, mettere il nome di Stato. Nel frattempo Israele potrebbe coronare il sogno di divenire uno Stato etnico “lo Stato degli ebrei”, annettendo Giudea, Samaria (Cisgiordania) e l’intera Gerusalemme revocando, di conseguenza, la cittadinanza al resto dei cittadini non ebrei.
Di fronte a questa precisa e lucida follia – che spiega la spietatezza della risposta, compresa quella di accettare il massacro e la mutilazione di migliaia e migliaia di bambini palestinesi come danno collaterale – gli appelli alla moderazione sono acqua fresca anche perché fino ad ora non accompagnati da alcuna reale e convincente pressione, mentre passa in secondo piano la vita dei rimanenti ostaggi e Netanyahu sembra perfino recuperare il consenso perduto.

L’iniziativa di Firenze ha avuto il merito di richiamare l’attenzione politica su una situazione che è già fuori controllo e che può produrre esiti ancor più catastrofici. E’ anche servita a far conoscere e sostenere alcune iniziative quale quella di alcuni parlamentari europei di dar vita a un Intergruppo Pace e disarmo” in seno al  Parlamento europeo.
Seppure minoranza, 131 deputati europei hanno votato contro la Risoluzione citata e 63 si sono astenuti; quasi tutti i Gruppi politici europei si sono divisi. E’ tempo di unire le forze e provare a costruire anche nel Parlamento Europeo un punto di riferimento politico che abbia come scopo la pace e il disarmo.
Esso potrebbe interloquire con i tanti movimenti , prevalentemente giovanili, che in Europa esistono ma che hanno poca udienza da parte della politica sempre più istituzionalizzata e autosufficiente; ma anche cercare interlocutori che la politica dei governi europei esclude dai propri orizzonti.

In passato, in più occasioni, quel Parlamento ha svolto un ruolo a partire proprio dagli “intergruppi”; penso a come nacque il progetto di Costituzione Europea promosso da Altiero Spinelli, alla lotta contro l’apartheid in Sudafrica, contro l’embargo a Cuba, e si potrebbe ancora continuare;  ma, a proposito di Israele e Palestina, non si possono dimenticare i discorsi tenuti al Parlamento Europeo da Abu Ala e Avrham Burg (rispettivamente Presidenti dell’Assemblea legislativa palestinese e della Knesset). Molte le analisi e i contributi di questa tre giorni fiorentina che, messi insieme, costituiscono un patrimonio importante per la crescita di un movimento che voglia costruire una alternativa alla palude mortifera in cui rischiamo di sprofondare tutti.

Nell’attesa di sviluppi, un ringraziamento sincero all’associazione “Il coraggio della pace disarma”.

Pasqualina Napoletano

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