intersezioni femministe

Give hope a chance

di P. Guazzo,
N. Pirotta

“Il vecchio mondo sta morendo, quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri” (Gramsci, Quaderni del carcere).
Un pensiero che ci sembra quanto mai attuale in questo frangente storico gravido di incognite, interrogativi, inquietudini.
Sul territorio europeo, da più di tre anni, si sta combattendo una guerra, scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina ma la cui genesi è da ricercarsi nel lungo conflitto politico militare fra i due Paesi acuito dalle iniziative della NATO che mirano a favorire l’ingresso dell’Ucraina nell’alleanza atlantica creando disequilibri e fibrillazioni.
In Medio Oriente l’occupazione israeliana dei territori palestinesi, che dura da oltre 70 anni, si è trasformata, nella striscia di Gaza, in un vero e proprio genocidio, giustificato dal governo d’Israele come risposta alle azioni di Hamas ritenute terroristiche, mentre in Cisgiordania le violenze dei coloni contro la popolazione palestinese sono ormai quotidiane e in costante crescita.
Tutto ciò non bastasse le statistiche ci dicono che attualmente, nel mondo, sono 59 i conflitti bellici attivi, il numero più alto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, con gravi conseguenze umanitarie e milioni di sfollati.

Di fronte ad un quadro così funesto, e alla conseguente corsa al riarmo che in Europa è divenuta la nuova frontiera, parrebbe di dover dire che non ci resta che piangere.
Eppure quando sembrava che non ci fossero alternative alla brutalità del sistema, all’ascesa delle destre più reazionarie o all’inevitabilità di un’altra guerra ecco che, in Italia, attorno a uno sciopero generale, in solidarietà con la Global Sumud Flotilla e contro il genocidio in Palestina, sostenuto dalla lotta intransigente dei portuali di Genova e proclamato dal sindacato di base, si è palesata una partecipazione popolare le cui dimensioni nessuno avrebbe immaginato.
Nello sciopero del 22 settembre scorso le migliaia di persone che sono scese in piazza, a prescindere da chi questo sciopero ha organizzato, hanno provato a trasformare l’indignazione popolare nei riguardi del genocidio nella consapevole volontà di “bloccare tutto” per provare a modificare gli attuali rapporti di forza.

E allora, ci siamo chieste, è esagerato permettere alla speranza di recuperare terreno?
Un speranza che “non ha nulla a che fare con l’ottimismo, il desiderio o la fantasia” ma è invece “una questione di capacità intellettuale, emotiva e fisica collettiva che parte dal saper riconoscere e proteggere le innumerevoli e diverse lotte che hanno cominciato a organizzare forme alternative di riproduzione sociale della vita umana e non umana che non corrispondono alla riproduzione del capitale.”
Proprio per questo riteniamo utile pubblicare in questo numero di “Intersezioni Femministe” l’articolo “Come recuperare il terreno della speranza” di Ana Cecilia Dinerstein, professora di sociologia politica e teoria critica all’Università di Bath UK e autrice del libro “Speranza forza sociale” curato da Aldo Zanchetta.

Pur se stiamo dentro la tempesta potremmo comunque, parafrasando il titolo di una bellissima canzone di John Lennon, dare una possibilità alla speranza.

Buona lettura.

Paola Guazzo e Nicoletta Pirotta

Il link per leggere l’articolo:

Come recuperare il terreno della speranza – Comune-info

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