Almeno due sono i temi che hanno caratterizzato la discussione durante l’incontro di venerdì 7 febbraio 2025 su “Gender, neo fondamentalismi e ascesa delle destre”. Una discussione pregnante grazie alla corposa elaborazione che Marcella Corsi e Massimo Prearo, relatori dell’incontro, hanno messo a disposizione.
Il primo tema ha a che vedere con la capacità dell’estrema destra odierna di saper usare gli strumenti comunicativi delle nuove tecnologie diffondendo, attraverso questi canali, la propria narrazione o visione del mondo. Non importa se tale narrazione è contraddittoria, fatta a slogans e rivolta alla “pancia” delle persone. Anzi meglio così.
Le questioni su cui la loro comunicazione è martellante si possono riassumere brevemente in questo modo: il “femonazionalismo” cioè il dirsi strumentalmente a favore dell’uguaglianza di genere per portare avanti politiche razziste e xenofobe; la “remigrazione” cioè l’attacco alle politiche migratorie di accoglienza per deportare, con le catene ai piedi, chiunque non rientri nei propri interessi economici e sociali (l’irricevibile proposta di Trump su Gaza è l’esempio più eclatante) ; l’ossessione sull’eterosessualità e l’odio verso l’omosessualità ma in particolare verso le persone trans; la negazione dei cambiamenti climatici; l’attacco alla “democrazia liberale” e l’ossessione per il controllo e la sicurezza. Il tutto all’interno dell’esaltazione della “ricchezza”come capacità individuale di “costruirsi da sé” e quindi di avere merito per occupare posti di potere.
Tutto ciò facendo carta straccia del mondo che, in occidente, abbiamo sin qui conosciuto. Il loro volersi “fare storia” potrebbe non essere solo uno slogan,
Il secondo tema riguarda noi. Cioè chi “li sta vedendo arrivare” visto che gli esponenti di questa destra estrema, non si fanno vergogna di esprimere in modo inequivocabile il loro pensiero.
Vederli arrivare dovrebbe stimolare, per chi non vuole rassegnarsi, la capacità di non lasciarsi intimorire, opponendo alla loro un’altra visione del mondo (gli argomenti non mancano) e costruendo mobilitazione sociale.
Massimo Prearo ha sottolineato che, almeno per ora, la capacità di usare strumenti digitali che promuovono consenso non si sostanzia nella capacità di radicarsi sul territorio in modo stabile costruendo un’egemonia reale.
Marcella Corsi ha indicato quanto sia necessario e possibile usare la rete, specie con sguardo femminista, per contrastare la narrazione dell’estrema destra e offrire un’altra visione di sé e del mondo.
In questa prospettiva abbiamo pensato di aprire all’interno di “intersezioni femministe” , rubrica che da tempo curiamo, uno spazio specifico (“li vediamo arrivare e non ci facciamo intimorire”) nel quale pubblicare articoli che aiutano non solo a conoscere meglio e a resistere ma anche a pensarsi capaci di reagire sul piano sociale e politico.
Cominciamo con l’articolo di Judith Butler che ci pare rispondere superbamente al nostro intento.
Le curatrici
ALLE PASSIONI FASCISTE DEL TYCOON OPPONIAMO LE NOSTRE
Judith Butler
da “Il manifesto”, 8 febbraio 2025
Mentre Donald Trump emana ogni giorno una serie di ordini esecutivi devastanti e dichiarazioni pubbliche spaventose, non è mai stato così importante evitare di restare intrappolati nella sua oscenità, e concentrarsi su come le questioni siano interconnesse. È facile dimenticare o mettere da parte gli ordini esecutivi della settimana precedente.
Divieti ai programmi e ai discorsi su diversità, giustizia e inclusione (Dei), così come alla cosiddetta «ideologia di genere» in tutti i programmi finanziati a livello federale – mentre nuove oscenità inondano il ciclo delle notizie. Minacce di deportazione per studenti internazionali che partecipano a proteste legittime; mire espansionistiche su Panama e Groenlandia e proposte di trasferimento totale e forzato dei palestinesi di Gaza dalla loro terra sono state annunciate in rapida successione. In ciascun caso, Trump fa queste dichiarazioni come dimostrazione di potere, testando la possibilità che le misure entrino in vigore. Gli ordini esecutivi possono essere fermati dai tribunali, ma le deportazioni di immigrati sono già iniziate, così come la riapertura degli orrendi campi di Guantánamo.
L’ACCUMULO di potere autoritario dipende in parte dalla disponibilità delle persone a credere nel potere esercitato dal presidente. In alcuni casi, le dichiarazioni di Trump servono a tastare il terreno, ma in altri l’affermazione oltraggiosa è di per sé il risultato. Sfida la vergogna e i vincoli legali per dare prova della sua capacità di farlo, facendo mostra davanti al mondo di un sadismo senza vergogna.
L’esaltazione di questo sadismo senza vergogna incita altre persone a celebrare questa versione della mascolinità, che non solo è disposta a sfidare le regole e i principi che governano la vita democratica (libertà, uguaglianza, giustizia), ma che mette in pratica questa sfida come una forma di “liberazione” da false ideologie e dai vincoli legali. Un odio esaltato ora si presenta come libertà, mentre le libertà per cui molti di noi hanno lottato per decenni vengono distorte e osteggiate in quanto moralismo repressivo woke.
La gioia sadica non appartiene solo a lui; per esistere essa dipende dall’essere comunicata e ampiamente goduta – è una celebrazione comunitaria e contagiosa della crudeltà. Infatti, l’attenzione che riceve dai media alimenta questa follia sadica. Deve essere conosciuta, vista e udita, questa parata oltraggiosa, reazionaria e provocatoria. Ed è per questo che ormai non può più bastare il semplice smascheramento dell’ipocrisia. Non c’è alcuna facciata morale da strappare via. No, la richiesta pubblica di una parvenza di moralità da parte del leader è stata ribaltata: i suoi seguaci si esaltano davanti alla sua ostentazione di disprezzo per la moralità, e la condividono.
L’ESIBIZIONE sfacciata dell’odio, il disprezzo per i diritti, la volontà di privare le persone dei loro diritti di uguaglianza e libertà vietando il concetto di “genere” e le sue sfide al sistema binario del sesso (negando l’esistenza e i diritti delle persone trans, intersessuali e non binarie), la distruzione dei programmi Dei pensati per dare potere a chi ha subito discriminazioni sistemiche e durature; le deportazioni forzate degli immigrati, e gli appelli alla totale spoliazione di chi è sopravvissuto, traumatizzato, alle azioni genocidarie a Gaza.
Raphael Lemkin, l’avvocato ebreo polacco che coniò il termine «genocidio», chiarì che esso include «un piano coordinato volto alla distruzione delle fondamenta essenziali della vita di gruppi nazionali… Può essere realizzato eliminando ogni fondamento di sicurezza personale, libertà, salute e dignità». Proprio il trasferimento forzato di bambini è il quinto atto punibile secondo la Convenzione sul Genocidio adottata nel 1948.
NON TUTTE le privazioni di diritti operate da Trump rientrano nella categoria del genocidio, ma molte di esse esprimono passioni fasciste. Negare alle persone trans, intersessuali e non binarie il diritto all’assistenza sanitaria, al riconoscimento legale e alla libertà di espressione attacca le fondamenta stesse della loro vita. Persino la Corte suprema conservatrice ha stabilito che la discriminazione contro le persone trans e gender non-conforming costituisce una discriminazione su base sessuale (Bostock v. Clayton, 2020). Pertanto, non ha senso affermare che i diritti trans minaccino la legislazione contro la discriminazione sessuale: ne fanno parte e devono essere protetti da essa.
Rastrellare immigrati da scuole e case, deportarli con la forza nei centri di detenzione e privarli del diritto a un giusto processo non dà solo prova di un evidente disprezzo per quelle comunità, ma per la stessa democrazia costituzionale. La minaccia allo ius soli sfida una protezione costituzionale fondamentale e colloca Trump al di sopra dello stato di diritto e dell’equilibrio dei poteri.
SE CONTINUIAMO a essere sopraffatti dall’indignazione e paralizzati dallo sconcerto per ogni sua nuova affermazione quotidiana, non riusciremo a vedere cosa le lega tutte insieme. L’essere sopraffatti dalle sue dichiarazioni è precisamente l’obiettivo della loro enunciazione. In un certo senso, quando ne siamo sopraffatti e paralizzati, siamo loro ostaggio. Sebbene ci siano tutte le ragioni per essere indignati, non possiamo lasciare che questa indignazione ci sommerga e paralizzi il nostro pensiero. Perché questo è il momento di comprendere le passioni fasciste che alimentano questa sfacciata presa di potere autoritario.
Coloro che celebrano le sue provocazioni e il suo sadismo sono intrappolati nella sua logica tanto quanto coloro che restano pietrificati dall’indignazione.
FORSE È IL MOMENTO di prendere le distanze da queste passioni per capire come funzionano, ma anche per trovare passioni nostre: il desiderio di una libertà condivisa equamente; di un’uguaglianza che realizzi le promesse democratiche; di riparare e rigenerare i processi vitali della Terra; di accettare e affermare la complessità delle nostre vite all’interno dei nostri corpi; di immaginare un mondo in cui il governo sostenga la salute e l’istruzione per tutti, in cui tutti possiamo vivere senza paura, sapendo che le nostre vite interconnesse hanno ciascuna uguale valore.