editoriali

Bollette salate: gli effetti di scelte liberiste asservite ai signori del fossile

di Riccardo
Rifici

Proprio quando la Commissione europea vuole inserire il nucleare e il metano tra le voci considerate “green” nella cosiddetta Tassonomia (le regole che saranno adottate per favorire gli investimenti per raggiungere gli obiettivi sul clima fissati dalla UE per il 2030 e per il 2050), esplode la questione bollette energetiche in mezza Europa e in particolare in Italia.

Ci hanno sempre raccontato che il mercato è il meglio che c’è. Perché la concorrenza mette in competizione i vari fornitori di beni, come ad esempio l’energia e ci garantisce prezzi più bassi.

Forse è con questa scusa che hanno abolito il mercato tutelato dell’energia, così oggi siamo tutti nel meraviglioso “mercato libero” dell’energia!

Il risultato?  Da un lato il fastidio dover subire, ai nostri telefoni e nelle nostre abitazioni, l’assalto di “venditori” di contratti energetici che ci vogliono mostrare gli “incredibili” sconti che si verranno fatti sulla bolletta se preferiamo la loro azienda di riferimento, dall’altro, essere completamente alla mercé dei prezzi che, con pochi controlli della ARERA, le varie aziende ci impongono di pagare.

In questi mesi, a causa della congiuntura sfavorevole di alcuni fattori (principalmente la veloce ripresa economica nel dopo Covid, e problemi geopolitici) aggravati dalla assoluta mancanza di una seria politica e programmazione energetica, ci troviamo ad affrontare la lievitazione della spesa per l’energia. Questi aumenti, che per la voce della sola energia (depurata da tasse e altri oneri)1, è più che raddoppiata, sta causando gravi problemi sia ai bilanci di molte famiglie, sia a quelli di molte attività produttive.  Bisogna sottolineare che questi aumenti, soprattutto per le famiglie meno abbienti, hanno un doppio peso: quello diretto della bolletta, e quello indiretto legato all’aumento dei prezzi dei vari beni di consumo che acquistiamo (pane, pasta, ecc…) causato in larga parte dall’aumento dei costi dell’energia, in particolare del metano.

Per discutere di ciò che sta accadendo oggi, è utile guardare le cose partendo da più lontano.

Due cose prima di ogni altra.

  1. Cosa ci hanno fatto pagare nella bolletta.
  2. La politica energetica e la programmazione economica

I due punti prima citati sono fortemente connessi, uno e la conseguenza dell’altro.

Per quanto riguarda il primo, parliamo dal CIP6.

Il CIP6 è una delibera del Comitato interministeriale dei prezzi adottata il 29 aprile 1992 in relazione alla legge n. 9 del 1991, con cui sono stabiliti prezzi incentivati per l’energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e “assimilate”.

È proprio grazie la dizione “assimilate” che ci fu il misfatto! Questa dizione fu aggiunta alla previsione originaria in sede di approvazione del provvedimento per includere fonti di vario tipo (inceneritori, impianti industriali, ecc..).

I costi di tale incentivo venivano finanziati mediante un sovrapprezzo di circa il 7% del costo dell’energia elettrica, che viene addebitato direttamente nelle bollette ai consumatori finali.

Ma, pur dovendo criticare degli sbagli sulle rinnovabili, fatti a causa di varie speculazioni attuate da soggetti discutibili, va detto che i maggiori costi che i cittadini italiani hanno sostenuto sino a poco tempo fa non sono certo serviti ad attuare la transizione energetica.

Buona parte di questi finanziamenti provenienti dal CIP6, sono andati agli inceneritori, a impianti industriali e molto pochi alle fonti rinnovabili. Una stima fatta nel 2015 parlava di 58 miliardi, solo un terzo dei quali andato effettivamente alle fonti rinnovabili!

Quindi, in sostanza, invece di attivare un processo robusto verso la transizione ecologica abbiamo finanziato inceneritori, impianti che bruciavano residui di raffineria ed altro, Ma ci hanno detto che il costo delle bollette cresceva per colpa di finanziamenti dati alle rinnovabili! Del resto, qualcuno, anche oggi, ha detto che l’aumento dei costi in bolletta è causato dall’aumento del costo delle emissioni della CO2 (la normativa ETS della UE)!

E ora l’intera Europa, grazie alle scelte della Commissione europea sulla Tassonomia, potrebbe essere trascinata in un meccanismo analogo al CIP6, che toglie risorse alle fonti rinnovabili e ad altri investimenti per la transizione ecologica, per dalle al nucleare e al gas!

Per quanto riguarda la seconda questione (La politica energetica e la programmazione economica) va ricordato che prima del 2013 i prezzi del gas italiano erano determinati sulla base di contratti a lungo termine, quindi piuttosto stabili, non soggetti ad altalene dei mercati.

Ma poi è prevalso il miraggio della bellezza del mercato! Ha prevalso l’idea di poter spuntare prezzi più bassi facendo delle vere e proprie scommesse sui titoli dei combustibili (in sostanza sui cosiddetti prezzi spot della borsa olandese (TTF – Title Transfer Facility – mercato di riferimento europeo)

Così, con la santificazione del mercato e della liberalizzazione, il mercato il gas è finito nelle mani della finanza speculativa, le cui decisioni sono basate più su informazioni dell’ultima ora e sulle sensazioni conseguenti, piuttosto che su razionalità economiche.

Poiché le borse sono spesso guidate da aspettative e da speculazioni, è sufficiente che una notizia sia ritenuta credibile stravolgere il mercato. Ecco allora che vicenda Ucraina e le dichiarazioni di Biden o di Putin acquistano un peso molto maggiore provocando un’impennata dei cosiddetti “future” ossia quantità e prezzi fissati contrattualmente ad una data futura specifica.

Solo dopo che i buoi sono scappati, i vertici europei ed italiani si accorgono che era meglio pianificare a lungo termine gli acquisti di gas e di garantirsi una adeguato quantitativo di scorte.

Di fronte a questa situazione, oltre a cambiare le modalità con cui si acquistano i combustibili, vi sono due cose da fare

  1. Mettere in atto azioni di sostegno economico alle famiglie (bisogna ripristinare un mercato tutelato) e alle attività produttive, magari attingendo ai profitti delle grandi aziende energetiche (ENI, ecc..).
  2. Dare una forte accelerazione alla transizione energetica, svicolandoci dai combustibili fossili.

Naturalmente, vanno respinte le posizioni della Commissione europea che vuole considerare sostenibili il gas e il nucleare.

 

Riccardo Rifici

 

  1. Sino alla fine del 2021 la percentuale del costo dovuto all’energia sul totale della bolletta si aggirava dal 55 al60% , il resto era imputabile ad altre voci (tasse, costi di sistema e altri oneri). Oggi quella percentuale è arrivata al 70%.[]
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