“14 marzo 2017. André esce di casa per qualche piccolo acquisto. Lo faceva sovente. Abitando a poche centinaia di metri da lui, l’avevo incontrato un paio di volte. Regolarmente, dal breve saluto, passava a parlarmi, in modo concitato ed appassionato, dei temi della politica, dei suoi studi, dei prossimi appuntamenti. Quel giorno si sente male. Lo trovano, privo di vita, su una panchina. Non so quali progetti di lavoro avesse. Da poche settimane era era presidente degli Amis de la liberté. Mancheranno le sue conferenze, i suoi scritti, i suoi interventi appassionati, la sua amicizia, la sua autorità. Questo libro, che recupera suoi scritti italiani, purtroppo dimenticati, di una stagione in cui riviste, anche minoritarie, svolgevano un qualche ruolo di sollecitazione politico-culturale e di formazione, vuole essere un omaggio e un atto di gratitudine ad un maestro e compagno la cui grandezza ed importanza queste pagine hanno solo parzialmente ripercorso.”
Le parole sono quelle conclusive del saggio introduttivo di Sergio Dalmasso al libro André Tosel, sulla crisi storica del marxismo. Saggi, note e scritti italiani per una nuova riflessione critica. Dalmasso è il curatore fondamentale di questo libro, bello e prezioso. Come ci tiene a sottolineare nella sua prefazione Fabio Minazzi. Il libro è appena uscito con le edizioni Mimesis. Grazie anche a vari contributi del Centro Internazionale Insubrico dell’università degli studi dell’Insubria-Varese di cui Minazzi è direttore scientifico. Minazzi stesso ha conosciuto Tosel già nella fine degli anni ‘80 nel corso di impegni di studio francesi. E a Varese doveva tenersi una conferenza di Tosel sull’idea di trasformazione e i mille marxismi poi impedita dalla morte del filosofo francese. Prima della conferenza avrebbe dovuto recarsi a Genova per conoscere la città di Dalmasso. L’incontro tra Tosel e Dalmasso era avvenuto a Nizza nel giugno 2012. Nizza città natale di Tosel e buon rifugio per Dalmasso. Che da questa sua francofilia parte per la narrazione di una conoscenza dal vivo e nel vivo. Quella culturale apparteneva ai tanti scritti che Tosel aveva consegnato alle pubblicazioni italiane, alcuni dei quali costituiscono la prima sezione del volume, laddove la seconda sono quelli francesi e la terza è una appendice omaggio fatta di messaggi inviati per la morte di Tosel.
Quel giorno, scrive Dalmasso, che doveva assistere ad una conferenza sul colonialismo poi sostituita da una di Tosel su Rousseau. Tosel era, appunto, di Nizza, città francese, particolare, borghese ma con le presenze comuniste radicate e i lavoratori transfrontalieri. Nasce un’amicizia, da cui gli incontri, l’invito a Varese, mancato, il libro dalla lunga gestazione dati anche i tempi di covid ma dall’esito prezioso.
Leggo volentieri i lavori di Dalmasso. Perché sono vivi. Rendono l’esistenza delle persone e del pensiero. Non si sovrappongono ma accompagnano. Come un passeggiare tra cose, idee, fatti. Il consiglio è dunque di leggerlo questo libro. Per me, queste note di invito a farlo, sono anch’esse solo un breve spoiler di un percorso che va fatto col testo in mano. Che infatti ha come primo testo italiano di Tesel un’intervista in cui si racconta. Dalmasso ci aveva introdotto. Da Pascal, delle origini cristiane dell’autore, che fu amico di Domenico Jervolino, alla “emancipazione” con Spinoza che lo accompagna per tutto il lungo percorso militante ed intellettuale. Dalle organizzazioni di sinistra cattolica al Pcf, alla fuoriuscita verso i tentativi di innovazione, al rientro nello stesso Pcf. E, intellettualmente, da Althusser all’approdo fondamentale a Gramsci, praticamente definitivo, e di cui fu principale traduttore e divulgatore in Francia. Gramsci per ridare vitalità al marxismo, liberandolo da economicismo e determinismo. Per affrontare le nuove sfide della globalizzazione, dell’eclisse del pensiero socialista, a fronte dei nuovi fondamentalismi del capitalismo finanziario e delle religioni monoteiste. Gramsci per reinterpretare più riccamente di quanto avesse fatto la stessa cultura francese la laicità. E per affrontare la sfida che la borghesia sempre vuole impedire le venga dichiarata e cioè quella per una egemonia della Rivoluzione che sia la liberazione reale delle persone reali. Buona lettura.
Roberto Musacchio