Quale autorità, quale potere ci garantisce in questa congiuntura drammatica in cui la pandemia falcia decine di migliaia d vite assieme di interi settori dell’economia? Da un anno viviamo in una gestione emergenziale- a geometria variabile- di ogni aspetto delle relazioni sociali ed economiche, una gestione ondivaga dopo un inizio drastico della durata di due mesi, in cui abbiamo vissuto chiusi in casa mentre le sirene rompevano il silenzio delle città.
Quale forma di emergenza, quale tipo di regolazione microfisica di ogni relazione sociale, quale cura può ridarci la salute, quale formula economica può ridare slancio al ciclo economico, garantire un minimo vitale a milioni di famiglie private della loro fonte di reddito?
Costituzione materiale prodotta dal mondo virtuale
Sono domande che nascono in una situazione, di cris globale, sorgono da sistemi sociali, economici e politici sottoposti a tensioni, rotture che continuano a manifestarsi; la realtà globale è fortemente diversificata, non una sola regione del mondo è risparmiata – neppure la Cina, che pure ha realizzato la risposta più netta e risoluta alla pandemia- e la traiettoria dell’economia mondo sta deviando verso percorsi imprevedibili. La costituzione materiale del mondo è in profondo cambiamentera già prima della pandemia, poche società, che controllano e tecnologie del digitale e della vita ne determinano i i processi più profondi, rivoluzionao la composizione sociale, acquisiscono un potere crescente, entrano in tensione, in un gioco di cooperazione e competizione, con il governo politico delle società, con gli stati. Una costituzione materiale il cui cuore è sempre più determanata dal processo di sussunzione -dalla regolazione tecnologica, produttiva e finanziaria- dei mondi vitali, nella loro dimensione biologica, psichica e sociale.
Da un rischio globale all’altro.
.L’esperienza della pandemia destruttura l’esistenza quotidiana, entra nella microfisica dei gesti minuti e abituali. Questa dimensione individuale, propria delle relazioni interpersonali , dei percorsi di vita personali, cerca una sua giustificazione, razionalizzazione ragionando sulla dimensione globale della pandemia, sulle sua cause sui dispositivi di controllo messi in atto per governarla. Si apre un ampio ventaglio di comportamenti e reazioni, di chiusura nel proprio ambito di vita particolare o di partecipazione ad un dibattio pubblico, con un ampio spettro di gradazioni e forme.
Prima di precipitare in questa condizione totalizzante, il movimento dei Fridays For Future,laveva imposto un ampio dibattito pubblico sul mutamento climatico, aveva imposto all’opinione pubblica, introdotto nella coscienza collettiva una dimensione di rischio globale e condiviso, un orizzonte catastrofico di cambiamenti irreversibili purtroppo molto prossimo, collegando l’esperienza diretta dei fenomeni metereologici estremi, delle trasformazioni ambientali al riscaldamento globale in corso. Si è creato la percezion,e più o meno elaborata razionalmente, del nesso tra esistenza quotidiana -ciò che si dà per scontato come suo fondamento materiale e sociale- e processi globali, Il nesso tra la maggior frequenza di eventi drammatici ed un orizzonte catastrofico. Quasi sena soluzione di continuità la pandemia da Sars-Cov-2 ha portato l’orizzonte catastrofico nel presente, nella realtà quotidiana, suggerendo peraltro che quell’orizzonte si realizzi in eventi collegati allo stesso processo, il riferimento è alla zoonosi causata dalla devastazione degli ecosistemi. I percorsi per razionalizzare il tutto per collegare le analisi dgli esperti, non sempre convergenti, alla formazione di un senso comune sono di una complessità straordinaria tanto quanto i fenomeni da cui prendono origine. Non ci possiamo stupire di quell’ampio ventaglio, alimentato e veicolato dai socialmedia.
Poteri smisurati e fragilità esistenziale
L‘esperienza del rischio, della fragilità, della precarietà esistenziale si è accentuata ed approfondita nonostante queste dimensioni fossero già costitutive della società globalizzata; si accentuano le diseguaglianze e la perdita di coesione sociale. Fragilità, precarietà, incapacità di controllare le proprie condizioni di vita, di determinare il proprio futuro, costituiscono l’esperienza condivisa dalla gran parte delle persone di fronte ad eventi, processi e poteri smisurati, incommensurabili rispetto alle proprie risorse e capacità. In questa condizione spesso si cerca il rimedio, la cura, la protezione garantita da un potere certo, da saperi rassicuranti, si sceglie di chiudersi entro recinti esclusivi in cui ci si sente protettidi questo atteggiamento. L’opposto è la solidarietà, l’inclusione, la cooperazione, la condivisione della conoscenza, l’assunzione di responsabilità collettiva, ma non è semplice da realizzare.
Il confronto con poteri smisurati rende difficile la pratica, l’esperienza del conflitto sociale, soprattutto di conflitti vincenti; precarietà sociale e fragilità esistenziale sollecitano tanto al conflitto quanto alla rassegnazione. La frammentazione della composizione sociale e della composizione politica che ne deriva, rendono difficile la costruzione di movimenti strutturati, alimentano uno spirito di rassegnazione, spingono ad affidarsi a poteri superiori di cui contemporaneamente si diffida: ricerca di recinti privati in cui richiudere le proprie relazioni, delegittimazione dell’ordine sociale e politica e contemporaneamente affidamento a istanze di potere superiori. .I social media amplificano e velocizzano questi processi, generalizzando tendenze e posture che attraversano le bolle particolari in cui vivono le centinaia di milioni, i miliardi di persone che li abitano
Le osservazioni precedenti non giustificano l’omologazione delle diverse formazioni sociali ad un unico modello, ma descrivono processi che le attraversano tutte. Stati Uniti o Italia, Cina o Germania. L’assalto a Capitol Hill ha reso evidente i caratteri della società statunitense, il saldarsi della rivendicazione dell’autonomia individuale e comunitaria nei confronti dello stato, con le pulsioni più razziste e suprematiste, impacchettate entro la teoria del complotto, alimentate ed educate dall’immaginario raccapricciante di QAnon1. Gli epigoni di casa nostra sono ben poca cosa al confronto, tuttavia la ferocia dei leoni da tastiera che negli anni abbiamo visto montare sulla rete nei confronti dei migranti -di ‘poveri ed emarginati’ che offendono il decoro pubblico- ha prodotto un linguaggio altrettanto raccapricciante, a cui purtroppo hanno corrisposto comportamenti concreti, scelte politiche ed istituzionali che li hanno blanditi. La società USA di converso ha conosciuto la nascita ed il diffondersi del movimento Black Lives Matter che ha coagulato una molteplicità di movimenti, organizzazioni e situazioni locali in un movimento contro il razzismo e l’ingiustizia sociale, cresciuto nel 2019-2020, con unn origine negli anni precedenti, testimoniata dall’uso dell’hastag #BlackLivesMatter sui social media2
Gli insegnamenti del movimento dei movimenti.
Nei primi anni di questo secolo è cresciuto un movimento globale, con profonde radici nei movimenti di tutti i continenti, contro quel mondo che la globalizzazione finanziaria stava costruendo e contro le guerre del dopo 11 settembre. Una esperienza molteplice che si è strutturata ed ha prodotto la propria elaborazione negli incontri -mondiali, continentali e nazionali- del Social Forum Mondiale. Il patrimonio dell’elaborazione prodotta si articolava essenzialmente attorno ai concetti dei beni comuni naturali e sociali, della democrazia partecipativa, della difesa dell’ambiente, della biodiversità, della pluralità delle culture. Si trattava di un intreccio di pratiche e culture che ha sviluppato la sua carta dei principi, senza per questo richiudere la pluralità delle culture e delle forme di vita sociale entro alcun schema rigido predefinito: la prefigurazione di un nuovo e diverso mondo possibile.
Democrazia partecipativa e beni comuni
L’aspetto saliente di quel movimento rispetto alla nostra riflessione è la capacità di confrontarsi con i processi globali dell’economia mondo, producendo azioni altrettanto globali, costruendo coalizioni di realtà locali, sindacali, nazionali continentali, culturali, sociali e di genere: praticando quel nesso tra locale e globale che la cultura ambientalista proponeva, costruendo una nuova ecologia dei movimenti. Se la pluralità di movimenti non è certo scomparsa – è in continua trasformazione- il suo carattere globale, la sua capacità di costruire coalizioni, obiettivi e unità d’azione si sono drammaticamente ridotti: a fronte dello straordinario sviluppo del processo di globalizzazione, passato attraverso le crisi delle dot.com del 2001, dei derivati del 2008, sino all’impatto attuale con la pandemia da Sars-Cov-2, che induce ulteriori accelerazioni e mutamenti.
Il discorso su democrazia partecipativa e beni comuni, si è cresciuto come elaborazione teorica, come strumento di critica, elaborazione progettuale, pratica conflittuale, sociale e politica. Ha approfondito il nesso, ma anche la differnza tra beni comuni, il comune, come rapporto sociale,proprietà pubblica ed intervento diretto dello stato nell’economia. Questo nesso critica la forma dello stato che la globalizzazione e la finanziarizzazione dell’economia ha costruito, la critica alla costituzione materiale degli stati e della società globale. È un patrimonio si cui fondare la critica al processo di appropriazione privata dei meccanismi di riproduzione, evoluzione e trasformazione delle relazioni sociali e, biologiche, ambientali ed ecologiche, di cui stiamo vivendo drammaticamente gli effetti nella produzione dei vaccini contro la pandemia Covd-19 e nella gestione dei sistemi sanitari.
Se il processo di globalizzazione della finanza e dei sistemi tecnologici e produttivi ha sopravanato la la capacità di risposta deil movimenti sociali, rendere possibile il ribaltamento del rapporto di forza richiede di approfondire la capacità di critica e di progetto, scavando a fondo nelle condizioni sociali ed esistenziali, decostruendo i meccansimi dei poteri, la forma ed il ruolo dello stato; controllo dal basso; partecipazione politica e conflitto sociale strutturato non possono riferisi ad una composizione sociale e a una forma stato che non esistono più.
Questo straordinario patrimonio si confronta oggi con il riflusso delle coscienze, con la fragilità e la precarietà delle esistenze di fronte alla dismisura dei poteri che ci governano. Nel nostro paese, precipitato in un abisso di crisi sanitaria, sociale ed economica, si aggiungono gli effetti di una stagnazione pluridecennale della formazione sociale -al cui interno si sono accentuate le diseguaglianze in tutte le dimensioni e a tutti i livelli possibili- che ha portato ad una sorta di implosione sempre più accentuata, documentata impietosamente nelle statistiche demografiche d che vedono un prevalere nel 2020 delle morti sulle nascite, 700.000 morti contro circa 400.000 nuovi nati3.
Condividere l’abisso per praticare la liberazione
Precarietà, fragilità e rassegnazione a livello individuale e collettivo sono condizioni, sentimenti ed atteggiamenti largamente diffusi, con cui una sinistra deve fare i conti, facendo i conti con l’egemonia che destre, padronali e populiste insieme hanno esercitato a partire da questa condizione. La proposta in particolare di una estensione ed innovazione dell’intervento pubblico nell’economia, si è rifatto strada nella coscienza collettiva di fronte alle vicende dei vaccini e del funzionamento dl sistema sanitario nella pandemia; un sussulto della cosceinza collettiva e del dibattito pubblico che può essere valorizzato, solo se si riflette sulla complessa e frammentata condizione in cui vivono gli abitanti di questo paese, che va capita ed esplorata , condividendola mentre la si combatte, costruendo intervento politico , stimolando conflitto e auto-organizzazione sociale, irealizzando un circuito virtuoso tra ricerca e azione.
Porre l’obiettivo del primato del bene pubblico sull’interesse privato necessita di pratiche che scavino nel profondo delle ragioni della passività. Arrivando a ribaltare la percezione, la visione della realtà, in primo luogo quella per lo stato sia un lontano potere che ci sovrasta, sostanzialemnte inavvicinabile e non modoficabile dal basso-affare di lor signori e dei signori della politica- facendo crescere la convizione che sia possibile farlo diventare patrimonio comune, avvicinabile, trasformabile ingaggiando conflitti, costruendo lotte e patecipazione, contedendo ogni frammento della vita sociale: affermazione schematia che deve tenere conto degli avvertimenti e delle considerazioni precedenti.
Se è giusto parlare oggi di società della cura contro la società del profitto, non è sufficente però una moltiplicazione delle analisi, dei gruppi di lavoro e di studio, se le pratiche di lotta, le forme di organizzazione non si fanno carne e sangue di un organismo sociale che si riscatta dalla sua condizione di fragilitò, precarietà e rassegnazione, condividendo ed esplorando gli abissi di questa sua condizione, comprendendola razionalmente ed empaticamente.
- https://en.wikipedia.org/wiki/QAnon[↩]
- https://en.wikipedia.org/wiki/Black_Lives_Matter In July 2013, the movement began with the use of the hashtag #BlackLivesMatter on social media after the acquittal of George Zimmerman in the shooting death of African-American teen Trayvon Martin 17 months earlier in February 2012. The movement became nationally recognized for street demonstrations following the 2014 deaths of two African Americans, that of Michael Brown—resulting in protests and unrest in Ferguson, Missouri, a city near St. Louis—and Eric Garner in New York City.[8][9] Since the Ferguson protests, participants in the movement have demonstrated against the deaths of numerous other African Americans by police actions or while in police custody. In the summer of 2015, Black Lives Matter activists became involved in the 2016 United States presidential election.[10] The originators of the hashtag and call to action, Alicia Garza, Patrisse Cullors, and Opal Tometi, expanded their project into a national network of over 30 local chapters between 2014 and 2016.[11] The overall Black Lives Matter movement is a decentralized network of activists with no formal hierarchy. The movement returned to national headlines and gained further international attention[13] during the global George Floyd protests in 2020 following the killing of George Floyd by Minneapolis police officer Derek Chauvin. An estimated 15 million to 26 million people participated in the 2020 Black Lives Matter protests in the United States, making it one of the largest movements in the country’s history.[14] The movement comprises many views and a broad array of demands but they center on criminal justice reform.[↩]
- https://www.lastampa.it/cronaca/2021/02/01/news/istat-nel-2020-piu-morti-che-nati-mai-successo-dalla-spagnola-del-1918-1.39848088 [↩]
