Mentre il governo e alcuni ministri invocano alla sobrietà nelle commemorazioni del 25 aprile, ci sentiamo contemporaneamente festanti e tristi. Questo crediamo sia stato il sentimento di chi ottanta anni fa scendeva in piazza per festeggiare una liberazione non solo militare ma anche e soprattutto culturale che il fascismo aveva imposto con il terrore sin dal suo nascere.
Un sentimento di liberazione che non dimentica i tanti caduti e le tante cadute affinchè quella liberazione fosse possibile. La vittoria della pace sulla barbarie della guerra, della fratellanza sul suprematismo.
Sono passati ottanta anni e le conquiste che quelle donne e quegli uomini avevano affermato sono man mano state erose fino a ritrovarci oggi ancora, come allora, a dover fare i conti con guerra e suprematismo. Lo facciamo con una presenza in meno, una figura come il papa con cui abbiamo condiviso alcune battaglie comuni e che speriamo possano essere ancora un sentiero comune, pur nelle differenze, con chi gli succederà, con chi da punti di vista diversi, spera ancora che la pace sia possibile e necessaria e per farla si batte.
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