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Nuove divisioni nella sinistra radicale in Europa

di Franco
Ferrari

I partiti della sinistra radicale che operano nei paesi dell’Unione Europea hanno sempre trovato molte difficoltà a darsi strumenti unitari a livello sovranazionale, benché l’assetto istituzionale offrisse opportunità (con i relativi vincoli) per procedere in tale direzione. Ormai da tempo si sono consolidati i cosiddetti “partiti di livello europeo” che veri e propri partiti non sono, quanto piuttosto alleanze tra partiti nazionali con maggiori o minori livelli di integrazione. Socialdemocratici e verdi hanno costituito da tempo partiti europei che uniscono la quasi totalità delle rispettive “famiglie politiche”, benché non manchino differenze interne e momenti di frizione. Questi partiti si sono poi integrati in buona misura con i rispettivi gruppi parlamentari, anche se questi a volte inglobano forze che dispongono a loro volta di una propria struttura politica europea. Ad esempio i verdi includono europarlamentari che si riconoscono nell’Alleanza Libera Europea, che raccoglie partiti regionalisti.

Nei giorni scorsi si è confermata ufficialmente la decisione di sette formazioni della sinistra radicale di dar vita ad un nuovo partito di livello europeo che ha assunto la denominazione ufficiale di “Alleanza della sinistra europea per i popoli e il pianeta” (in sigla ELA per European Left Alliance). Questo soggetto, al momento, si contrappone al preesistente Partito della Sinistra Europea (SE), sorto nel 2004.

Dei promotori dell’ELA tre sono stati membri a pieno titolo dell’SE: l’Alleanza di Sinistra finlandese che aveva deciso nell’ultimo congresso di Vienna di ridimensionare la propria partecipazione ad osservatore, il Bloco de Esquerda portoghese e l’Enhedslisten danese. Tre partiti dalle diverse origini ideologiche nessuno dei quali risultava tra i membri fondatori della Sinistra Europea.

Il Bloco fece richiesta di essere invitato al congresso fondatore di Roma del 2004, dopo che i tentativi di coinvolgere il Partito Comunista Portoghese, in cui si era applicato soprattutto il Partito Comunista Francese, erano falliti. All’origine di questo partito vi erano diverse organizzazioni soprattutto dell’estrema sinistra che non avevano rappresentanza parlamentare. In particolare l’UDP che era sorto dalla corrente maoista poi trasformatasi in filoalbanese. Ad esso si erano uniti i trotskisti del PSR e gli eurocomunisti di sinistra di Politica XXI (poi in gran parte usciti). Nel tempo i nuovi aderenti che non avevano partecipato alle vecchie dispute ideologiche hanno di gran lunga superato i nuclei fondatori. Il partito ha anche attraversato diverse ridefinizioni della propria identità; da quella di forza socialista di sinistra a quella, più recente, di sinistra rosso-verde.

L’Enhedlisten o Alleanza Rosso-Verde ha origini simili, in quanto unì diverse formazioni della sinistra radicale e dell’estrema sinistra tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ‘90. La principale, per numero di militanti e influenza era il Partito Socialista di Sinistra, scissione della corrente del Partito Socialista Popolare (a sua volta nato alla fine degli anni ’50 da una separazione dal PC filosovietico) di coloro che erano contrari ad alleanze con la socialdemocrazia. Ad esso si unirono troskisti, comunisti e maoisti. Anche in questo caso l’evoluzione successiva ha portato all’afflusso di nuovi militanti non più direttamente riconducibili alle componenti iniziali. L’Alleanza di sinistra finlandese rappresenta la continuità formale con il Partito Comunista Finlandese, anche se ormai lontana dalle origini marxiste per abbracciare un profilo di ambientalismo di sinistra.

Tra i promotori dell’ELA anche formazioni recenti ma più note come La France Insoumise di Melenchon, Podemos, e il Partito di Sinistra svedese che ha un percorso simile a quello dei finlandesi, dall’eurocomunismo alla sinistra ecologista. Infine, unico partito non rappresentato nel Parlamento europeo, il polacco Razem, formazione di nuova sinistra ispirata a Podemos che alle elezioni si presenta insieme alla socialdemocrazia. Razem aveva contatti con il movimento Diem25 di Varoufakis ma ha formalmente rotto questa relazione in quanto ha ritenuto la posizione dell’ex ministro greco non sufficientemente filo-ucraina e anti-russa.

Questo rimanda alle ragioni politiche della rottura tra i partiti che hanno costituito ELA e la Sinistra Europea. Quanto pesa l’atteggiamento nei confronti della guerra e quanto altre motivazioni? Per questo occorre ritornare alle origini di questa aggregazione che nel tempo ha subito delle significative oscillazioni. In qualche caso nei rapporti complicati col Partito della Sinistra Europea hanno pesato le divisioni nazionali, in particolare tra Melenchon (prima col Parti de Gauche e poi con La France Insoumise) e il PCF ma anche tra Podemos, Izquierda Unida e il PCE.

Prima delle elezioni europee del 2019 si era formata una aggregazione elettorale che faceva riferimento al movimento per il piano B. A seguito della decisione del governo greco di Tsipras di sottoscrivere, sotto ricatto, un nuovo memorandum con la trojka, era scoppiata una durissima polemica tra Melenchon e Syriza, al punto che il francese chiese l’espulsione del partito greco dalla Sinistra Europea. Per cercare di superare il dilemma nel quale si era trovato il governo di sinistra di Atene, veniva lanciato in una serie di incontri tenuti in varie città d’Europa, la strategia detta appunto del piano B. Per ottenere un radicale cambiamento dell’Unione Europea era necessario mettere in campo la concreta ipotesi di una rottura con l’euro o con la stessa Unione. Quindi non l’obbiettivo immediato dell’uscita dall’UE, quanto la minaccia per costringere le forze conservatrici ad accettare il cambiamento richiesto.

In occasione delle elezioni europee del 2019 si formò un raggruppamento denominato “Adesso il popolo”. Nel documento iniziale (sottoscritto a Lisbona da Bloco, Podemos e France Insoumise) si trovavano gli echi evidenti delle teorie del populismo di sinistra. Successivamente vi aderirono i tre partiti nordici sopra richiamati, benché questi fossero mossi più dall’interesse per posizioni euroscettiche presenti nell’idea del piano B che non dall’approccio populista.

L’aggregazione non ebbe alcun seguito dopo le elezioni europee del 2019 ma è stata rianimata in occasione delle recenti elezioni di giugno. L’incontro tenuto a Copenaghen nel febbraio del 2024 aveva visto la partecipazione di altre forze politiche oltre alle sei promotrici e aveva portato ad una integrazione formale della Linke e della Sinistra Italiana. All’incontro non era presente nessun partito di orientamento comunista.

Nel corso della campagna elettorale per le europee di sono registrate le prese di posizione dell’Alleanza di Sinistra finlandese che a fronte delle critiche avanzate dal principale quotidiano conservatore del paese, l’Helsingin Sanomat, per la presenza sia nel gruppo europarlamentare che nel Partito della Sinistra Europea di posizione considerate, in genere a torto, come filorusse, dichiarava di voler rompere con chi sosteneva la linea della trattativa sulla guerra in Ucraina. La capolista dell’Alleanza, Li Andersson, sosteneva anche che la collaborazione tra i partiti a livello europeo si sarebbe dovuta limitare allo scambio di esperienze, senza dover produrre documenti politici troppo impegnativi.

Dopo le elezioni europee, il Bloco portoghese decideva l’uscita dalla Sinistra Europea con un documento nel quale rilevava che nella sinistra radicale erano emerse contraddizioni significative dopo l’invasione russa dell’Ucraina. “Alcuni partiti- scrivevano – non avevano condannato l’aggressione e altri avevano adottato posizioni ambigue e neutrali, anche se mascherate sotto la proclamata bandiera della pace”. Il Bloco dichiarava anche che non avrebbe collaborato nel gruppo parlamentare con chi si oppone alle immigrazioni, nega il cambiamento climatico o “simpatizza per Putin”. Venivano citati espressamente il movimento di Sahra Wagenknecht e i comunisti cechi. Questi ultimi hanno poi deciso di non aderire al gruppo di cui avevano sempre fatto parte. Il Bloco dichiarava anche di non riconoscersi più nel modo di funzionare del Partito della Sinistra Europea.

Alcune di queste critiche, rese pubbliche in modo più esplicito da Mikael Hertoft di Enhedslisten, riguardano l’eccessivo peso che avrebbero alcuni partiti come il PCF, Rifondazione comunista e soprattutto il PC Spagnolo. Quest’ultimo fin dalla fondazione dell’SE era rappresentato direttamente a fianco di Izquierda Unida, la coalizione di cui fa parte. Tutto ciò, secondo Hertoft, gli avrebbe dato un ruolo sproporzionato e gli avrebbe consentito di “dominare il lavoro internazionale del partito”.

Le caratteristiche del nuovo partito segnalano una serie di differenze strutturali con il Partito della Sinistra Europea. Non saranno più accettati partiti di paesi esterni all’Unione Europea, mentre nell’SE sono presenti bielorussi, turchi, svizzeri e britannici. I partiti accettati dovranno avere preferibilmente una rappresentanza al Parlamento europeo per evitare di attribuire un ruolo considerato eccessivo a formazioni che non hanno presenza istituzionale. Le decisioni non richiederanno più il consenso di tutti i partiti ma potranno essere prese a maggioranza. Infine, mentre la Sinistra Europea si basa sul riconoscimento della pluralità ideologica dei partecipanti (comunisti, socialisti, sinistra ambientalista, ecc.), la nuova Alleanza si restringe alla definizione di sinistra ambientalista e femminista.

Il Comitato direttivo di Enhedlisten ha votato l’adesione al nuovo partito europeo con 14 voti contro 10. Questa opposizione è venuta non tanto all’adesione in sé, quanto alla tempistica che non ha consentito di valutare con sufficiente attenzione caratteristiche e obiettivi dell’ELA. Le critiche riguardano il timore di una struttura troppo gestita dall’alto senza nessun coinvolgimento dei militanti dei partiti coinvolti. Il già citato Hertoft segnala criticamente che nel documento fondativo non viene usata la parola “socialismo” ma solo una vaga “alternativa al capitalismo”. Non si fa nessun riferimento ad una partecipazione dal basso, sembra quindi un progetto puramente parlamentare. Il testo è “pieno di belle parole” ma molto vago su tutti i temi sui quali vi può essere disaccordo. Non si parla del riarmo in corso. Su Ucraina e Gaza si afferma che l’UE deve agire coerentemente per una “pace basata sulla giustizia”. Le occupazioni devono finire con il ritiro delle truppe e consistenti sanzioni contro gli invasori devono essere introdotte. Anche se questo è già vero per la Russia, mentre ad Israele i paesi europei e l’UE, lungi dall’introdurre sanzioni, continuano a fornire armamenti.

Sicuramente è significativa la differenza tra la fondazione del Partito della Sinistra Europea, che cercava di interagire con i movimenti esistenti, e che venne caratterizzata da una serie di appuntamenti pubblici (prima a Berlino e poi a Roma) e da una lunga discussione preparatoria, con la creazione dell’ELA, consistita nel passaggio dal notaio e dalla consegna dei documenti richiesti dall’Unione Europea per il riconoscimento formale.

Rilevate queste caratteristiche, resta il problema di fondo, l’incapacità finora per la sinistra radicale di costruire, nella dimensione europea come in molte realtà nazionali, un unico strumento politico e di definire una strategia coerente su cui basare una proposta di alternativa. Questa divisione non avrà effetti diretti sul gruppo parlamentare europeo, grazie alla presenza di vincoli esterni sul numero dei parlamentari e stati rappresentati, ma certamente renderà ancora più difficile costruire posizioni unitarie che pesino nel confronto con gli altri schieramenti politici.

Per ora ci si può augurare che il Partito della Sinistra Europea possa continuare ad operare magari includendo nuove forze che finora sono rimaste alla finestra e ridefinendo le proprie modalità operative. Indubbiamente la crisi e il ridimensionamento dei partiti fondatori, in particolare della PDS (poi confluita nella Linke) e del PRC che avevano costituito l’asse centrale attorno al quale si era potuta costruire una più larga unità hanno pesato sulle difficoltà dell’SE. Questo rende più difficile provare a rimporre una unità più larga nella sinistra radicale europea.

Franco Ferrari

 

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1 Commento. Nuovo commento

  • Mauro Carlo Zanella
    05/09/2024 8:58

    Auspico una alleanza europea e possibilmente mondiale contro il genocidio del popolo palestinese, contro le guerre, senza tifoserie atlantiche o putiniane contro il riarmo, il capitalismo neoliberasta, le politiche migranticide, suprematiste e razziste, l’omofobia, il sessismo e il patriarcato.
    Non mi sembra di chiedere troppo, anzi mi pare un programma minimo.
    Affermare i diritti umani nella loro complessità e interdipendenza, sempre e ovunque: diritti sociali, civili e politici: questa dovrebbe essere la bussola di ogni alleanza internazionale di forze di sinistra.
    Chi decide di mettersi l’elmetto e di mandare i rispettivi popoli, o quelli altrui al macello, meritano soltanto di finire nell’immondizia della Storia.
    La sinistra bellavista è il maggiore ostacolo alla pace tra i popoli e rima o poi finisce ad essere variante populista di un nuovo fascismo o del vecchio suprematismo bianco e coloniale.

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