Chi ce lo fa fare a noi di transform a vederci due volte a settimana per mettere insieme un gruzzolo di articoli che escono settimanalmente ormai da qualche anno?
Il successo della diffusione dell’appello per la manifestazione di piazza Barberini, con decine di migliaia di visualizzazioni, certo ci fa piacere. Siamo stati utili. Ci fanno piacere i dati di una crescita di diffusione e ascolto. Ma più di tutto ci spinge l’ansia di affrontare seriamente questa dimensione della politica, l’Europa, che non ha trovato ancora livelli adeguati. Di cui ci sarebbe drammaticamente bisogno. Questi giorni c’è stato un susseguirsi di “struttura e sovrastruttura”, come direbbe Gramsci. La struttura è l’edificarsi della UE militarizzata che nasce dentro un quadro contraddittorio e con la bussola prevalente di affidare, ancora una volta, alla Germania il ruolo guida, come fu già per Maastricht e l’euro consegnato all’ordoliberalismo ed alla Deutsche Bank e al suo monetarismo. La Germania mostra di avere una borghesia capace di strambare. Affida addirittura al vecchio parlamento di liquidare in un amen il dogma del pareggio di bilancio. Per fare armi. E un po’ di infrastrutture, foglie di fico per l’adesione della SPD, mentre i grunen ci stanno perché ormai sono guerrieri occidentali. In tutto questo in Italia arriva la polemichetta sul voto della Linke sull’onda di una scomunica di Varoufakis. Si dice che la Linke dice addio alla pace e consente al piano di passare. Non è così perché la direzione del Partito si è espressa contro. Al Bundestag hanno votato contro. Al Bundesrat, la Camera dei Land dove ogni Land deve votare in modo uniforme affidandosi ai suoi delegati la Linke dei due Land dove è al governo ha messo agli atti la contrarietà ma non ha imposto l’astensione come forse avrebbe potuto e dovuto perché ci si può regolare così in caso di posizioni diverse nel governo del Land. Credo fosse ciò che voleva la direzione del Partito. Non avrebbe fatto mancare la maggioranza necessaria a cambiare la Costituzione. Comunque è nella Linke stessa che si discute senza bisogno degli anatemi. Il fatto è che il problema della lotta al riarmo è gigantesco. Perché è la carta scelta dai dominanti per reagire alla possibile battuta d’arresto della loro trentennale ricerca di un posto al sole iniziata dopo l’89. E per mantenere il rovesciamento della lotta di classe ottenuto con Maastricht ed affidato alla “pax borghese” in nome precisamente del rovesciamento ed affidata alla Germania. Al Consiglio Europeo si vede come la gestione funzionalista ed intergovernativa dell’Europa reale, mentre va avanti a proclami bellicisti affidati al PE e ai baltici con ruoli istituzionali, con la copertura della ineffabile Von Der Leyen che ci chiede di essere pronti alla guerra per il 2030, sia in realtà più prudente. Le cifre faraoniche per il riarmo riguardano in primis Germania e Polonia. I soldi per continuare ad armare l’Ucraina in piena trattativa si fa fatica a trovarli. Le coalizioni di volenterosi con gli scarponi sul terreno stanno più in testa a Macron e Starmer che nella realtà.
Ma il riarmo è la carta scelta e i dominanti se l’andranno a vendere tra i lavoratori per arruolarli. Qui c’è da fare la lotta, altro che le guerriglie interne a chi bene o male si batte contro. Per altro se è sacrosanta la lotta al riarmo, sul fatto che la borghesia, a partire da quella tedesca, si “liberi” in un amen del dogma del pareggio di bilancio forse qualcosa da dire, da sinistra e per tutt’altra prospettiva, dovremmo averlo. Anche considerando la crisi di una parte della globalizzazione. Bisognerebbe costruire una grande campagna per l’uscita da sinistra dal dogma idiota del pareggio di bilancio in Italia a lungo combattuto dal PCI e poi introdotto in Costituzione dal voto di quasi tutti.
Nel caos Italiano, caratterizzato da molto avanspettacolo, il punto è questo. La Cgil, i movimenti pacifisti riusciranno a fare una vera lotta contro il riarmo come hanno detto? L’Italia più che a comprare armi sembra interessata a venderle. A questo bisogna opporsi. Schlein si è detta contro il piano ReArm perché non è difesa comune. Ragionerà sul fatto che senza Costituzione che ripudia la guerra non si può affidare un esercito a Von Der Leyen? Riuscirà a rileggersi Berlinguer che spiegava come una Europa armata era pura velleità che sarebbe finita in mano alle destre? Ripenserà a Helsinki e all’idea di sicurezza comune per una Europa dall’Atlantico agli Urali? Ma non è paradossale che la vecchia Comunità europea riusciva a fare la Conferenza di Helsinki in piena guerra fredda, a parlare di ostpolitik, a ricevere l’interesse della Turchia ad integrarsi, mentre la famigerata UE praticamente ha rotto con tutti, dalla Russia, alla Cina, agli USA, ai Paesi Terzi che ancora ricordano il colonialismo?
Certo si può fare avanspettacolo, in piazza e in tv, per autocelebrare il suprematismo europeo. Ma non credo funzioni molto. Il percorso che da Ventotene arriva alla UE, alla austerità, al riarmo va bene per gli europeisti reali assai più che per la realtà politica e storica. Lo interpreta bene Prodi che è il perfetto esecutore emblema della negazione della funzione della politica. Almeno Schlein mette un freno ai due tempi anche se senza Costituzione non si dà difesa comune, e per la sicurezza bisogna leggere Berlinguer. Purtroppo intellettuali e movimenti disorganici finiscono sovente ad accodarsi al pensiero dominante. Senza Berlinguer, Spinelli andava appresso a euromissili e Sme. Purtroppo Berlinguer non c’è più. Ma l’esigenza di una politica in grande, e attrezzata per questo, è quanto mai presente. Ecco, transform vorrebbe dare una mano a questo.
Roberto Musacchio
1 Commento. Nuovo commento
Mi dispiace, ma il caos che l’articolo paventa – alla fine della lettura – permane nella mia testa. Chiedo gentilmente all’autore (che apprezzo e stimo) di chiarire i nodi esposti, appena accennati: dalla Linke a Varoufakis, dalla Cgil al PD prodiano. Magari, approfondendo le questioni con un dialogo a più voci veicolato su youtube, sullo stile degli efficaci seminari promossi qualche mese fa da rifondazione. Insomma: a chi vogliamo e possiamo “dare una mano”?
In mezzo a cotanta confusione, assisto contraddetto e spiazzato alla proliferazione di “simpatie” putiniane e addirittura trumpiane tra soggetti che dovrebbero essere dalla nostra parte contro le guerre. Per non citare le laceranti diatribe sulle profonde divergenze tra Hamas e ANP che indeboliscono il già disastrato campo palestinese… Come argomentare una contronarrazione pacifista veramente anti-nazionalista e anti-imperialista ed evitare che sia contaminata e stravolta da un’ingenua e velleitaria tifoseria campista, esattamente funzionale alla logica bellicista dominante?