Riportiamo la lettera integrale di Thiago Avila, attivista brasiliano della Global Sumud Flotilla, dal carcere di Ktzi’ot dal deserto del Negev, dove si trova ancora oggi, con la traduzione di Lavinia Marchetti –
Oggi è lunedì 6 ottobre 2025 e ora siamo nel carcere di Ktzi’ot in mezzo al deserto del Negev, nella Palestina occupata. Siamo qui da 5 giorni da quando la Marina israeliana ha intercettato la nostra missione umanitaria di solidarietà non violenta che mirava a rompere l’assedio illegale di Gaza e a creare un corridoio umanitario che potesse porre fine alla carestia e fare pressione per fermare il genocidio.
Da quando siamo stati intercettati illegalmente in acque internazionali abbiamo subito molte violazioni. Molti di noi sono stati aggrediti fisicamente, minacciati dai cani, privati del sonno, presi di mira da laser e fucili, sottoposti a maltrattamenti psicologici di ogni genere, lasciati per ore in posizioni strazianti, caricati su autobus trasformati in carceri, caldissimi e soffocanti, tenuti sotto minacce tutto il tempo.
Siccome sanno che sono l’organizzatore della missione, non solo hanno fatto tutto questo, ma sono anche stato sottoposto a molte lunghe ore di interrogatorio con gli agenti dell’intelligence e anche con lo stesso IDF. Hanno ripetutamente minacciato la mia bambina, mi hanno sputato in faccia e mi hanno portato con i soldati a fare una “passeggiata” nel deserto mentre minacciavano di uccidermi. Denuncio tutto questo non per lamentarmi, ma perché il mondo sappia che, se lo fanno agli operatori umanitari, immaginate cosa fanno ai palestinesi. Ora ci sono oltre 10.000 palestinesi nelle segrete israeliane, 400 dei quali sono bambini.
I partecipanti alla nostra iniziativa sono stati estremamente coraggiosi fin dall’inizio e fino al momento in cui sono stati trasferiti per essere espulsi. Non abbiamo mai smesso di dire “Palestina libera” e le vessazioni non ci hanno mai abbassato il morale. Quando hanno rifiutato i farmacu ai nostri partecipanti diabetici, ci siamo ribellati e abbiamo creato così tanto caos che hanno dovuto cedere.
Mi hanno spostato di cella più di dieci volte e ogni volta puniscono i miei compagni di cella con regole più rigide. Più della metà dei nostri partecipanti qui sta facendo lo sciopero della fame; io, Frank e Vincent abbiamo fatto anche lo sciopero della sete finché loro non sono tornati a casa. Ho dovuto interrompere quello della sete perché svenivo continuamente, crollavo, così ho scelto di tornare a bere acqua per poter continuare a organizzare la nostra resistenza qui in prigione.
Ciò che riempie il cuore di tutti noi, e che rappresenta il momento più luminoso della giornata, è pensare alla sollevazione globale, a tutta la mobilitazione che sappiamo state portando avanti fuori, per la Palestina.
VI SUPPLICO DI INSORGERE. Insorgete ora, ma non per noi. Fatelo in solidarietà con un popolo che da otto decenni subisce genocidio e pulizia etnica, intrappolato in una struttura di apartheid coloniale governata non da una religione, ma da un’ideologia razzista e suprematista chiamata sionismo. Così come altre generazioni hanno sconfitto l’apartheid in Sudafrica, il nazismo, il fascismo e altre ideologie dell’odio, il dovere storico della nostra generazione è fermare il sionismo e l’imperialismo. Finché non ci riusciremo, non potremo riposare.
Siamo capaci di farlo. Possiamo vivere in un mondo in cui ogni popolo abbia garantiti i diritti fondamentali di vivere in pace, con pari dignità e con la massima dose di felicità possibile. È l’onore più grande della mia vita camminare con voi in questa lunga marcia verso un mondo libero dallo sfruttamento, da ogni forma di oppressione e dalla distruzione della Natura: una società del benessere per tutte le creature viventi.
Siamo insieme. Un grande abbraccio, e trasformiamo questo mondo.