intersezioni femministe

Le violenze, la guerra, la paura non fermeranno la lotta delle donne

di Paola
Guazzo

Questa settimana in Intersezioni femministe pubblichiamo l’intervento che Paola Guazzo ha preparato per la “Scuola femminista” del Partito della Sinistra Europea che si è tenuto il 31 gennaio e l’1 e il 2 febbraio 2025 a Córdoba, presso la Facoltà di Lettere e filosofia.
Uno scritto che si conclude con un anelito di speranza che auspica resistenza e lotta : “Ecco, io penso che una rete di resistenza femminista ai neofascismi e neofondamentalismi, base ideologica patriarcale dei conflitti, potrebbe essere utile da avviare anche a partire dal nostro incontro. Non partiamo sconfitte in partenza. Possiamo ancora vincerla, la nostra guerra”.
Ci sembra un auspicio quanto mai opportuno.

Nicoletta Pirotta


Desidero focalizzare subito un punto che credo sia legato alla vita di noi tutte: la violenza riguarda tutte, la guerra contro i nostri corpi e le nostre vite ci riguarda tutte fin dalla nascita.
Il motto delle donne iraniane, donna vita libertà, riguarda anche le donne di Italia, Spagna ed Europa, tutte noi che ci siamo incontrate qui, è la parola ribelle di chi ha vissuto e vive quotidianamente la paura. La paura fa parte di noi, è un’essenza storica del femminile, ben più di accoglienza, cura e di tutte le caratteristiche che ci attribuiamo o che ci sono automaticamente attribuite dal discorso patriarcale. Al patriarcato fa molto comodo definirci come persone non reattive, sempre disponibili al sacrificio di sé. La guerra è contro di noi da quando nasciamo a quando usciamo per strada. Lo è anche la paura, ma per nostro merito femminista lo sono anche reazione ed organizzazione delle donne.
In questo momento storico le guerre si stanno moltiplicando nel mondo: riguardano certo in primis le donne e i soggetti etnicizzati ma distruggono progressivamente ogni vita. Pensiamo non solo alle guerre “classiche” ma anche alla guerra all’ambiente. In uno scenario bellicista quasi totale si incontrano il patriarcato liberista che si esprime in forme di democrazia sempre più in crisi e le insorgenze di vecchie e nuove oligarchie tiranniche. Quello che collega i fronti opposti di guerra, i nemici nazionali che di volta in volta si scontrano per il dominio geopolitico, è la guerra contro la nostra libertà e autodeterminazione. Vogliono confinarci al ruolo di mogli e madri di nazioni inique ed aggressive. Il quadro non è diverso in nazioni come l’Italia, dove governa una donna che utilizza la sua apparente adesione ai codici più conservatori per portare avanti politiche che minacciano le scelte delle donne. Lo stesso avviene in altri paesi come la Germania, dove ottengono consensi donne come Alice Weidel e Sahra Wagenknecht.
Si prospetta una sconfitta delle donne come in Handmaid’s Tale di Margaret Atwood? Non a caso il mondo rurale e violento di quel romanzo nasce da uno scenario postbellico. Come antidoto a questo momento di paura voglio ricordare che esiste una storia di donne contro le guerre, ormai secolare, che può diventare un nostro punto di riferimento nel presente.

Per quanto riguarda l’8 marzo nel mio paese voglio ricordare che da anni il movimento italiano Non Una di Meno svolge uno sciopero femminista per rivendicare una piattaforma di liberazione dallo sfruttamento, non solo domestico, e dalla violenza. Quest’anno la manifestazione è stata particolarmente focalizzata contro la guerra a Gaza. Queste sono alcune parole di Non una di Meno:
“Scioperare contro il patriarcato significa reclamare l’immediato cessate il fuoco su Gaza per fermare il genocidio, la fine dell’apartheid e dell’occupazione coloniale in Palestina.
Rifiutiamo il pinkwashing sostenuto da Israele, che promuove la partecipazione di donne e persone queer all’esercito come orizzonte ultimo dell’emancipazione, perché sappiamo che l’unico modo per promuovere una lotta transfemminista di liberazione collettiva è opporsi al progetto coloniale e genocida dell’oppressore sionista.
La nostra solidarietà si rafforza attraverso i legami transnazionali che ci permettono di creare un fronte che travalica i confini: ci schieriamo al fianco dell3 palestinesi che resistono e lottano per la propria esistenza e per la propria autodeterminazione, con chi diserta lo stato di Israele, con chi in tutto il mondo, dall’Africa, all’Occidente, al Medio Oriente all’America Latina, fa della liberazione della Palestina la propria lotta.
Insieme siamo più forti, non è solo uno slogan. Vogliamo interrompere il lavoro nelle nostre case, nelle fabbriche, negli ospedali, nei magazzini, nell’università e nelle scuole, negli uffici e nelle mense, senza distinzioni di categoria. Vogliamo estendere lo sciopero oltre i confini del lavoro salariato, costruendo pratiche collettive di astensione dal lavoro per le tante forme di lavoro precario, autonomo, nero, informale, non riconosciuto. Vogliamo boicottare le infrastrutture civili che promuovono il genocidio in Palestina e l’invio di armi.
Quanto valgono le nostre vite? Quanto valgono le vite di tutte quelle soggettività che non rientrano nel progetto ‘Dio, Patria e Famiglia’ di questo Governo? Quanto vale il nostro tempo e il lavoro che in quel tempo siamo in grado di svolgere? Poco. Quasi niente per coloro che ci sfruttano e ci opprimono. Tantissimo per noi che vogliamo tornare a urlare: se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo!”.

Nella conclusione si parla di una situazione che per ora riguarda in Europa solo alcune nazioni, tra cui purtroppo quella da dove vengo io, ma che potrebbe espandersi. Il perverso annodamento tra capitalismo e fascismo va spezzato, e sono certa che le donne saranno al centro della lotta. Ecco, io penso che una rete di resistenza femminista ai neofascismi e neofondamentalismi, base ideologica patriarcale dei conflitti, potrebbe essere utile da avviare anche a partire dal nostro incontro. Non partiamo sconfitte in partenza. Possiamo ancora vincerla, la nostra guerra.

Paola Guazzo

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