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Intervento all’incontro Stop Rearm Europe – Europa potenza o sicurezza comune?

di Pasqualina
Napoletano

Quello che differenzia l’attuale dibattito dallo spirito che 50 anni fa ispirò il processo che portò agli accordi di Helsinki, sta proprio nell’aggettivo “comune” accanto a sicurezza.

Questo perché, tutte le decisioni di riarmo in corso in UE che arrivano ad utilizzare strumenti finanziari e programmi europei pensati a tutt’altro scopo, fino a toccare ambiti quali l’istruzione, la cultura e la ricerca, vengono prese in nome di una interpretazione della sicurezza come sinonimo di riarmo, interpretazione superata dalle stesse Nazioni Unite.

Per andare indietro nel tempo, dopo la caduta del muro di Berlino, al posto di proseguire nello spirito di Helsinky, si imboccò la via della espansione della NATO fino a farne strumento di pressione rispetto alla stessa UE, infatti, tutti i Paesi dell’est, entrarono prima nella NATO e, solo dopo anni, nell’ Unione.

Tutto ciò. Sempre in nome della sicurezza, fino al 2008, vertice di Bucarest, in cui, unilateralmente, la Nato comunicò alla Federazione Russa l’intenzione di accogliere anche l’Ucraina e la Georgia.

Ascoltare oggi la disponibilità eventuale dell’Ucraina a rinunciare all’ingresso nella Nato , ci fa capire come affidare la sicurezza esclusivamente alla forza sia stato illusorio e che la sicurezza può essere efficace solo se rassicura tutte le parti in causa anche perché, a parte la realtà, il concetto di sicurezza si nutre di retaggi storici e culturali che spesso si perdono nella notte dei tempi ma sopravvivono nella cultura e nella memoria dei popoli.

In questo contesto appare, poi, grottesco il fatto che l’UE non partecipi direttamente ad alcuna trattativa e che si sia messa nella condizione di dover utilizzare la “triangolazione” garantita dall’amministratore Trump, per sondare gli orientamenti di Mosca e che, nello svolgimento di questo esercizio tenti senza riuscirci e ,con tempistica sospetta, di far ricorso all’utilizzo dei profitti straordinari generati dagli “assets” russi immobilizzati, per rifinanziare  l’Ucraina, compreso il suo riarmo e non già la ricostruzione come dichiarato.

Quanto alla questione territoriale, ho trovato calzante ed efficace la ricostruzione che Raffaella Bolini ha fatto, in un bellissimo post, della questione “altoatesina” la quale, in barba a due guerre mondiali, ha trovato soluzione con un negoziato lungimirante che ha tenuto in conto gli interessi di tutte le parti, a partire dal riconoscere i diritti delle minoranze etno-linguistiche.

E’ proprio questa la pista che ci ha portato come CRS, con altre fondazioni, ad organizzare un seminario di approfondimento in occasione del cinquantesimo anniversario del trattato di Helsinki, lavoro che vorremmo continuare all’interno del più grande movimento animato da “Stop Rearm”.

Il rischio è, infatti, quello che paventa Michele Prospero in un recente articolo e cioè che: nell’attuale situazione in cui la maggioranza degli europei vuole la pace, tale desiderio non trova uno sbocco politico e vi è il rischio che la sinistra impazzita con il sabotaggio della “pace ingiusta”, lasci alla destra autoritaria la bandiera del negoziato.

A quel punto, non basterà sventolare il drappo con le 12 stelle per fare dell’Europa un soggetto autorevole e utile in una fase di ridefinizione degli equilibri mondiali.

Infine, a questo proposito, non si tratta di difendere l’UE quale è oggi, o suggerire cambiamenti che non spostano di una virgola la filosofia funzionalista e l’assetto intergovernativo che ne minano la credibilità quali: il voto a maggioranza del Consiglio o quella che il Presidente Draghi , con un eufemismo definisce “federalismo Pragmatico”, ulteriore maschera del “funzionalismo”.

Questa ricerca che, spero sia parte del nostro lavoro futuro, può avvalersi di un patrimonio immenso anche più attuale di quello che determinò il federalismo del dopo-guerra, mi riferisco, ad esempio, alla esperienza ricca e tragica di Alex Langer quando ci parla di un “Federalismo democratico autonomistico pan-europeo basato sulla politica e la cultura della convivenza”.

Pasqualina Napoletano

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Qualche domanda alla UE (e anche ai nostri politici dell’opposizione)

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