La cosa più coinvolgente da vicino di questi giorni per me è stato il presidio per Gaza di domenica indetto nel mio quartiere davanti a quello che fu uno dei cinema della mia gioventù, il Maestoso. Come tanti altri è chiuso da tempo, come i negozi che gli facevano da corona, anch’essi chiusi. In compenso ha aperto un centro commerciale. Lo slargo del cinema è a due passi dall’Alberone, la grande quercia che dà nome alla piazza e al quartiere, secolare, morta e ripantata. È la via Appia Nuova e dirimpetto, attraversata la strada, ci sono le case popolari e quelle che furono le sedi del comitato di quartiere, ora chiuso, e del PCI, ora PD. Più avanti c’era il Psi con una bella falce e martello sul muro. In mezzo ci correva lo storico tranvetto che andava dal fuori Roma alla stazione Termini, eliminato dopo l’avvento della Metropolitana e sostituito da più strada e un parcheggio centrale. Davanti al comitato di quartiere per alcuni anni ci si vedeva la mattina per entrare a scuola insieme. Erano gli anni dal 1970 al 1975 e la situazione era “calda” con la presenza di fronte al liceo Augusto, il più antico liceo classico di periferia, di una sezione missina,e di altre due nel quartiere. Nei pomeriggi al comitato di quartiere ci si riuniva. Talvolta anche in sede del PCI. A scuola i “gruppi” e il PCI si equivalevano. Le “cronache” degli anni le si può ritrovare anche sui giornali dell’epoca, in particolare su Paese Sera che uscendo con tre edizioni giornaliere a volte si occupava di cose che accadevano. Ma dietro questa tensione a volte veramente alta c’era una vita molto intensa, una generazione che prendeva parola su tutto, del Mondo, dell’Italia, della scuola e della propria vita. Il primo corteo lo feci con lo sciopero dei metalmeccanici del 1969. Stavo alle medie, allora si chiamavano Petrocchi e quelli del liceo che erano confinanti ci vennero a prendere. Anche le elementari stavano nello stesso grande plesso. Tutto calcolato credo quasi duemila ragazze e ragazzi dai 6 ai 19 anni. Al Liceo si arrivava alla sezione M e le classi erano di oltre 30 componenti. Il collettivo l’ho fatto da subito. Comunista mi sono definito dal colpo di stato in Cile. Tra Vietnam (rosso, gridavamo noi, libero, quelli del Pci) e Cile il Mondo era di casa. Io scelsi come partito il Manifesto. Poi di andare via di casa finito il liceo. E, tra una supplenza in una scuola e un funzionariato a metà tempo nel Pdup presi la seconda strada. Sono tornato all’Augusto a fare qualcosa come Parlamentare europeo. Ma domenica sono stato molto contento di trovare ragazze e ragazzi di quel liceo e di sentire il racconto di un bel collettivo, preparato e fortemente autonomo. Insieme a loro un gruppo nutrito di altre scuole del settimo municipio, come ci chiamiamo dopo che sono stati messi insieme l’Appio e Cinecittà. E I circoli dell’ANPI ora animati anche da compagne e compagni di allora e che fanno un sacco di cose che mi arrivano con le chat a cui sono iscritto. E poi quelli sparsi, alcuni anche loro di allora. Diciamo Pd, Prc e quant’altro. Più di un centinaio, con voci e striscioni contro il genocidio. Qualcuno parla di generazione Gaza. Il mio amico Bertinotti dice che non li abbiamo visti arrivare. Non so e la penso un po’ diversamente. Di cicli giovanili ne ho visti tanti, il ‘77, la Pantera, l’Onda e altri. Ho visto anche le Sardine. Mi sono fatto l’idea che il ‘68 fu quello lungo, che col ‘69 operaio produsse un grande cambiamento. Ora penso che non riuscì però ad essere Costituente come furono le grandi Rivoluzioni e la vittoria contro il Nazifascismo. Mi sento parte di una generazione che non ha fatto una Costituzione europea e Mondiale che fosse all’altezza di quelle conquistate da quelli prima. E neanche soggetti politici del livello necessario. Anzi, abbiamo subito l’aggressione alla democrazia formale e sostanziale ed alle sue organizzazioni. Ma non siamo macerie, come qualcuno, che veniva anche dalle nostre fila, ci ha definiti. Magari per invitarci a seguire le vie della americanizzazione. Vorrei che oggi chi ha fatto questo fosse capace di riflettere sui danni fatti, di fronte alla fascistizzazione degli USA e alle conseguenze che porta alla nostra Europa, fattasi UE nei modi peggiori che Enrico Berlinguer temeva, nel 1984, portassero al ritorno dei fascismi. E alla guerra. E al warfare al posto del Welfare. Discutevamo, ai miei tempi, dell’amnistia di Togliatti e dei colonnelli greci. Del Vietnam che vinceva e del Cile che soccombeva di fronte a chi non aveva la ragione ma la forza. Col tempo, scherzando, ma non troppo, dico che sono diventato togliattiano. Voglio dire che penso che vivere sia riuscire a fare Storia. E a non esserne uccisi. Sono della generazione del Vietnam o del Cile? Non lo so. Sono diventato comunista e lo sono rimasto. Se i giovani della generazione Gaza arrivano voglio poter dire che li stavo aspettando. E li aspettavano le tante e I tanti che quando ritrovano la cassetta degli attrezzi la sanno ancora usare. Ecco, il dispiacere è che troppo spesso questo saper essere viene sprecato perché lasciato in panchina. Le sezioni dell’ANPI del mio quartiere fanno mobilitazione permanente come i giovani di Gaza. Lo vedo tutti i giorni. In questa settimana sono passato dalla grandissima marea del 22, agli appuntamenti del Coraggio della Pace, di Stoprearm, per una Helsinki 2. Ma la piazza dell’Alberone mi commuove molto.
Roberto Musacchio