Pubblichiamo oggi la testimonianza che ci ha donato Alessandra Mecozzi rientrata da poco dalla Valle del Giordano. In allegato un suo scritto sull’Europa.
Alessandra Mecozzi, profonda conoscitrice della Palestina e del suo popolo, è impegnata da sempre nel sostegno attivo al popolo palestinese, è presidente di “Cultura è Libertà. Una campagna per la Palestina”, un’associazione che “si impegna a promuovere e a diffondere la cultura palestinese nelle sue diverse espressioni creative, così da rafforzare i legami con questa terra e creare nuove occasioni di conoscenza e approfondimento in Italia e in Europa”.
Ci è parso importante continuare a parlare della Palestina perché quel che sta accadendo a Gaza, un genocidio senza fine, come anche in Cisgiordania, è qualcosa di disumano.
Venerdì scorso, grazie all’appello “Ultimo giorno per Gaza” sottoscritto fra gli altri da Paola Caridi e Tomaso Montanari, centinaia di persone sono scesi in piazza per fare rumore, di fronte al silenzio assordante di gran parte della politica e della stampa, e gridare forte “Palestina libera”.
Venerdì scorso, grazie all’appello “Ultimo giorno per Gaza” sottoscritto fra gli altri da Paola Caridi e Tomaso Montanari, centinaia di persone sono scesi in piazza per fare rumore, di fronte al silenzio assordante di gran parte della politica e della stampa, e gridare forte “Palestina libera”.
La ferocia del governo israeliano a Gaza è ormai evidente a tutt3 che nonostante il colpevole silenzio delle potenze occidentali.
Proprio a proposito di Occidente, Sergio Labate opportunamente scrive “Non so se Gaza sia la fine dell’Occidente o la sua parresia, la rivelazione della sua verità. Io non lo so e forse non mi interessa davvero saperlo. La vera domanda è: può esistere da ora in poi una “parola occidentale”? Nel genocidio degli innocenti, non ci siamo definitivamente condannati al mutismo? L’Occidente senza il limite della sua parola rimane pura forza, potenza distruttrice e incapace di significare. Dopo Gaza, non resta che la lingua mozzata dell’Occidente. E anche noi qui, a masticare parole con la lingua mozzata.”
Ma se a Gaza il genocidio continua, giorno dopo giorno, in Cisgiordania, nella Valle del Giordano, come testimonia Alessandra Mecozzi nel suo scritto, la vita del popolo palestinese resta precaria, difficile, rischiosa. In questo caso la violenza viene agita dai coloni fatti insediare in quelle terre proprio con questo intento: cancellare un popolo.
Proprio a proposito di Occidente, Sergio Labate opportunamente scrive “Non so se Gaza sia la fine dell’Occidente o la sua parresia, la rivelazione della sua verità. Io non lo so e forse non mi interessa davvero saperlo. La vera domanda è: può esistere da ora in poi una “parola occidentale”? Nel genocidio degli innocenti, non ci siamo definitivamente condannati al mutismo? L’Occidente senza il limite della sua parola rimane pura forza, potenza distruttrice e incapace di significare. Dopo Gaza, non resta che la lingua mozzata dell’Occidente. E anche noi qui, a masticare parole con la lingua mozzata.”
Ma se a Gaza il genocidio continua, giorno dopo giorno, in Cisgiordania, nella Valle del Giordano, come testimonia Alessandra Mecozzi nel suo scritto, la vita del popolo palestinese resta precaria, difficile, rischiosa. In questo caso la violenza viene agita dai coloni fatti insediare in quelle terre proprio con questo intento: cancellare un popolo.
Per questo la Palestina per Esistere non può che Resistere.
Dopo settant’anni di occupazione e di violenza cieca israeliana, il popolo palestinese “ha lottato e lotta per affermare la sua esistenza e per strappare i suoi diritti affrontando qualsiasi difficoltà ed ostacolo, forte della sua ragione e della sua causa giusta. Il popolo palestinese ha lottato e lotta per affermare la sua esistenza che i sionisti volevano e vogliano cancellare”, come scrisse Oraney Ali Moh’d Thaher su “Left”.
Continuiamo a parlare di Palestina, dimostrando fattivamente la solidarietà al suo indomito popolo, come Alessandra ci indica.
Paola Guazzo e Nicoletta Pirotta
“Testimonianza dalla Valle del Giordano, dove ESISTERE È RESISTERE.
Torno da una esperienza speciale in Palestina, che frequento da decine di anni.
Partecipavo alla campagna Faz3a, a cui la nostra associazione ha dato l’adesione. Lanciata da una rete di attivisti palestinesi e gemella della Jordan Valley Solidarity (https:// jordanvalleysolidarity.org/it/ ) per la protezione internazionale della popolazione civile palestinese nella Valle del Giordano. Ero a Bardala con altre attiviste italiane e un folto gruppo di attiviste/i dell’International Solidarity Movement.
Ci alternavamo a due a due nei turni di notte vicino alle famiglie che richiedono protezione, con il compito di testimoniare, documentare, filmare gli eventuali avvicinamenti dei coloni. Altri/e accompagnavano al pascolo i pastori.
La Valle del Giordano è una bellissima terra, ricca di risorse naturali, anche per questo molto ambita da Israele, che vi ha fatto insediare migliaia di coloni, che cercano di cacciare i palestinesi che la abitano, rendendo loro la vita impossibile, con minacce aggressioni furti di bestiame e molestie di ogni tipo.
L’esercito, protettore e sostenitore delle violenze dei coloni, ha anche installato parecchie basi militari, in prossimità delle terre nel mirino.
Qui dicono che c’è n’è una per famiglia!
Un giorno, in un giro di controllo diurno di un campo seminato, con il palestinese Alaa, proprietario della terra, abbiamo constatato che i coloni avevano tagliato in 6 punti i tubi dell’acqua per irrigazione. Non dimentico la sua rabbia e disperazione, continuava a ripetere: quanto lavoro ho fatto, quanto lavoro ho perso! Quei coloni il giorno dopo sono tornati scortati da militari che hanno sparato ferendo un ragazzo palestinese, mentre i coloni davano alle fiamme una casa.
La popolazione della Valle è in maggioranza di origine beduina. le loro case sono tende. Gli abitanti sono agricoltori e pastori.
Si vedono campi irrigati, e grandi serre. Certo in numero minore di quelle israeliane che dispongono di molta acqua, rubata, come la terra, ai palestinesi che devono quindi superare molte difficoltà nella coltivazione.
La notte vediamo di fronte a noi le luci della Giordania.
Al mattino c’è una luce bellissima, un grande silenzio, una grande calma. Sembra quasi impossibile che dietro quelle colline alberghi tanta violenza e crudeltà.
Prima dell’occupazione israeliana del 1967 la valle del Giordano era abitata da oltre 300.000 pastori e agricoltori con famiglie numerose. Oggi ne sono rimasti poco più di 54.000, tutti resistenti contro la politica di pulizia etnica, del colonialismo di insediamento di Israele, un genocidio strisciante.
Incontriamo persone molto accoglienti, che non ci hanno mai fatto mancare il caffè per la notte e la colazione al mattino.
E’ davvero appropriato il motto della Jordan Valley Solidarity: ESISTERE è RESISTERE.
Pensate che un giorno è arrivato un ordine di demolizione della casa al capo della comunità Abu Sakr a cui negli anni precedenti la casa era stata demolita 30 volte! E ogni volta lui l’ha ricostruita. Durante una demolizione è nata sua figlia. L’ha chiamata SUMUD, in arabo PERSEVERANZA, una parola chiave del linguaggio e della vita palestinese.
In quelle notti fredde di sorveglianza notturna, di ansia, sobbalzando all’abbaiare dei cani, mi chiedevo se è ancora possibile raccontare storie belle da questa terra sofferente e resistente.
A voi che come me amate la Palestina, che come me provate vergogna per l’assenza complice delle istituzioni italiane ed europee, persino di fronte al genocidio di Gaza,, consegno questa storia, e vi invito a unirvi a questa forma di solidarietà sul campo.” (Alessandra Mecozzi)